Nel primo caso, infatti, occorre avere riguardo alla disciplina applicabile al tempo della stipulazione, mentre ai fini della determinazione della base imponibile occorre fare riferimento al tempo in cui il contratto condizionale si è tradotto in un contratto traslativo o costitutivo della proprietà o altro diritto reale. A tal fine, la rinuncia alla condizione sospensiva ha efficacia analoga al suo verificarsi.
Lo ha affermato la Corte di cassazione nella sentenza n. 24514 del 2 dicembre 2015.
La vicenda processuale
La controversia trae origine dall'impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione ai fini dell'imposta di registro emesso dall'ufficio in relazione a un atto di compravendita di un terreno edificabile, in seno al quale il trasferimento della proprietà era stato sottoposto alla condizione del rilascio, da parte del Comune, di una concessione per la realizzazione di un complesso turistico sullo stesso terreno, successivamente rinunciata dalle parti contraenti.
Come emerge dagli atti, la questione controversa concerne l'individuazione del momento rilevante ai fini della disciplina applicabile in tema di imposta di registro, nelle ipotesi di contratto traslativo o costitutivo di diritti reali sottoposto a condizione sospensiva, dove la condizione medesima è stata rinunciata prima del suo verificarsi.
In particolare, nel caso concreto, l'ufficio ha rettificato il valore del terreno avendo riguardo alla data in cui è avvenuta la rinuncia della condizione, mentre, a parere della società ricorrente, doveva farsi riferimento al momento di stipula della compravendita, poiché la condizione successivamente rinunciata doveva considerarsi come non apposta.
I giudici di primo grado hanno accolto parzialmente il ricorso proposto dalla contribuente.
La Commissione tributaria regionale del ha rigettato sia l'appello principale proposto dal contribuente sia quello incidentale proposto dall'ufficio, confermando quanto statuito dalla Ctp, ovvero che:
- gli effetti traslativi del contratto dovevano retrodatarsi alla data stipulazione e non al momento della rinuncia della condizione sospensiva (come sostenuto anche dall'ufficio)
- della stessa data (stipulazione) doveva tenersi conto ai fini della determinazione della base imponibile (come sostenuto dalla società contribuente).
La decisione
Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria, sulla base dell'assunto consolidato secondo cui - con riferimento all'imposizione di registro - "il momento rilevante ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile è diverso da quello che attiene alla determinazione del valore fiscalmente rilevante".
Tale conclusione, a parere della suprema Corte, trova fondamento nella diversa formulazione delle norme coinvolte, ovvero:
- dell'articolo 27, comma 2, del Dpr 131/1986, ai sensi del quale la disciplina applicabile va individuata "avendo riguardo, anche quando sia prevista una condizione, alle norme vigenti al momento della formazione dell'atto"
- dell'articolo 43, comma 1, lettera a) del medesimo Dpr, ai sensi del quale, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, la base imponibile deve essere determinata con riferimento "alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi".
Più specificamente, l'articolo 1353 del codice civile prevede che "le parti possono subordinare l'efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto", mentre il successivo articolo 1360 dispone che "gli effetti dell'avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso".
Ad esempio, se un soggetto acquista un terreno a condizione di potervi edificare entro un dato termine e la condizione si avvera, l'effetto traslativo si verifica sin dalla data della stipula del contratto; se, invece, un soggetto acquista il terreno a condizione che il contratto cesserà di produrre effetti se entro un anno non ottiene la possibilità di edificare e non la ottiene è come se il contratto non fosse mai stato stipulato.
Secondo la Corte di Cassazione, nell'ipotesi di rinuncia, alla condizione sospensiva va attribuita efficacia analoga al verificarsi della condizione.
Nel caso dell'imposta di registro, il citato articolo 43, comma 1, lettera a), del Dpr 131/1986 "stabilendo che la base imponibile, nel contratto traslativo o costitutivo di diritti reali soggetto a condizione sospensiva, è segnata dal valore del bene alla data in cui 'si producono' i relativi effetti, va inteso riferito al tempo del verificarsi della condizione o alla sua rinuncia".
Nella fattispecie in esame, gli effetti traslativi o costitutivi, afferma la suprema Corte, sono prodotti dall'avveramento dell'evento futuro o dalla sua rinuncia (e il contratto condizionale è destinato a rimanere inoperante senza tali accadimenti).
Il fatto che tali effetti, una volta prodottisi, siano retroattivi non implica mutamento del fatto generatore (rappresentato, come detto, dal verificarsi o rinuncia della condizione), e quindi a tale data di "produzione" degli effetti - cui fa espresso rinvio l'articolo 43, comma 1, lettera a) del Dpr 131 - va determinata la base imponibile.
Peraltro, "La tassazione di registro, sulla scorta del valore dell'epoca della stipulazione del contratto condizionale, prescindendo dal valore che il bene abbia assunto al momento del verificarsi della condizione o della sua rinuncia, presenterebbe un'incidenza percentuale aleatoria e non proporzionata al fatto influente per la tassazione, potendo al limite raggiungere un ammontare pari o superiore al prezzo di mercato del cespite trasferito, oppure rendere irrisorio il carico fiscale, rispettivamente a fronte di vicende modificative, al ribasso od al rialzo, dell'andamento del mercato stesso".