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Giurisprudenza

Originale o imitazione: la questione tocca anche i condoni

In caso di disconoscimento della firma, per la sua verifica è necessaria la sospensione del giudizio

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Nel processo tributario, la parte che abbia prodotto una scrittura privata, disconosciuta dal soggetto che ne appare l'autore, contro il quale è prodotta, non può avvalersene quale prova della propria pretesa, in mancanza di verificazione nelle forme di legge, previa sospensione del giudizio tributario.
Questo importante principio è contenuto nella sentenza n. 6184 del 20 marzo 2006 della Corte di cassazione (sezione tributaria), con la quale è stato affermato che la pretesa fiscale può essere altrimenti provata in base a ulteriori indizi e presunzioni rimesse all'apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Per quanto attiene l'ambito civilistico, occorre soffermarsi preliminarmente sull'istituto del "riconoscimento tacito", regolato dal combinato disposto degli articoli 214 e 215 c.p.c. La scrittura privata prodotta in giudizio, ai sensi del n. 2) dell'articolo 215 c.p.c., si ha per riconosciuta "se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione(1)". La giurisprudenza ha affermato che il riconoscimento anche tacito della scrittura privata e, allo stesso modo, la verificazione di cui al successivo articolo 216, attribuiscono alla stessa la caratteristica e l'efficacia di probatio plena fino a querela di falso (Cassazione n. 5/1998). Occorre precisare che il termine entro cui deve essere effettuato il disconoscimento della scrittura privata è perentorio e non prorogabile dal giudice.

Per la fattispecie in esame, è opportuno esaminare anche la disposizione contenuta nell'articolo 216 c.p.c., in base al quale la parte che intende avvalersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione proponendo tutti i mezzi di prova che ritiene più utili. Il procedimento di verificazione della scrittura è finalizzato unicamente all'accertamento della paternità della stessa e non è ammesso per le copie: nel caso di produzione della scrittura in copia fotostatica, la parte che intende avvalersene e ottenerne la verificazione deve produrre l'originale (Cassazione n. 11759/1999).

Il fatto
A seguito della notifica della cartella esattoriale, in cui veniva richiesto il pagamento delle somme dovute a titolo di Irpef e Ilor dipendenti da dichiarazione integrativa, presentata ai sensi della legge 30 dicembre 1991, n. 413, per l'applicazione del condono, il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, eccependo di non aver mai presentato detta dichiarazione. In seguito al rigetto dei giudici di prime cure, che hanno ritenuto inefficace il disconoscimento da parte del contribuente della propria firma, quest'ultimo produceva in secondo grado la relazione di un grafologo attestante la falsità della firma, sostenendo, altresì, di aver formalmente disconosciuto la propria sottoscrizione, ed eccependo che l'ufficio non aveva dichiarato di volersi avvalere della scrittura disconosciuta, né aveva chiesto la verificazione della stessa ex articolo 216 del c.p.c.

La Commissione tributaria regionale ha respinto l'impugnazione ritenendo che il disconoscimento puro e semplice non è sufficiente a determinare l'inefficacia della domanda di condono, essendo necessaria la prova che la presentazione di questa era avvenuta contro la volontà dell'apparente firmatario o a sua insaputa. Per la cassazione della sentenza, il contribuente ha proposto ricorso.

La sentenza
La Suprema corte ha rilevato in primis che il ricorrente aveva già avanzato, nel corso del giudizio di primo grado, richiesta del rilascio di copia conforme dell'istanza di condono da cui emergeva la falsità della sua firma che, quindi, lo stesso non riconosceva come propria. Pertanto, il contribuente non si era limitato a contestare in modo generico e preventivo la dichiarazione integrativa, ma aveva dichiarato espressamente di disconoscere la propria firma apposta in calce alla stessa.
A tal proposito, la giurisprudenza ha affermato che anche il disconoscimento della conformità all'originale della copia fotostatica di scrittura privata ex articoli 214 e 215 c.p.c. deve avvenire in modo formale e specifico, nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, ovvero mediante una esplicita dichiarazione di chiaro contenuto o con espressioni inequivoche (Cassazione, 18 giugno 2006, n. 11419; n. 935/2004).

I giudici di legittimità, nell'escludere per il caso in esame il riconoscimento tacito di cui al combinato disposto dei citati articoli 214 e 215 c.p.c., atteso che il contribuente ne aveva disconosciuto tempestivamente la sottoscrizione, hanno ritenuto che il mancato riconoscimento fuori delle ipotesi previste per legge ne comporta ipso iure (ai sensi dell'articolo 2702 c.c.) l'inefficacia probatoria, stabilendo, nel contempo, che, se la controparte avesse voluto, avrebbe dovuto chiedere la verificazione della scrittura disconosciuta ex articolo 216 c.p.c., ammissibile nel corso del processo tributario mediante richiesta di sospensione, ai sensi degli articoli 1, comma 2, e 39 del Dlgs n. 546 del 1992(2).

Alla luce di quanto precede, la Suprema corte ha affermato il principio in base al quale, nel processo tributario, la parte che abbia prodotto una scrittura privata, la cui sottoscrizione sia stata disconosciuta in modo tempestivo, può avvalersene quale prova a fondamento della propria pretesa, in mancanza anche di verificazione nelle forme di legge, mediante la preventiva sospensione del giudizio tributario, non escludendo da parte dell'ufficio, per far valere la pretesa tributaria, il ricorso a ulteriori indizi e presunzioni, la cui valenza sarà rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, insindacabile, quindi, in sede di legittimità.

NOTE
1. Cassazione n. 9912/1998. Il mancato disconoscimento della scrittura privata, ex articolo 215 c.p.c., non osta a che il sottoscrittore possa dedurre e dimostrare con ogni mezzo la non rispondenza delle dichiarazioni alla verità.

2. Cassazione, 6 settembre 2004, n. 17937. L'articolo 39 del Dlgs n. 546 del 1992 disciplina unicamente i rapporti esterni, ovvero i rapporti tra processo tributario e processi non tributari, mentre, in ordine ai rapporti tra giudizi tributari, trova applicazione, in virtù del disposto dell'articolo 1 del citato Dlgs n. 546 del 1992, la disciplina dettata dall'articolo 295 c.p.c. ("Sospensione necessaria" del processo).


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