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Giurisprudenza

Più cessioni infragruppo di azioni,
la minusvalenza non è deducibile

A seguito di un doppio passaggio di proprietà di pacchetti di quote senza una reale spiegazione logica e fiscale, è possibile qualificare le operazioni come elusive

due tazzine da caffè

L’intento perseguito con la doppia cessione era quello di rendere deducibile una minusvalenza che non si sarebbe creata ove ci fosse stato un unico passaggio con la conseguente applicazione del regime della partecipation exemption, che prevede la detassazione delle plusvalenze da partecipazione e l’irrilevanza fiscale delle minusvalenze.
A fornire questo principio è stata l’ordinanza della Corte di cassazione n. 3614 del 7 febbraio 2019.
 
I fatti di causa
La vicenda trae origine dalla notifica, da parte dell’Agenzia delle entrate, di un avviso di accertamento ex articolo 37 del Dpr 600/1973, alla società X Srl (in qualità di incorporante della società X Professionale Spa). L’atto impositivo contestava la deducibilità di una minusvalenza da cessione infragruppo di pacchetti azionari del valore di oltre 2 milioni di euro. In particolare, veniva attribuita alla minusvalenza la natura di un costo artificiosamente costituito, finalizzato a eludere il pagamento delle imposte.
 
La condotta elusiva era elaborata come di seguito.
La società X Professionale Spa, già Y Professionale Spa, possedeva una partecipazione del 60% nella Y Formazione Spa; quest’ultima, a sua volta, deteneva l’intero pacchetto azionario della Z Spa. A seguito della messa in liquidazione della Y Formazione Spa, le quote azionarie della Z Spa venivano assegnate ai soci, in proporzione delle rispettive partecipazioni. La società Y Formazione Spa conferiva a Y Professionale Spa una quota del 60% della azioni di Z Spa per un valore periziato di oltre 11 milioni di euro. Dopo circa tre mesi, la società Y Professionale Spa cedeva il medesimo pacchetto di azioni a Y Editore Spa (un’altra società del gruppo Y) al prezzo di 9 milioni di euro.
 
Ebbene, secondo l’ufficio, proprio dietro questa seconda cessione, era da ravvisarsi un intento elusivo, non sussistendo valide ragioni economiche alla base della sua effettuazione. La triangolazione sarebbe stata finalizzata esclusivamente a rendere deducibile la minusvalenza pari circa a 2 milioni di euro.
La minusvalenza non si sarebbe creata ove ci fosse stato un unico passaggio con la conseguente applicazione del regime della partecipation exemption, che prevede la detassazione delle plusvalenze da partecipazione. La doppia cessione aveva, infatti, reso artificiosamente inapplicabile il regime delle plusvalenze esenti, con la conseguenza che la minusvalenza, indeducibile in regime di partecipation exemption, era divenuta deducibile perché conseguita a seguito di una cessione di partecipazioni che non beneficiavano dell’esenzione.
 
Contro l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate, la società X Srl proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che lo rigettava.
A seguito di appello, i giudici di secondo grado accoglievano l’impugnazione e annullavano l’atto impositivo.
Contro la sentenza della Ctr, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso principale per cassazione.
La società X Srl ha resistito con controricorso, proponendo, nel contempo, ricorso incidentale.
 
Ragioni della decisione
L’Agenzia delle entrate ha adito la Corte di cassazione eccependo, in prima battuta, “violazione e falsa applicazione del Dpr n. 600/1973, articolo 37-bis, anche in combinato disposto con l’articolo 2697 cc, in relazione all’articolo 360 cpc, comma 1, n. 3”, e, in secundis, lamentando “insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 cpc, comma 1, n. 5”.
Il vizio di motivazione, ad avviso della Corte, ha comportato l’assorbimento delle questioni giuridiche prospettate nel primo motivo di ricorso principale.
 
La Corte ha ritenuto fondate le considerazioni dell’Agenzia delle entrate.
Innanzitutto, è stato ritenuto un elemento sintomatico dell’elusività dell’operazione infragruppo la circostanza che il doppio passaggio di proprietà del pacchetto di azioni avvenuto nell’ambito del medesimo gruppo (da Y Formazione a Y Professionale dapprima, da Y Professionale a Y Editore Spa poi) fosse privo di valide ragioni economiche idonee a giustificare la mancata effettuazione di un unico passaggio di proprietà delle azioni, direttamente da Y Formazione a Y Editore Spa.
Inoltre, l’ufficio, come precisato dai giudici di legittimità, ha evidenziato come il doppio passaggio di proprietà fosse finalizzato esclusivamente a rendere deducibile la minusvalenza di oltre 2 milioni, pari cioè alla differenza tra gli importi della prima e della seconda cessione (11.280.000 – 9.000.000).
 
Ricorrendo, tra gli altri, il requisito del possesso ininterrotto della partecipazione dal diciottesimo mese antecedente alla cessione di cui all’articolo 87 del Tuir, se la Y Formazione Spa avesse alienato direttamente il pacchetto azionario alla Y Editore Spa, si sarebbe dovuto applicare il regime Pex (partecipation exemption), che prevede la detassazione delle plusvalenze da partecipazione e, correlativamente, l’irrilevanza fiscale delle minusvalenze.
Tramite la doppia cessione, invece, in capo alla seconda cedente (Y Professionale) non si è concretizzato il requisito del possesso ininterrotto per diciotto mesi del pacchetto azionario (acquistato solo tre mesi prima); ne è conseguita l’inapplicabilità della disciplina Pex e, di conseguenza, l’applicazione del regime di deducibilità delle minusvalenze di cui all’articolo 101 del Tuir.
 
I giudici della Cassazione hanno ritenuto generica e lacunosa la motivazione della pronuncia della Commissione tributaria regionale, che aveva escluso la sussistenza di intenti elusivi nell’operato societario.
Del resto, aggiunge la Corte, i giudici di secondo grado non avevano nemmeno indicato quali ragioni avrebbero giustificato la considerevole svalutazione del pacchetto azionario effettuata dopo soli tre mesi dall’acquisto, dando così luogo alla minusvalenza dedotta.
La Corte ha, dunque, sottolineato il carattere elusivo della cessione infragruppo di azioni in quanto finalizzata ad aggirare la disciplina in tema di indeducibilità delle minusvalenze per le partecipazioni che rientrano nell’ambito di applicazione della Pex (articolo 87 del Tuir).
 
Va precisato che le minusvalenze su partecipazioni, in linea generale, sono deducibili dal reddito d’impresa, a eccezione di quelle derivanti dalla cessione di partecipazioni aventi i requisiti Pex di cui all’articolo 87 del Tuir, le quali sono invece integralmente indeducibili per la generalità dei soggetti Ires.
Ad avviso dei giudici, quindi, è stato reso artificiosamente inapplicabile il regime della partecipation exemption, con la conseguenza che la minusvalenza, che sarebbe stata indeducibile in regime Pex, è divenuta deducibile perché conseguita a seguito di una cessione di partecipazioni che non beneficiano dell’esenzione.
 
Le doglianze sollevate nel ricorso incidentale sono state assorbite dall’accoglimento del ricorso principale.
La Corte ha, pertanto, accolto il secondo motivo di ricorso principale dell’Agenzia, dichiarando assorbiti il primo motivo di ricorso principale e il ricorso incidentale; la sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale in diversa composizione.

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