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Giurisprudenza

La notifica viziata non elimina l’atto.
E il concessionario può fare il bis

L’avvenuta consegna della cartella di pagamento non costituisce un requisito di esistenza del provvedimento fiscale ma è condizione integrativa della sua efficacia

buste notificate
Il vizio della notificazione di un atto d’imposizione tributaria determina solo la preclusione dell’efficacia del provvedimento, ma non incide sulla sua esistenza, che non viene per nulla compromessa da quel vizio, essendo consentito il rinnovo della notifica dell’atto medesimo, senza che ciò possa intendersi come emissione di un nuovo atto.
Così ha concluso la sezione tributaria della Cassazione con la sentenza 16370 del 26 settembre, precisando che il rinnovo della notifica dell’atto tributario la cui originaria notificazione sia stata riconosciuta viziata, non richiede l’esplicazione delle ragioni di detta riemissione.
 
La vicenda di merito e i motivi del ricorso in Cassazione
Con ricorso del 9 giugno 2003 un contribuente impugnava, dinanzi alla Ctp di Latina, la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti per gli anni 1979-1980 e recante iscrizione a ruolo a fronte di dichiarazione integrativa (legge 516/1982), denunciando l’inesistenza del presupposto della riscossione e la carenza di motivazione dell’atto impugnato.
In particolare, sosteneva l’illegittimità della cartella che, a suo dire, costituiva mera rinnovazione di identico atto riscossivo, impugnato con ricorso dell’8 agosto 2002 e annullato con la sentenza 763/2002 della medesima Commissione provinciale pontina.
 
Avverso la sfavorevole pronuncia di prime cure, l’interessato ricorreva al Collegio tributario regionale del Lazio, che respingeva l’appello con sentenza che il contribuente impugnava in sede di legittimità, chiamando in causa l’Agenzia delle Entrate e l’Agente della riscossione.
Nello specifico, la Ctr aveva disatteso l’impugnazione osservando che, con il ricorso dell’agosto 2002, era stata contestata esclusivamente la validità della notificazione della cartella, mentre con il ricorso del giugno 2003 era stata eccepita l’insussistenza del presupposto impositivo per l’asserito avvenuto annullamento del ruolo da parte della citata sentenza del 2002, nonché per carenza di motivazione.
In adesione a quanto statuito dai giudici di prime cure, in particolare, la Ctr riconosceva che, con la sentenza 763/2002, la cartella era stata annullata per vizio della relata di notifica, senza che peraltro da ciò potesse derivare l’annullamento del carico fiscale recato dal ruolo: di conseguenza, persistendo l’obbligazione tributaria ed essendo ancora pendenti i termini per la relativa esazione, risultava del tutto legittima la rinotificazione della cartella di pagamento.
 
Nel ricorso alla Corte suprema, la parte privata chiedeva, tra l’altro, di riconoscere la nullità/illegittimità della cartella, asseritamente “riemessa e rinotificata... in presenza del suo pregresso annullamento… sentenziato dal giudice tributario..., senza che il primo esemplare della stessa cartella sia mai stato annullato dal... concessionario”.
Con altro motivo, il ricorrente formulava specifico quesito con il quale chiedeva se possa dirsi nulla o illegittima la cartella di pagamento “totalmente priva di motivazione sia sulle ragioni della sua riemissione e rinotificazione in costanza del suo pregresso annullamento giudiziale, sia sugli estremi del precedente accertamento posto a suo preteso fondamento…”.
 
La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema ha disatteso in toto le doglianze dell’istante, respingendo il ricorso e disponendo anche la refusione delle spese processuali a favore sia dell’Agente della riscossione che dell’Agenzia delle Entrate.
Nello specifico, la Cassazione ha ribadito quanto già rilevato dai giudici di merito, ovvero che il giudice della sentenza 763/2002 aveva dichiarato inesistente e/o nulla non già la cartella o il ruolo “individuale” in essa racchiuso, ma “soltanto la notificazione della stessa, ovverosia non l’atto (cartella di pagamento) in sè ma l’attività di trasmissione di tale atto al destinatario”.
 
Più specificamente, poi, la pronuncia in esame – richiamando la sentenza 4760/2009 della stessa Corte in ordine al rapporto tra notificazione dell’atto e atto notificando – ha rimarcato che la mancanza della notificazione di un atto amministrativo d’imposizione tributaria non influisce sulla sua esistenza in quanto detti atti “sono sottoposti ad un regime procedimentale, che… lascia ben distinta la fase di decisione, o di perfezione dell’atto, rispetto alla fase integrativa della sua efficacia”.
Di conseguenza, si legge ancora nella sentenza in commento, il vizio della notificazione di un atto tributario “determina solo la preclusione della "efficacia" del provvedimento ma non incide affatto sull’"esistenza" dello stesso, la quale non viene per nulla compromessa da quel vizio”.
 
In sostanza, il mero rinnovo della notifica, secondo la Cassazione, non importa l’emissione di un nuovo atto (che, anzi, nel caso di specie era rimasto assolutamente identico nel contenuto), con l’ulteriore effetto che neppure può porsi questione sulla mancanza delle ragioni della riemissione e rinotificazione dell’atto in costanza del suo pregresso annullamento giudiziale.
Su quest’ultimo aspetto, chiosa l’arresto in rassegna, una volta esclusa la ravvisabilità di una “riemissione” dell’atto tributario la cui originaria notificazione sia stata riconosciuta viziata, il rinnovo della sua notifica non richiede l’esplicazione delle ragioni che giustificano detta rinnovazione, discendendo le stesse “dalla univoca, unica funzione svolta dalla notificazione, ossia… di portare l’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario perché possa produrre gli effetti suoi propri (di cristallizzazione della pretesa tributaria per decorso dei termini di impugnazione o anche di sola provocatio ad opponendum)”.
 
Osservazioni
La sentenza 16370/2012 conferma la regola interpretativa – già espressa in passato dal giudice di legittimità (Cassazione, sentenza 13852/2010) – secondo cui la notificazione non costituisce un requisito di esistenza dell’atto tributario ma, piuttosto, è condizione integrativa dell’efficacia della decisione assunta dall’ufficio finanziario.
 
Una puntuale disamina di tale principio è contenuta nella sentenza 4760/2009, richiamata nella pronuncia in esame, laddove la Cassazione, attraverso l’analisi delle principali leggi d’imposta, è pervenuta alla conclusione che il regime procedimentale dell’atto d’imposizione tributaria si snoda in genere attraverso una sequenza che prevede: una fase istruttoria dell’esercizio del potere di accertamento alla quale segue la decisione (avviso di accertamento o di liquidazione) avente carattere recettizio e, come tale sottoposto all’obbligo di conoscenza attraverso la notificazione, soggetta a un termine decadenziale a carico dell’ufficio.
L’esclusione di quest’ultimo passaggio tra i requisiti di esistenza dell’atto impositivo, come chiarito dalla medesima sentenza 4760/2009, deriva dalla circostanza che l’atto è una dichiarazione che non necessita di per sé della collaborazione cognitiva di altri soggetti per svolgere la sua funzione, ma “è solo per la sua forza di limitazione della sfera di un altro soggetto che si vuole che questi sia posto in condizione di conoscibilità e che a tale condizione sia subordinata l’efficacia della dichiarazione”.
 
Di conseguenza, e questo è l’effetto di maggior rilievo che deriva da tale ricostruzione, il vizio che attiene esclusivamente alla notifica dell’atto, ancorché ritenuta dal giudice, non è in grado di riverberarsi sulla validità intrinseca del provvedimento stesso di cui, pertanto, potrà essere disposta una nuova notificazione, senza che tale rinnovazione possa considerarsi una violazione del decisum giurisdizionale.
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