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Giurisprudenza

La notifica trova solo l'avvocato. Un vizio procedurale sanabile

E' giuridicamente inesistente solo se omessa o realizzata con forme diverse da quelle prescritte


La notificazione dell'appello tributario eseguita presso il difensore, ancorché non domiciliatario, della parte non è inesistente ma nulla e, come tale, sanabile per raggiungimento dello scopo o attraverso la rinnovazione disposta dal giudice. Nell'ipotesi in cui il luogo ha un legame con il destinatario, infatti, il rimedio è possibile.
Questo l'insegnamento della sentenza 19755/2010, secondo la quale, inoltre, nel processo tributario la disciplina sulle notificazioni fissata dal decreto legislativo 546/1992, in quanto speciale, prevale sulle corrispondenti disposizioni del codice di procedura civile.

La vicenda e il dispositivo della sentenza
Un contribuente impugnava vittoriosamente davanti alla Commissione tributaria provinciale di Napoli tre avvisi di accertamento relativi alla Tarsu, notificatigli da un Comune.
Contro la pronuncia di primo grado, l'ente locale proponeva appello, che veniva accolto.

A questo punto, però, l'interessato ricorre in Cassazione eccependo, per quanto d'interesse in questa sede, un vizio procedurale nella notificazione dell'atto di appello.
In particolare, l'istante denunciava violazione degli articoli 16, 17, 20 e 53 del Dlgs 546/1992, nonché delle disposizioni, in tema di notificazione degli atti processuali, di cui agli articoli 137 e seguenti del codice di rito civile, affermando l'invalidità assoluta della notifica dell'appello, in quanto effettuata presso l'avvocato costituito nel giudizio di primo grado, ma non domiciliatario, e invece omessa nei suoi confronti, nonostante la specifica indicazione del proprio domicilio personale.

Il descritto motivo è stato accolto dalla Suprema corte, secondo la quale, peraltro, la fattispecie in questione configura non tanto un caso di inesistenza quanto, piuttosto, una ipotesi di nullità della notificazione che impone, in assenza di sanatoria per raggiungimento dello scopo (essendo nella specie mancata la costituzione in giudizio dell'intimato), la rinnovazione della notificazione stessa "ex art. 291 e 350 c.p.c., norme legittimamente applicabili al rito tributario per effetto del rinvio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992".

Nel dichiarare assorbite le altre doglianze sollevate nel ricorso di legittimità, i giudici di piazza Cavour hanno dunque cassato la pronuncia impugnata, disponendo il rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale di Napoli.

Osservazioni sulla motivazione della pronuncia
La ricostruzione interpretativa offerta dalla sentenza in commento parte dalla considerazione che, in tema di contenzioso tributario, qualora l'impugnazione della sentenza di primo grado non sia stata notificata presso il domicilio eletto, ma presso il procuratore non domiciliatario, "non trova applicazione l'art. 330 cod. proc. civ., il quale si riferisce alle sole impugnazioni per cassazione (cfr. Cass. n. 3419/2005), ma il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17 atteso il carattere speciale di tale disposizione, che riguarda le fasi di merito del procedimento tributario e prevale sulla disciplina dettata dal codice di procedura civile".
Dettando le regole sul luogo delle notificazioni, l'articolo 17 del decreto sul processo tributario stabilisce al primo comma, come principio generale, che le stesse, salvo il caso di consegna a mani proprie della parte - modalità sempre prevalente e ammissibile anche in caso di elezione di domicilio - vanno eseguite "nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all'atto della sua costituzione in giudizio".

Di conseguenza, se effettuata in luogo diverso da quelli così individuati dalla legge (come nel caso in questione), la notificazione dovrebbe ritenersi irrimediabilmente viziata.

In realtà, accanto a quelle già riportate, nella disciplina generale in tema di notificazioni operano anche altre regole, in virtù delle quali, laddove la notifica sia stata espletata in un luogo che abbia pur sempre un collegamento con il destinatario, la stessa non è giuridicamente inesistente, ma è affetta da nullità, sanabile ex tunc (quindi con effetti retroattivi) mediante la rinnovazione ovvero attraverso la costituzione in giudizio dell'intimato.

E' proprio questa la situazione che si è verificata, secondo la sentenza in commento, nella specie, ove l'impugnazione era stata notificata presso il difensore del precedente grado di giudizio, ancorché non domiciliatario e quindi in un luogo che, seppure diverso da quello prescritto dall'articolo 17 del Dlgs 546/1992, presenta comunque - secondo il prudente apprezzamento del giudice - "un astratto collegamento col destinatario, derivante dal mandato al difensore di primo grado", con la conseguenza che il descritto vizio procedimentale non determina l'inesistenza, ma la semplice nullità della notifica, e comporta la rinnovazione della stessa.

Nel risolvere la questione sottoposta al suo esame, la Suprema corte ha fatto applicazione del principio ermeneutico secondo il quale, di tutti i vizi che possono inficiare la notificazione di un atto, soltanto all'inesistenza - che ricorre quando il procedimento notificatorio venga posto in essere con modalità assolutamente estranee alla disciplina positiva - non è possibile porre rimedio.

Di contro, la nullità - che, per giurisprudenza consolidata, si realizza quando la notificazione sia stata eseguita nei confronti del destinatario mediante consegna in luogo o a soggetti diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre un qualche riferimento con il destinatario medesimo - è sanabile sia quando l'atto abbia comunque raggiunto lo scopo a cui è destinato (articolo 156, terzo comma, cpc) sia per effetto della sua rinnovazione disposta dal giudice ai sensi dell'articolo 291 del codice di rito civile.

L'esito interpretativo della pronuncia in commento conferma altresì la regola iuris secondo la quale la disciplina in tema di (comunicazioni e) notificazioni del processo tributario trova una regolamentazione generale ed esaustiva negli articoli 16 e 17 del Dlgs 546/1992, i quali prevalgono sulle diverse prescrizioni del codice di procedura civile, essendo l'applicabilità di queste ultime subordinata, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto, alla compatibilità logico-giuridica tra i due sistemi processuali e alla mancanza di una specifica regolamentazione della fattispecie da parte della norma processual-tributaria.

Tali condizioni, spiega la Corte, debbono ricorrere congiuntamente "ponendosi i due sistemi in rapporto di specialità, nell'ambito del quale il ruolo di norma speciale deve essere riconosciuto alla disposizione processuale tributaria, con la conseguenza che anche l'astratta ipotizzabilità di un concorso tra norme va risolta attribuendo la prevalenza alla norma processuale tributaria (Cass. n. 12908/2007)".

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