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Giurisprudenza

Ottemperanza tributaria rispettosa della Carta

Respinte le censure sollevate dalla Ctp di Milano

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L'articolo 70 del Dlgs 546/1992, nella parte in cui non consente al contribuente vittorioso in primo grado di richiedere l'ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza favorevole non passata in giudicato, non contrasta con la Carta della Repubblica. La Consulta, con l'ordinanza n. 316 del 30 luglio 2008 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il successivo 6 agosto) ha così dichiarato infondata, sotto alcuni profili, e inammissibile, sotto altri aspetti, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con l'ordinanza n. 73 del 22 ottobre 2007.

Il fatto e l'ordinanza di rimessione della Ctp di Milano
Una contribuente, sulla base di una sentenza della Ctp di Milano che aveva condannato l'agenzia delle Entrate al rimborso a suo favore dell'Irap relativa all'anno 1998, promuoveva dinanzi al medesimo giudice ricorso per l'ottemperanza della pronuncia.
L'adito collegio tributario, rilevato che la sentenza di cui si chiedeva l'esecuzione non era passata in giudicato, con rituale ordinanza sollevava questione di legittimità costituzionale dell'articolo 70 del Dlgs 546/1992, rispetto agli articoli 3, 24 e 76 della Costituzione.

A parere dei giudici meneghini, detto articolo - nella parte in cui non consente al contribuente vittorioso in primo grado di richiedere, in pendenza di appello o di termine per proporre appello, l'ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza medesima, non passata in giudicato - violerebbe le citate norme della Carta e, specificamente:

 

  • l'articolo 76, per l'asserito mancato recepimento dei principi di provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo o secondo grado e di parità tra le parti stabiliti (a detta del giudice a quo) dall'articolo 30, comma 1, lettera g), della legge delega sul processo tributario 413/1991
  • l'articolo 3, perché, in relazione agli effetti della sentenza tributaria non passata in giudicato, si determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente, il quale non disporrebbe di alcuno strumento per conseguire l'esecuzione della sentenza, e l'Amministrazione finanziaria che, invece, potrebbe procedere al recupero delle somme dovute, in via esecutiva, anche sulla base della sentenza di primo grado
  • l'articolo 24, per la lesione che da tale situazione deriverebbe al diritto di difesa del contribuente.

La pronuncia della Corte
Il giudice delle leggi, con ordinanza n. 316 del 30 luglio 2008, ha disatteso le complessive censure sollevate dal collegio rimettente, affermando che la disposizione "incriminata" non viola i parametri costituzionali evocati in giudizio.
Specificamente, rileva la Consulta, la questione riferita all'articolo 76 della Costituzione "è manifestamente infondata".

Invero, chiarisce tra l'altro l'ordinanza in esame, la norma denunciata, nel disporre che il giudizio di ottemperanza da essa previsto si applica solo alle sentenze tributarie passate in giudicato, "detta una regola identica a quella che - come affermato dal diritto vivente e come riconosciuto da questa Corte con le ordinanze n. 44 del 2006 e n. 122 del 2005 - vige per le sentenze emesse dal giudice civile".

Inoltre, rileva la Corte, l'applicabilità del giudizio di ottemperanza a sentenze non ancora passate in giudicato è prevista, "con norma di carattere eccezionale, dal quarto comma dell'art. 33 della legge n. 1034 del 1971…esclusivamente per le sentenze emesse dal tribunale amministrativo regionale e non sospese dal Consiglio di Stato".
Pertanto, conclude sul punto l'ordinanza in commento, con la norma denunciata il legislatore delegato non è incorso nel dedotto eccesso di delega, dovendosi ribadire che il criterio direttivo di carattere generale dettato dal legislatore delegante nel citato articolo 30, comma 1, lettera g), della legge 413/1991, "è quello dell'adeguamento, e non dell'uniformità, delle norme del processo tributario a quelle del processo civile (ordinanze n. 303 del 2002, n. 330 del 2000 e n. 8 del 1999)".

Quanto alle questioni riferite agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la Corte ha ritenuto che le stesse "sono manifestamente inammissibili".
Alla base delle conclusioni della Consulta c'è la considerazione che il riconoscimento dell'applicabilità del giudizio di ottemperanza a sentenze tributarie non passate in giudicato e non provvisoriamente esecutive "comporterebbe l'introduzione nel sistema processuale, ad opera della Corte costituzionale, di una disciplina inedita e non costituzionalmente necessitata del giudizio di ottemperanza, il quale risulterebbe applicabile a prescindere sia dal requisito della provvisoria esecutività della sentenza…sia da quello dell'intervenuto passaggio in cosa giudicata…".
Una tale disciplina del giudizio di ottemperanza, peraltro, puntualizzano i giudici, sarebbe intrinsecamente contraddittoria, perché creerebbe uno strumento processuale diretto a consentire l'esecuzione di una sentenza alla quale l'ordinamento non attribuisce efficacia esecutiva.

Considerazioni
La pronuncia in esame ha dunque ritenuto che, in base all'attuale normativa, non sia possibile agire per l'ottemperanza di una sentenza tributaria recante la condanna dell'Amministrazione finanziaria a rimborsare al contribuente un tributo corrisposto mediante versamento diretto, quando la stessa non sia passata in giudicato.
L'interpretazione offerta dal giudice delle leggi appare coerente con le vigenti disposizioni recate dal decreto legislativo sul processo tributario in tema di tutela cautelare e di esecuzione delle sentenze in pendenza di giudizio.

Un intervento diretto a rendere applicabile il giudizio di ottemperanza tributaria anche alle pronunce non definitive imporrebbe infatti, per esigenze di coerenza sistematica, l'introduzione, a fronte di tale provvisoria esecutività, della relativa inibizione cautelare. Inoltre, richiederebbe una modifica della vigente disciplina relativa sia al rimborso d'ufficio di cui all'articolo 68, comma 2, del Dlgs 546/1992, sia alla riscossione frazionata del tributo in pendenza del giudizio di impugnazione degli atti impositivi.

Di tali esigenze è ben consapevole la Corte che, peraltro, nell'ordinanza n. 316 in rassegna, non può che riconoscere che una siffatta riforma di sistema, implicando la scelta tra una pluralità di soluzioni tutte compatibili con la Costituzione "resta riservata alla discrezionalità del legislatore" e, quindi, esorbita dalle funzioni e dai poteri che la Costituzione stessa assegna alla Consulta.
Ciò in quanto, si legge ancora nell'ordinanza, la tutela del creditore mediante giudizio di ottemperanza di una sentenza non passata in giudicato e non provvisoriamente esecutiva certamente "non è coessenziale alla tutela giudiziale dei diritti ed interessi legittimi e non è, pertanto, imposta dalla Costituzione".

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