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Giurisprudenza

Paletti rigidi per l’agevolazione “prima casa”

La risoluzione del contratto di compravendita non esime dall’obbligo di trasferimento nei termini di legge nel comune di ubicazione dell’immobile

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Il mancato trasferimento nei termini di legge della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile acquistato usufruendo dell’agevolazione “prima casa” comporta la decadenza dal beneficio fiscale. Il principio resta valido anche quando l’obbligo non sia assolto per l’intervenuta instaurazione di un giudizio civile, proposto al fine di acclarare la legittima proprietà del fabbricato e conclusosi con la declaratoria di risoluzione del contratto di compravendita. E’ il contenuto della sentenza n. 05/05/07 della Ctr Liguria, depositata il 18 aprile 2007.

Il caso affrontato dalla Commissione tributaria regionale
La controversia trae origine dall’avviso di liquidazione con il quale l’Amministrazione finanziaria, rilevando il mancato trasferimento – entro l’anno successivo alla stipula dell’atto di compravendita di un immobile da adibire ad abitazione principale (termine vigente all’epoca dei fatti in contestazione) – della residenza nel comune di ubicazione del fabbricato acquistato, aveva revocato l’agevolazione fiscale prevista nell’ipotesi di acquisto della “prima casa”, richiedendo le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Nel ricorso proposto avverso l’avviso di liquidazione in parola, la contribuente sosteneva l’illegittimità dell’operato dell’ufficio, per non aver questi tenuto conto dell’intervenuto giudizio civile con il quale un tribunale ligure, ritenendo meritevoli di accoglimento le rivendicazioni avanzate da soggetti terzi sulla proprietà di due locali uso cantina posti al piano terra dell’immobile acquistato, aveva dichiarato la risoluzione del contratto di compravendita stipulato dalla ricorrente.

Avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria provinciale di Savona aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente, affermando come la pronuncia scaturita dal giudizio civile avesse annullato l’atto di compravendita e, conseguentemente, le pretese erariali, ha proposto appello l’Agenzia delle entrate.
Per l’Amministrazione - posto che nel caso di specie bisognava unicamente valutare se alla fattispecie prospettata si rendesse applicabile o meno l’articolo 38, comma 2, del Dpr n. 131/1986, a tenore del quale si dà luogo alla restituzione dell’imposta versata in misura eccedente alla misura fissa qualora l’atto venga dichiarato nullo o annullabile per causa non imputabile alle parti - la fattispecie processuale va risolta nel senso dell’inapplicabilità della norma richiamata, in considerazione del fatto che l’atto di compravendita, sebbene successivamente risolto in quanto riferito a cosa altrui, era in origine valido ed efficace; pertanto, idoneo a costituire presupposto per l’applicazione, in misura ordinaria, delle imposte dovute in caso di trasferimenti immobiliari.

La posizione della Commissione tributaria regionale
Investita della suddetta problematica, la Commissione tributaria regionale della Liguria ha ritenuto meritevoli di accoglimento le argomentazioni difensive esposte dall’Agenzia delle entrate, accogliendo, pertanto, l’atto di appello da questa proposto.
In particolare, con specifico riferimento alla possibile applicazione della disposizione contenuta nel citato articolo 38, comma 2, del Dpr n. 131/1986, il collegio ligure – percorrendo il solco già tracciato da precedenti pronunce giurisprudenziali – ha precisato come la risoluzione del contratto, ricorrente nella fattispecie in discussione, fosse ipotesi ben diversa dalla nullità o annullabilità, alle quali si rende applicabile la riduzione a tassa fissa dell’imposta di registro.
Ne deriva, proseguono i giudici di secondo grado, che "difettano le condizioni per riconoscere il diritto al rimborso dell’imposta di registro ed, a maggior ragione, per l’applicazione dell’aliquota agevolata".

In altre parole, la Ctr ha ritenuto corretto l’operato dell’ufficio, che, rilevato il mancato trasferimento della residenza nel comune di ubicazione dell’immobile da adibire ad abitazione principale nel termine (allora) annuale, aveva revocato l’agevolazione fiscale prevista nell’ipotesi di acquisto della “prima casa”, richiedendo le maggiori imposte per l’effetto dovute.

Come anticipato, la pronuncia in commento rafforza l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi sulla tesi per la quale, in tema di imposta di registro, l’articolo 38 del Dpr n. 131/1986 deve interpretarsi, per il dato letterale e per la ratio a esso sottesa, nel senso della sua applicazione alle sole ipotesi di nullità e annullamento, senza, quindi, ulteriori estensioni a ipotesi di inefficacia contrattuale derivante da altre e diverse ragioni. In particolare, come da ultimo affermato dalla Suprema corte nella sentenza n. 4971 del 1° aprile 2003, con la disposizione in commento, il legislatore ha inteso prevedere la restituzione dell’imposta nei soli casi in cui la patologia dell’atto e la sua conseguente inidoneità alla produzione di effetti giuridici siano ascrivibili a vizi esistenti ab origine e non sopravvenuti. Ciò in quanto la restituzione dell’imposta regolarmente versata all’atto della registrazione può trovare giustificazione soltanto relativamente al contratto che nasce viziato, mentre ben difficilmente può motivarsi nel caso di un contratto – quale quello oggetto della fattispecie processuale analizzata in questa sede – che, pienamente valido e operante a far data dalla sua stipulazione, non è più tale per una causa sopravvenuta.
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