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Giurisprudenza

Non tassabile l'immobile che va in "fumo"

Il contratto di locazione è venuto meno a seguito del sopravvenuto perimento del bene

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Nell'ambito del contratto di locazione, la sopravvenuta impossibilità della prestazione, a seguito della distruzione dell'immobile locato, fa venire meno il diritto del locatore alla percezione del canone. Di conseguenza, per il proprietario non costituisce reddito tassabile il canone di locazione ricevuto anticipatamente e poi trattenuto, ad altro titolo (nello specifico quale acconto del risarcimento del danno per omessa custodia del bene andato distrutto).
Così si sono pronunciati i giudici di piazza Cavour nella sentenza n. 1980 depositata lo scorso 30 gennaio 2006 nella quale hanno esaminato l'aspetto tributario del tragico rogo del teatro Petruzzelli di Bari.

Per la cronaca, si ricorda che, nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 1991, il teatro Petruzzelli di Bari, considerato il simbolo più prestigioso della città, fu devastato da un violento incendio doloso che risparmiò soltanto i muri portanti e la bella facciata.
Fatta questa doverosa premessa, ritorniamo a occuparci della sentenza in commento.
L'ufficio finanziario emette, nei confronti della proprietà del teatro, avviso di accertamento in rettifica dei redditi di fabbricati dichiarati.
La contribuente, in primo grado, eccepisce l'illegittimità dell'atto impositivo, asserendo che nella fattispecie mancano i presupposti per la tassazione in quanto, a seguito dell'avvenuta distruzione dell'immobile locato, è venuta meno l'obbligazione contrattuale per il pagamento del canone convenuto.

I giudici di prime cure rigettano il ricorso, ma non i giudici di appello che, accogliendo le doglianze della contribuente, intimano all'Amministrazione finanziaria di restituire la somma indebitamente iscritta a ruolo.
Per i giudici di secondo grado, infatti, il teatro era andato distrutto dall'incendio, per cui l'immobile era divenuto improduttivo di reddito, a nulla rilevando, inoltre, la circostanza che l'affitto (relativo all'anno 1992) fosse stato corrisposto anticipatamente dal conduttore, né che a questi fosse stato o meno restituito il canone dal locatore.
L'Amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione fondato sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 6 e 22 del Tuir, in quanto, presupposto per l'imposizione tributaria, è il possesso del reddito e perciò l'acquisizione di somme imponibili da parte del contribuente, a prescindere da possibili considerazioni inerenti alla sussistenza o meno di una valida causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale.
Ma la Corte suprema non è dello stesso avviso e rigetta il ricorso sulla base di argomentazioni giuridiche che possono essere sostanzialmente condivise.
Per i magistrati di piazza Cavour, nella fattispecie in esame, "...è venuto a mancare il presupposto impositivo con il venir meno dell'obbligo di corrispondere il canone per la sopravvenuta impossibilità totale della prestazione ex art. 1463 del codice civile in conseguenza della distruzione della cosa locata".

L'articolo 1463 del codice civile disciplina, per quanto attiene ai contratti a prestazioni corrispettive (o sinallagmatici), l'ipotesi dell'impossibilità sopravvenuta di adempiere all'obbligazione contrattuale stabilendo che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione non può chiedere la controprestazione, anzi deve restituire quella che abbia già ricevuto, secondo le regole della ripetizione dell'indebito.
Quindi il vizio sopravvenuto del sinallagma determina la rescissione o risoluzione del contratto.

Nella fattispecie all'esame della Corte di legittimità, il contratto di locazione (che rientra tra i contratti sinallagmatici per cui la prestazione di una parte è in funzione dell'altra e il vizio o difetto che colpisce l'una incide necessariamente sull'altra) avente a oggetto il teatro è venuto meno a seguito del sopravvenuto perimento della cosa locata (il teatro stesso); la parte locatrice, quindi, deve restituire alla parte conduttrice la somma ricevuta (anticipatamente) a titolo di canone di locazione.
La circostanza, prosegue la Corte, che la somma non sia stata "materialmente" restituita al conduttore, in quanto trattenuta dal locatore a titolo di acconto del risarcimento del danno per omessa custodia del bene, non rileva ai fini fiscali.
Infatti, nella vicenda de qua, la somma è stata trattenuta dal locatore non in virtù del contratto di locazione (atto fiscalmente rilevante), ma ad altro titolo e, precisamente, in base al disposto dell'articolo 2051 del codice civile (secondo cui "Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito"), che disciplina una fattispecie non rilevante in ambito tributario.

Sempre in materia di redditi di fabbricati e contratti di locazione, appare opportuno segnalare un'altra decisione della Cassazione e, precisamente, la n. 6911 depositata il 7 maggio 2003.
In quella occasione, i magistrati di legittimità hanno avuto modo di precisare che, se il reddito imponibile degli immobili locati è quello risultante dal contratto di locazione, è comunque consentito al contribuente fornire la prova che i canoni non sono stati in concreto percepiti e quindi non sono soggetti a tassazione.
Questa interpretazione, che si inserisce in un filone giurisprudenziale oramai consolidato (cfr., ex multis Cass, SS.UU., n. 17394 del 6 dicembre 2002 e n. 15063 del 25 ottobre 2002), trova solido fondamento nell'articolo 53 della Costituzione, secondo cui il carico fiscale deve essere ragguagliato alla reale "capacità contributiva", cioè alla effettiva ricchezza a disposizione del contribuente.

Oltretutto, anche lo statuto dei diritti del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212), laddove disciplina il "principio di buona fede", impone all'Amministrazione di far riferimento, per quanto possibile, a dati di ricchezza reali.
Pertanto, ai fini della dichiarazione dei redditi di fabbricati, quando non si può fare riferimento ai dati catastali, i dati contrattuali (cioè quelli desunti da un contratto di locazione) forniscono una indicazione presuntiva iuris tantum del canone pagato dal conduttore e percepito dal proprietario.
Quest'ultimo, però, ha la possibilità di dimostrare - attraverso precisi elementi probatori, quale può essere la procedura di sfratto per morosità - di non aver "di fatto" percepito i canoni di locazione assoggettabili a imposizione tributaria.
Del resto, è noto come, soltanto a fronte di una sentenza civile confermativa della morosità dell'affittuario, l'immobile oggetto di locazione deve essere tassato sulla base della sola rendita catastale, altrimenti prevarrà il canone risultante dal contratto di affitto, ancorché non percepito.

In conclusione, si può affermare il principio, di carattere generale, secondo cui il venir meno del rapporto "sinallagmatico", vuoi per l'impossibilità sopravvenuta della prestazione (per esempio, il perimento totale dell'immobile locato) vuoi per il venir meno del rapporto obbligatorio (per esempio, la sentenza che accerti la morosità dell'inquilino), libera le parti contrattuali dalle obbligazioni assunte e, nell'ipotesi di contratto di locazione, non determina in capo al proprietario un maggior reddito da sottoporre a tassazione.

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