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Giurisprudenza

Il personale non è ammortizzabile:
illegittima la detrazione Iva

Applicabile lo sconto d’imposta per i costi relativi a beni utilizzati promiscuamente soltanto se distintamente e concretamente imputabili alla singola attività

bingo
Con la sentenza n. 6255 del 20 aprile, la Corte di cassazione ha chiarito che i soggetti esercenti più attività nell’ambito della stessa impresa, che optano per la contabilità separata ai fini dell’Iva, hanno diritto alla detrazione solo se l’attività per cui si ha diritto sia gestita effettivamente con contabilità separata e se l’imposta, di cui si chiede la detrazione, non riguardi beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente, ossia destinati indistintamente alle diverse attività esercitate.
 
Il fatto
La vicenda concerne una società alla quale viene notificato un avviso di accertamento con cui l’ente impositore, da un lato, nega ai fini delle imposte sui redditi la deduzione di una serie di costi non documentati e non di competenza, dall’altro disconosce ai fini Iva la detrazione dell’imposta assolta su costi promiscui, ossia imputati indistintamente alle due attività esercitate (gioco del bingo e ristorazione e parcheggio).
 
La Commissione provinciale accoglie parzialmente il ricorso di parte, confermando il recupero della tassazione sul reddito e annullando invece la contestazione Iva, poiché il criterio di ripartizione dei costi utilizzato, in particolare sulle spese inerenti il personale, era maggiormente rappresentativo in rapporto al volume d’affari, essendo il personale una variabile più adeguata rispetto agli altri costi sopportati (per affitto di locali, arredi e vigilanza).
 
Alla conferma dell’esito anche in appello, l’ente impositore si oppone, avanzando davanti al giudice di legittimità l’argomentazione inversa, ovvero che l’opzione per l’applicazione separata dell’imposta di cui all’articolo 36, comma 3, del Dpr n. 633/1972, presuppone in via esclusiva che si debba fare riferimento al criterio normativo incentrato sul bene o servizio promiscuo, al fine di individuare la parte di utilizzo di tale bene imputabile a ciascuna delle attività separate, onde poter poi legittimamente detrarre in dichiarazione annuale (secondo il pro-rata di determinazione) l’imposta correlata all’attività posta in essere.
Quello che rileva ai fini della detrazione ex articolo 19 del Dpr n. 633/1972 è, quindi, secondo la ricorrente, non l’imputazione in astratto ma quella concreta ed effettiva del costo promiscuo in relazione alla misura della sua concreta utilizzazione al servizio delle attività separate.
 
In relazione alla prospettata questione si premette che, ai sensi del comma 3 dell’articolo 36, nel caso in cui il contribuente eserciti la facoltà di optare per l’applicazione separata (facoltativa) dell’imposta in relazione alle diverse attività esercitate, la relativa detrazione spetta a condizione che vi siano due distinte contabilità ed è comunque esclusa per i beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente.
Il successivo comma 5 precisa che, ove l’imposta sia applicata separatamente per una determinata attività, la detrazione di cui all’articolo 19, se ridotta ai sensi del comma 3 dell’articolo 36 (in relazione alle operazioni esenti effettuate, come nel caso di specie per il gioco del bingo, ex articolo 10, comma 1, n. 6), Dpr n. 633/1972), è ammessa, per l’imposta relativa ai beni e ai servizi utilizzati promiscuamente, nei limiti della parte imputabile all’esercizio dell’attività medesima, ferma l’esclusione di cui sopra.
 
La decisione
La tesi di merito non ha convinto la sezione tributaria, che vuole invece la ripartizione dei costi, per la detraibilità del tributo Iva, basata su spese di beni ammortizzabili e, quindi, non del personale.
 
In particolare, la Suprema corte, nell’accogliere il ricorso del Fisco, ha correttamente rilevato che l’oggetto del contendere riguarda, in questa causa, la legittimità o l’illegittimità della detrazione d’imposta con esclusivo riferimento all’esercizio della facoltà di opzione per una gestione separata della contabilità.
Sennonché, nell’economia dell’articolo 36, comma 3, del Dpr n. 633/1972, ciò che rileva al fine della detraibilità dell’Iva è che la contabilità relativa alle diverse attività dell’impresa sia effettivamente separata (non soltanto opzionata) e che non si tratti di “beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente” (Cassazione, sentenze n. 23177/2010 e n. 3517/2002).
In difetto, tale destinazione utilizzata per tutte le attività svolte non deroga alle regole generali dell’articolo 19 sulla computabilità delle operazioni passive nell’ambito dell’attività per le cui esigenze siano state effettuate e contabilizzate, né rimuove la conseguenza a essa connessa, ossia l’indetraibilità dell’Iva per operazioni passive riferite ad attività non soggetta a tassazione (Cassazione, sentenza n. 8944/2003).
 
In ultima analisi, non può essere consentita la duplicazione della detrazione del tributo assolto sugli acquisti di beni destinati ad attività esente (il gioco del bingo) con quella conseguente alla destinazione ad attività imponibile (ristorazione e parcheggio), in virtù dell’opzione manifestata, come inopinatamente ha ritenuto il giudice del riesame, che ha fatto leva a tal fine su un inconferente criterio di rilevanza delle spese del personale.
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