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Giurisprudenza

Ok alla confisca per equivalente
anche se l'Iva è stata assolta

Quel che conta, infatti, è l'intenzione e le imposte pagate regolarmente non cancellano la truffa, ovvero le fatture false emesse con il chiaro scopo di frodare il fisco

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In caso di emissione di reciproche fatture false, tra due aziende, il giudice può disporre la confisca per equivalente sui beni dell'imprenditore, anche se è stato comunque assolto il suo debito Iva. Questo è quanto stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 12490 del 3 aprile, ha confermato la confisca per equivalente disposta dalla magistratura vicentina a carico di due imprenditori che avevano emesso fatture per operazioni inesistenti.

Il caso
A seguito della conferma da parte del Tribunale del riesame di Vicenza di un decreto di sequestro obbligatorio per equivalente, emesso dal Gip nei confronti di un'indagata per il reato di "dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" (articolo 2, Dlgs 74/2000), fu presentato ricorso dai legali difensori per cassazione.

Il decreto di confisca era stato emesso in relazione all'indebito profitto percepito dall'istante, in correità con un altro soggetto, in qualità di amministratore delegato di una società per azioni in carica fino a una certa data e poi in qualità di amministratore unico di una Srl, avendo indicato nelle dichiarazioni annuali delle rispettive società, in un particolare periodo d'imposta, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, emesse reciprocamente.
Nel ricorso era stato richiesto l'annullamento del decreto di sequestro preventivo per equivalente contestando la configurazione del reato di cui all'articolo 2 del Dlgs 74/2000.

In particolare, gli avvocati sostenevano che l'emissione scambievole di fatture per operazioni asseritamente inesistenti effettuata dalle due società non avrebbe procurato alcun danno all'erario: le società, in effetti, avevano versato le dovute imposte.
Venne altresì evidenziato l'errore in cui erano occorsi i giudici nell'aver inflitto la confisca obbligatoria per equivalente per un fatto accaduto prima dell'1 gennaio 2008, anno d'introduzione dell'istituto a seguito dell'entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008.

Nel ricorso di legittimità è stata evinta la mancanza dei presupposti soggettivi del concorso di reato. I difensori dell'indagata hanno sostenuto che le fatture erano state indicate nella dichiarazione dei redditi dall'altro soggetto che, alla data dei fatti, era il presidente del consiglio di amministrazione della Spa.
È stato inoltre eccepito il fatto che il sequestro avesse riguardato i beni strettamente personali, non tenendo affatto presente il patrimonio liquido delle due società.

Considerazioni sulla sentenza del Collegio
La Cassazione penale, con la sentenza 12490/2012, ha ammesso la confisca preventiva per equivalente sui beni dell'imprenditore anche nel caso in cui il contribuente abbia comunque assolto l'Iva.

La Suprema corte ha preventivamente osservato che il ricorso di legittimità può essere ammesso contro le ordinanze di sequestro preventivo o probatorio solo nelle ipotesi in cui ci sia stata violazione della legge, oppure nei casi di errores in iudicando o in procedendo, ovvero se i vizi della motivazione della sentenza di merito sono così gravi e radicali da rendere l'apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, privo dei requisiti minimi di completezza, di coerenza e di ragionevolezza, il che non permetterebbe di evincere l'iter logico-giuridico seguito dal giudice che ha emesso il provvedimento.

Nel caso di specie, osserva la Cassazione, l'ordinanza impugnata aveva congruamente espresso le ragioni poste a sostegno della decisione presa dai giudici di merito, evidenziando i requisiti del fumus commissi delicti e del periculum in mora.
Il Collegio ha altresì osservato come i giudici di merito abbiano egregiamente risolto la questione relativa all'assolvimento dell'Iva a debito da parte delle due società.
In particolare, la Cassazione ha accolto in pieno il ragionamento logico-giuridico effettuato dal Tribunale. L'assolvimento dell'imposta dovuta da parte delle due società avrebbe sottinteso ugualmente l'evidente scopo di evadere le imposte attraverso l'indicazione di elementi fittizi passivi nelle dichiarazioni annuali, reato previsto dall'articolo 2 del Dlgs 74/2000, circostanza che non è stata mai negata dagli stessi imprenditori.

Secondo l'attuale giurisprudenza della Corte, il delitto di frode fiscale è da annoverare tra i reati di pericolo o di mera condotta, consentendo al legislatore di tutelare il "bene giuridico protetto" prima del compimento dell'azione criminosa.
Dunque, affinché si possa configurare l'utilizzo fraudolento delle fatture per operazioni inesistenti, la giurisprudenza impone che queste siano inesistenti dal punto di vista oggettivo, ovverosia che ci sia un evidente discostamento, totale o parziale, tra i costi effettivamente sostenuti e quelli evidenziati in fattura.

Riguardo poi alla questione dell'eccezione di inutilizzabilità degli atti, la Corte è già intervenuta in merito chiarendo che "il pubblico ministero può chiedere al giudice l'applicazione del sequestro preventivo anche dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari, purché tale richiesta non sia fondata sul risultato di atti di indagine compiuti dopo la scadenza del medesimo termine"; l'inutilizzabilità riguarderebbe soltanto gli atti di indagine aventi efficacia probatoria, non comprendendo i sequestri preventivi che tendono a impedire il proseguimento dell'attività criminosa.

Infine, per quanto concerne l'ultimo punto del ricorso, in merito al fatto che al momento della presentazione della dichiarazione Iva l'indagata avesse cambiato il proprio status diventando amministratore unico della Srl, la Cassazione fa proprio quanto acclarato dal Tribunale del riesame che aveva correttamente riconosciuto essere la contribuente estranea al reato di emissione di fatture false perché imputata di dichiarazione infedele che, come noto, si perfeziona alla presentazione della stessa.
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