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Giurisprudenza

Opposizione di crediti al rimborso
con i requisiti giusti è ammessa

Devono essere certi, liquidi ed esigibili poiché l’impugnazione di un atto esclude che nello stesso giudizio l’amministrazione possa chiudere la lite con un debito del contribuente non “sicuro”

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Qualora il contribuente agisca in giudizio per ottenere il rimborso di un proprio credito di imposta, l'Amministrazione finanziaria, ferma restando la facoltà di esercitare discrezionalmente i poteri autoritativi di sospensione del pagamento delle somme pretese dal creditore e di pronuncia di compensazione nel caso sia a propria volta titolare di controcrediti tributari nei confronti del contribuente, è comunque legittimata, nel corso del giudizio instaurato dal contribuente creditore, a opporre in compensazione ai sensi dell'articolo 1243 del codice civile, i propri crediti certi, liquidi ed esigibili, spettando conseguentemente al giudice la verifica della ricorrenza dei requisiti richiesti per la pronuncia della compensazione legale.

La decisione della Corte di legittimità, pronunciata con la sentenza n. 21082 del 7 agosto 2019, ha ritenuto illegittima la pronuncia del giudice di primo grado, poi confermata da quella di appello, di rigetto dell’eccezione di compensazione dei crediti formulata dall’Agenzia delle entrate alla richiesta giudiziale del contribuente di rimborso dei crediti d’imposta, perché i ruoli “costituiscono mero atto interno non capace di paralizzare la richiesta del contribuente stesso". La materia è disciplinata dal Dpr n. 602/1973, il cui articolo 12 dispone, al primo comma, che l’ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano e che in ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in Comuni compresi nell'ambito territoriale cui il ruolo si riferisce e il successivo articolo 49, prescrive che tali ruoli sono atti funzionali all’espropriazione forzata.

La Commissione regionale aveva, anche affermato, da un canto, l’esistenza di un’autorizzazione al rimborso emessa dalla stessa Agenzia delle entrate, senza considerare, d’altro canto, “che il provvedimento autorizzatorio prevedeva espressamente che, prima di effettuare il rimborso, occorreva operare la compensazione con gli importi che risultavano iscritti a ruolo a titolo definitivo a carico del contribuente, ovvero disporre la sospensione del rimborso in ragione di eventuali future iscrizioni a ruolo a seguito della definizione di controversie in corso” con lo stesso contribuente in senso favorevole alla amministrazione finanziaria.

La sentenza della Corte regolatrice del diritto in rassegna si segnala, in ordine al primo profilo, perché ammette che l’amministrazione finanziaria possa agire solo sul piano privatistico attivando la sua facoltà di opporre in compensazione, al contribuente che agisce in giudizio per il pagamento di un credito, l'esistenza di un proprio controcredito altrettanto certo, liquido ed esigibile. Tale facoltà, qualificabile anche in termini di diritto potestativo, è riconosciuta in via generale dall'articolo 1243 del codice di diritto comune, il cui primo comma dispone che la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili. Da tale principio generale sulle obbligazioni, la sentenza del supremo Collegio desume l’effetto che il giudice, verificata la sussistenza dei requisiti del controcredito opposto, dichiara l'estinzione (totale o parziale) del credito principale per compensazione legale, come già statuito dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 23225/2016.

L’applicabilità di siffatto criterio comporta l’inapplicabilità, nell’ambito tributario, del secondo comma dell’articolo 1234, del codice civile, per il quale se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del credito opposto in compensazione. Infatti, nel processo tributario, la necessaria impugnazione di un atto esclude che nello stesso giudizio possa discutersi anche di un controcredito dell’amministrazione finanziaria non certo e in tale senso, peraltro, la cennata pronuncia delle sezioni unite ha statuito che se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l'esistenza del controcredito opposto in compensazione (articolo 35, codice di procedura civile) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale. La citata pronuncia di legittimità ebbe modo anche di precisare che la compensazione giudiziale, di cui al secondo comma dell'articolo 1243 cc, presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale la medesima compensazione è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo, con l’effetto  che “resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, e va parimenti esclusa l'invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall' art.295 cod. proc. civ. o dall’art.337 secondo comma cod. proc. civ. in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato art. 1243 cod. civ.".


a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
 

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