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Giurisprudenza

Notifica d’urgenza al contribuente
che insiste con gli illeciti tributari

La pericolosità fiscale giustifica l’emissione anticipata dell’avviso di accertamento. Nessuna deroga, invece, nel caso di cattiva pianificazione dell’attività da parte dell’ufficio

L’accertamento emesso ante tempus, ovvero prima dei 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di constatazione nel caso di verifica svolta presso la sede del contribuente, è valido se motivato in relazione alla pericolosità fiscale del contribuente, reo, tra l’altro, di aver commesso alcuni illeciti tributari. Infatti, il pericolo derivante da reiterate condotte penali tributarie è, in astratto, una indubitabile e valida ragione di urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo, in deroga al termine previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 15527 del 27 luglio 2016, con la quale è stato accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

La vicenda processuale
La Ctr della Basilicata, accogliendo l’appello di un contribuente, annullava un avviso di accertamento per violazione del termine dilatorio stabilito dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente); secondo i giudici lucani, infatti, difettavano le ragioni d’urgenza che, sole, avrebbero potuto giustificare un’emissione anticipata dell’atto impositivo, non potendo ritenersi tali né l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’accertamento né la rilevanza penale delle condotte attribuite al contribuente.

Con il successivo ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate denuncia innanzitutto la violazione dell’articolo 112 cpc, ovvero del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: la Ctr, infatti, si sarebbe pronunciata su una circostanza (quella dell’imminente scadenza del termine di accertamento) mai dedotta dall’ufficio.
L’altra censura attiene alla violazione del predetto articolo 12, comma 7, in quanto la Ctr aveva erroneamente escluso, ai fini della deroga al rispetto del termine dilatorio previsto dalla norma, la rilevanza della condotta penalmente rilevante del contribuente, pure eccepita dall’ufficio.

La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema, con la pronuncia in commento, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
In ordine al primo motivo, i giudici hanno effettivamente riconosciuto il vizio di ultrapetizione, risultando, per tabulas, che l’ufficio non avesse mai posto a base del mancato rispetto del termine dilatorio lo spirare del termine di decadenza.

In merito al secondo motivo, i giudici hanno ribadito il principio secondo cui il pericolo derivante da reiterate condotte penali tributarie è, in astratto, un'indubitabile e valida ragione d'urgenza atta a giustificare l'anticipazione della notifica dell'atto impositivo in deroga al termine imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7” (cfr Cassazione, pronuncia 2587/2014).
Nel caso di specie, i giudici di appello non solo avevano omesso qualsiasi valutazione in merito alla pericolosità penale del contribuente, ritenendola un aspetto di esclusiva pertinenza del giudice penale, ma neppure avevano considerato, ai fini dell’integrazione dei motivi di urgenza, le reiterate violazioni di natura tributaria, già riconosciute da precedente giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione, pronuncia 14287/2014).

Ulteriori osservazioni
L’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, prevede che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

La norma ha lo scopo di valorizzare i principi di contraddittorio e di collaborazione fra Amministrazione finanziaria e contribuente sottoposto a verifica fiscale, prevedendo, nell’ambito del procedimento di accertamento, che l’ufficio proceda all’emanazione dell’atto impositivo solo dopo avere acquisito le eventuali osservazioni del contribuente in ordine al contenuto del processo verbale di constatazione redatto a conclusione della verifica fiscale.
L’avviso di accertamento può essere emesso prima che scadano i suindicati 60 giorni esclusivamente ove ricorrano casi di particolare e motivata urgenza.

La particolare urgenza ricorre allorché sia riferita al contribuente e allo specifico rapporto tributario in questione, non potendo considerarsi tale lo spirare del termine decadenziale previsto per l’esercizio del potere impositivo: in altri termini, la cattiva pianificazione delle attività di verifica o in generale le inefficienze organizzative degli uffici non possono sacrificare il diritto del contribuente al contraddittorio, quale espressione del più generale principio di buon andamento ed imparzialità della Pa.
In tal caso, come evidenziato dalla Cassazione, l’ufficio ha l’onere di provare le ragioni “per le quali non è stato possibile iniziare tempestivamente la verifica fiscale” e che “hanno impedito un tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo entro il sessantesimo giorno antecedente la chiusura delle operazioni” (Cassazione, sentenza 3142/2014).
Ad esempio, si è ritenuto che l’esistenza di condotte dolose, pretestuose o volutamente dilatorie, poste in atto dallo stesso contribuente sottoposto a verifica e volte a ostacolare o ritardare la conclusione delle operazioni o di eventi eccezionali che abbiano inciso sull’assetto organizzativo o sulla programmazione dell’attività degli uffici, possano integrare situazioni particolari idonee a giustificare l’emissione anticipata dell’avviso di accertamento, per non incappare nell’imminente spirare del termine di decadenza (Cassazione, pronunce 3142/2014 e 15121/2015).

La giurisprudenza successiva all’intervento chiarificatore delle sezioni unite (sentenza 18184/2013), ha contribuito a riempire di contenuti le fattispecie in cui si determina quella “particolare e motivata urgenza” che legittima l’emanazione anticipata dell’atto.
Qui di seguito si citano, in maniera ovviamente non esaustiva ma solo esemplificativa, alcune di queste fattispecie:
  • la circostanza che il contribuente versi in stato di insolvenza (Cassazione, pronunce 16478/2014 e 9424/2014) o, comunque, se ricorre un’evidente situazione di pericolo di perdita del credito fiscale (Cassazione, pronuncia 14287/2014)
  • un evento imprevedibile e sopravvenuto che, nell’imporre una stretta tempistica per gli adempimenti dell’Amministrazione finanziaria, è idoneo a giustificare il mancato rispetto del termine di cui all’articolo 12 (Cassazione, sentenza 15547/2015)
  • il pericolo derivante da reiterate violazioni che comportino l’obbligo di denuncia per reati tributari (Cassazione, sentenze 16478/2014 e 2587/2014).

In tema di ripartizione dell’onere probatorio, secondo la Cassazione (sezioni unite, pronuncia 18184/2013), spetta all’ufficio “l’onere di provare la sussistenza (all’epoca) del requisito esonerativo dal rispetto del termine e, dunque, in definitiva, al giudice, a seguito del dibattito processuale (e senza, perciò, che il contribuente subisca alcuna menomazione del diritto di difesa), stabilire l’esistenza di una valida e "particolare" – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento”.
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