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Giurisprudenza

Pochi euro per riparare un cellulare
non avallano inerenza e deducibilità

L’esiguità del costo per l’ordinaria manutenzione di un telefonino di proprietà di un soggetto diverso dalla società non è un buon motivo per abbassare l’imponibile

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Le spese sostenute per un bene di cui l’azienda non è proprietaria non sono deducibili dal reddito imponibile. La regola vale, anche se l’importo pagato è di ammontare esiguo, poiché la misura dell’onere sostenuto non può assumere rilievo ai fini della valutazione dell’inerenza del costo rispetto all’attività d’impresa.
Il principio si ricava dalla sentenza 23551, del 20 dicembre 2012, della Corte di cassazione.
 
Il fatto
La vicenda deriva dal ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che, rigettandone l’appello, confermava la decisione di primo grado di parziale annullamento di cinque avvisi di accertamento emessi a carico di due società in accomandita semplice e dei loro soci.
Tra i numerosi punti di gravame, l’ufficio finanziario contestava l’indeducibilità delle spese sostenute per la riparazione di un telefono cellulare non di proprietà della società, poiché costi non inerenti.
Sul punto, i giudici del secondo grado di merito avevano asserito che l’esiguità dell’importo avrebbe permesso di inquadrare la spesa tra quelle di ordinaria manutenzione e, in quanto tale, fiscalmente deducibile.
I giudici della Corte suprema, accogliendo sul punto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, hanno disposto la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto.
 
La decisione
L’oggetto della controversia riguarda il corretto inquadramento del criterio fiscale di inerenza quale elemento necessario ai fini della deducibilità di un costo di esercizio o, più in generale, di un componente negativo di reddito.
 
Nel caso concreto, una società aveva contabilizzato tra le spese di manutenzione ordinaria i costi sostenuti per la riparazione di un apparecchio di telefonia mobile di proprietà di un soggetto terzo.
In merito alla partecipazione del costo alla formazione del reddito imponibile, la società ne invocava la deducibilità in considerazione dell’esiguità dell’importo, che consentiva un pacifico inquadramento tra le spese di ordinaria manutenzione.
Diversamente, l’ufficio accertatore contestava la rilevanza fiscale della voce in oggetto perché costo non riferito all’attività d’impresa.
 
Il dettato normativo di riferimento, per l’individuazione della sussistenza del principio di inerenza ai fini dell’imposizione diretta, va ricercato nel comma 5 dell’articolo 109 del Tuir, secondo cui “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”.
È opportuno osservare che il principio in esame è un requisito indispensabile per la deducibilità di un componente negativo di reddito.
Più precisamente, a differenza delle altre condizioni normativamente previste, quali la competenza, l’oggettiva certezza e la determinabilità, che possono verificarsi anche successivamente al momento del sostenimento della spesa, l’inerenza sussiste (o non sussiste) sin dall’origine dell’effettivo sostenimento della spesa, senza possibilità di potersi realizzare in un momento successivo.
 
A parere dei giudici di legittimità, che sul punto confermano un oramai costante orientamento, affinché una voce di costo sia fiscalmente deducibile dal reddito imponibile, è necessario che il costo sia correlato, anche in senso ampio, all’impresa in quanto tale, “e cioè sia stato sostenuto al fine di svolgere un’attività potenzialmente idonea a produrre utili” (cfr Cassazione, pronuncia 16826/2007).
In altre parole, il principio dell’inerenza presuppone un’analisi preventiva atta a verificare il collegamento del singolo costo all’attività d’impresa, in un rapporto di causa-effetto per cui, a fronte del sostenimento del costo (che rappresenta la causa), sia possibile la realizzazione dell’attività (ossia l’effetto), da cui derivano redditi imponibili.
 
Alla stregua di tale principio di diritto, i giudici di legittimità hanno avallato la tesi dell’Amministrazione finanziaria, dichiarando certamente indeducibile, per difetto di inerenza, la spesa sostenuta per la riparazione di un bene “non di proprietà della società”, perché non funzionale alla formazione del reddito imponibile.
 
Al contempo, è erronea in punto di diritto l’affermazione dei giudici di merito, secondo cui l’esiguità dell’importo in contestazione permette tranquillamente di confermare che “si tratti di spese di ordinaria manutenzione che correttamente la società ha contabilizzato”.
A parere del Collegio di legittimità, “l’esiguità della spesa per l’ordinaria manutenzione di un apparecchio per la telefonia di proprietà di un soggetto diverso dalla società contribuente non può evidentemente assumere alcun rilievo ai fini della valutazione dell’inerenza di quel costo rispetto all’attività dell’impresa”, a nulla valendo la contabilizzazione tra i costi aziendali relativi alla manutenzione ordinaria.
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