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Giurisprudenza

Gli onorari dei notai hanno carattere remunerativo?

A questo interrogativo ha risposto la Corte di Giustizia nella sentenza pronunziata il 28 giugno in risposta a una questione pregiudiziale

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I giudici comunitari, dopo essersi espressi in via preliminare sulla nozione di imposta, hanno valutato se la riscossione degli onorari rientri nel divieto contenuto nell’articolo 10 della direttiva 66/335 di applicare imposte con caratteristiche simili a quella sui conferimenti. La sentenza pronunziata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee lo scorso 28 giugno (procedimento C-466/03) concerne la compatibilità della normativa tedesca in materia di versamento di onorari notarili dovuti per l'autenticazione di un atto di cessione di quote sociali a favore di un'altra società di capitali.

La direttiva comunitaria
La legittimità della disposizione in esame deve essere valutata alla luce della direttiva 69/335/CEE che, per promuovere la libera circolazione dei capitali in ambito comunitario, ha  inteso razionalizzare la disciplina vigente nel settore, prevedendo la riscossione di un’imposta armonizzata sui conferimenti e la contestuale soppressione delle imposte che hanno la stessa caratteristica di quelle oggetto della causa. L’articolo 10 della direttiva in esame dispone che: "Gli Stati membri non applicano, per quanto concerne le società e le associazioni con personalità giuridica che perseguono scopi di lucro, alcuna altra imposizione, sotto qualsiasi forma, per la immatricolazione o per qualsiasi altra formalità prerliminare, all'esercizio di un'attività, alla quale una persona giuridica avente scopi di lucro può essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica". Tale divieto è però temperato dalla previsione del successivo articolo 12 secondo cui gli Stati membri possono applicare "imposte sui trasferimenti di valore mobiliare (intendendosi per tali le sole imposte indirette applicate alla raccolta di capitali ) e diritti di carattere remunerativo".

L’oggetto della controversia
La controversia in esame riguarda il contenzioso insorto tra la società Reiss e l’Amministrazione fiscale tedesca. In particolare, il socio unico della società ha trasferito interamente alla Reiss la propria quota detenuta in altra società. Al momento della iscrizione del predetto  atto presso il Registro delle imprese, il pubblico dipendente incaricato della riscossione dei diritti imponeva alla società Reiss la corresponsione di onorari notarili per l’autenticazione dell’atto soggetto a registrazione. Tale importo veniva determinato forfetariamente e, cioè, in proporzione al valore dell’operazione.

L’intervento della Corte di Giustizia
 
La questione è stata sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia a cui il giudice del rinvio ha chiesto se sia contraria alle disposizioni contenute nella direttiva 69/335 la riscossione di onorari notarili per l’autenticazione del trasferimento di quote sociali quando i notai sono pubblici dipendenti e gli onorari incassati sono, in parte, incamerati dallo Stato per finanziare spese pubbliche. I giudici comunitari si sono soffermati preliminarmente sulla nozione di "imposta" quale appare definita dalla direttiva in esame.

Gli onorari notarili a fini fiscali
La Corte, chiarendo che alla nozione in oggetto deve essere riconosciuta un’ accezione estensiva, ha precisato che gli onorari notarili costituiscono un’imposta ai sensi della direttiva citata tutte le volte in cui tali importi siano riscossi da pubblici dipendenti e attengano a finalità di carattere pubblico. Sgombrato il campo dalla questione preliminare, i giudici hanno affrontato il "merito" della vicenda e, in particolare, se la riscossione di questi onorari rientri nel divieto contenuto nell’articolo 10 della direttiva 66/335 di applicare imposte con caratteristiche simili all’imposta sui conferimenti. Lo scopo della direttiva è l’armonizzazione del settore dell’imposizione vigente nell’ambito della raccolta di capitali; l'articolo 10, pertanto, funge da argine a forme impositive aggiuntive che, sovrapponendosi alla tassazione disciplinata dalla direttiva 335, appesantirebbero e comprometterebbero la regolare circolazione dei capitali in ambito comunitario. Considerato che l’articolo in esame vieta ulteriori imposizioni relative all’espletamento di formalità preliminari all’esercizio di una attività da parte di una società con scopo di lucro, i giudici hanno ritenuto che anche l’autenticazione di un atto volto ad aumentare il capitale sociale rientri tra quelle "formalità" che condizionano l’esercizio e la prosecuzione dell’attività sociale. Pertanto, l’assoggettamento a una ulteriore forma di imposizione di tale "formalità" rientra nel divieto sancito dall’articolo 10, lettera c) della menzionata direttiva. Nè tantomeno la legittimità della riscossione degli onorari notarili può essere ricavata dal tenore del successivo articolo 12.

Trasferimenti di valori mobiliari e diritti di carattere remunerativo
Come in precedenza precisato, tale articolo introduce una deroga ai divieti di cui all’articolo 10 consentendo agli Stati membri di applicare imposte sui trasferimenti di valori mobiliari (articolo 12 lett a) e diritti di carattere remunerativo (articolo 12 lett c). I giudici osservano che gli onorari notarili non sono assimilabili a un’imposta sui trasferimenti. Occorre pertanto verificare, per accertarne la compatibilità con la direttiva, se siano assimilabili ai diritti di carattere remunerativo. L’interpretazione dei giudici sul punto è in toto contraria. La Corte, difatti, osserva che il carattere remunerativo di un servizio presuppone che ci sia una stretta correlazione tra la prestazione effettuata ed il costo del servizio erogato. Laddove tale nesso funzionale manchi, il diritto riscosso non può qualificarsi come "diritto a carattere remunerativo". Pertanto, poichè nella questione in esame l’importo degli onorari notarili viene riscosso indipendentemente dalla qualità e/o complessità del servizio prestato ma viene invece commisurato al mero valore economico della prestazione sottostante (valore delle quote trasferite), gli onorari in questione non presentano carattere remunerativo e, in quanto tali, la loro ricossione non può rientrare tra le deroghe previste e autorizzate secondo quanto indicato nell’articolo 12 della direttiva 69/335.
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