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Giurisprudenza

Opzione imposta sostitutiva:
la scelta non è modificabile

Se è una libera e discrezionale scelta del contribuente non si torna indietro, salvo che non sia riscontrabile un errore materiale o la duplicazione o l’inesistenza della obbligazione

terreno edificabile

La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, con la sentenza n. 267 del 24 marzo scorso, ha ritenuto, in materia di rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, che l’opzione fiscale, volontariamente esercitata per usufruire del regime di imposta sostitutiva a seguito di rivalutazione dei cespiti immobiliari, costituisce manifestazione di volontà irretrattabile e non una dichiarazione di scienza.

Al centro del contendere un'istanza di rimborso, presentata da alcuni contribuenti, dell'imposta sostitutiva, versata ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 448/2001, conseguente alla rideterminazione del valore di alcuni terreni edificabili, effettuata in base alle risultanze di una perizia giurata.
In particolare, secondo la tesi degli istanti, anche il valore dei fabbricati esistenti e regolarmente accatastati, destinati a essere parzialmente o integralmente demoliti, doveva essere assoggettato alla citata rivalutazione: pertanto, i contribuenti avevano effettuato i versamenti dell'imposta sostitutiva sulla base dei valori emergenti dalla perizia redatta da un professionista abilitato e regolarmente asseverata. La tesi, spiegavano gli istanti, appariva sorretta da prassi della stessa Amministrazione finanziaria, prima di essere smentita da giurisprudenza della Cassazione, la quale aveva stabilito che la cessione di immobili da demolire non poteva essere considerata cessione di terreno edificabile (cfr Cassazione, pronuncia n. 4150/2014): da qui, la richiesta di rimborso di quanto versato, in relazione ai soli fabbricati.
A seguito del silenzio serbato dall'ufficio, i contribuenti proponevano ricorso avverso il silenzio-rifiuto, che veniva respinto dalla Ctp di Lucca. I giudici lucchesi, per quanto ci consta, sostenevano l'irretrattabilità dell'opzione volontariamente esercitata per usufruire del regime di imposta sostitutiva.
Nel successivo appello, i contribuenti si dolevano del fatto che la stessa Agenzia delle entrate, riconoscendo superate le proprie precedenti indicazioni, aveva definitivamente stabilito che se su un'area insiste un qualsivoglia fabbricato, la stessa area deve dirsi già edificata e non può essere ricondotta alla previsione di area suscettibile di utilizzazione edificatoria, ex articolo 67 Tuir, atteso che la potenzialità edificatoria si è già consumata.

La sentenza
Nel decidere la controversia a favore della tesi dell'Amministrazione finanziaria, la Corte di giustizia di secondo grado della Toscana premette che l'opzione fiscale in questione non rientra tra le dichiarazioni di scienza suscettibili di essere corrette in caso di errore, bensì tra le manifestazioni di volontà irretrattabili, non essendo configurabile, nel caso in commento, un errore materiale bensì una libera e discrezionale scelta compiuta dal contribuente e non ricorrendo un'ipotesi di duplicazione o inesistenza della obbligazione.

Del resto, detta prospettazione – aggiungono i giudici d'appello – è conforme a quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità che, nella sua composizione più autorevole, ha stabilito che “l'imposta sostitutiva prevista dall'art. 7 è un'imposta <<volontaria>> che trova causa necessaria e sufficiente in se stessa, ossia nella stessa scelta liberamente operata dal contribuente di accedere all'opzione offertagli dal legislatore, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull'imposta ordinaria altrimenti probabilmente dovuta sulla plusvalenza non affrancata" (cfr Cassazione, sezioni unite, pronuncia n. 2321/2020).
Quindi, non rileva, ai fini del perfezionamento del meccanismo agevolativo, la circostanza che il contribuente tragga concretamente vantaggio dalla propria scelta in quanto la successiva cessione potrebbe addirittura mancare, senza perciò consentire di richiedere il rimborso di quanto versato (cfr Cassazione, n. 29575/2018 e n. 19217/2017).

Inoltre, la Corte suprema ha avuto anche occasione di chiarire in materia di determinazione delle plusvalenze, che “nel caso di opzione per la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili a norma dell'art. 7 della legge n. 448 del 2001, una volta soddisfatte le condizioni previste da tale disposizione (redazione della perizia giurata di stima e versamento dell'intera imposta sostitutiva o, in caso di pagamento rateale, della prima rata), si determina l'irreversibile perfezionamento dell'obbligazione tributaria, per cui il contribuente non può più ottenere il rimborso delle somme corrisposte, sia che abbia scelto di avvalersi del pagamento in unica soluzione sia che abbia scelto di avvalersi di quello rateale” (cfr Cassazione n. 4659/2020).
Tra l'altro, è opportuno evidenziare, in questa sede, la sentenza in commento appare coerente anche con la giurisprudenza di legittimità più recente, che ha avuto cura di specificare che il principio da ultimo menzionato trova applicazione anche nell'ipotesi in cui il contribuente abbia inizialmente deciso di esercitare la facoltà di attivare la procedura per la determinazione del valore del terreno, ai sensi del citato articolo 7, abbia provveduto al versamento della prima rata e, poi, non abbia versato le rate successive (cfr Cassazione, decisione n. 18557/2022).

Con la redazione della perizia di stima e il versamento della prima rata dell’imposta sostitutiva, in definitiva, il contribuente sceglie di avvalersi del regime disposto dall'articolo 7 della legge n. 448/2001 e detta manifestazione di volontà non può essere sovvertita.

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