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Giurisprudenza

Premi al personale più meritevole,
per gli eurogiudici fuori campo Iva

L’attribuzione a titolo gratuito dei buoni acquisto ai dipendenti è diretta a incrementare il loro rendimento e, quindi, il buon funzionamento e la redditività dell’impresa, per finalità non estranee ad essa

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Non rientra nell’ambito applicativo dell’articolo 26 della direttiva Iva una prestazione di servizi con cui un’impresa offre buoni acquisto ai suoi dipendenti, nell’ambito di un programma finalizzato a premiare i dipendenti più meritevoli. Questo il principio espresso dalla Corte di giustizia europea nella sentenza depositata oggi, 17 novembre 2022, relativa alla causa C-607/2020.
 
La fattispecie e le questioni pregiudiziali
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla controversia in commento verte sull’interpretazione dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva ed  oppone una società di diritto britannico appartenente ad un gruppo internazionale e che esercita le sue attività nel Regno Unito nel settore della fabbricazione di motori per aeromobili, all’amministrazione tributaria inglese in ordine a un accertamento fiscale ai fini dell’Iva a valle non dichiarata sul valore di buoni acquisto offerti ai suoi dipendenti, nell’ambito di un programma di riconoscimento dei meriti e di premiazione istituito dalla medesima.
Tale gruppo ha istituito un programma finalizzato a premiare i dipendenti più meritevoli ed efficienti.
In base al sistema di premi istituito, mentre un dipendente designato per un premio classificato al livello più elevato poteva beneficiare, a determinate condizioni, di un pagamento in contanti, un dipendente nominato per un premio classificato a un livello intermedio otteneva buoni acquisto, e un dipendente designato per un premio classificato al livello più basso riceveva un premio sotto forma di certificato di riconoscimento dei meriti.
Premesso che ai sensi del richiamato articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 2006/112 “sono assimilate a prestazioni di servizi a titolo oneroso le operazioni seguenti: la prestazione di servizi a titolo gratuito effettuata dal soggetto passivo per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa”, è sorta una controversia dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni.
Con tali questioni si chiede alla Corte Ue di valutare se l’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso che rientra nel suo ambito di applicazione una prestazione di servizi consistente, per un’impresa, nell’offrire buoni acquisto ai suoi dipendenti, nell’ambito di un programma da essa istituito, volto a gratificare e a premiare i dipendenti più meritevoli ed efficienti.

Le valutazioni della Corte Ue
L’articolo 26, paragrafo 1, della direttiva Iva assimila alcune operazioni nelle quali il soggetto passivo non percepisce alcun corrispettivo effettivo a prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso.
Lo scopo di tale disposizione consiste nel garantire la parità di trattamento fra il soggetto passivo che prelevi un bene o che fornisca servizi per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale ed il consumatore finale che si procuri un bene o un servizio dello stesso tipo.
Per il conseguimento di tale obiettivo, l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della direttiva impedisce che un soggetto passivo che abbia potuto detrarre l’Iva sull’acquisto di un bene destinato alla propria impresa possa sottrarsi al pagamento di tale imposta, prelevando il bene stesso dal patrimonio della propria impresa per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale, godendo in tal modo di indebiti vantaggi rispetto al consumatore finale che acquisti il bene pagando l’Iva.
Analogamente, l’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva impedisce che un soggetto passivo o il personale del medesimo ottengano in esenzione dall’imposta prestazioni di servizi fornite dal soggetto passivo stesso per le quali un singolo avrebbe dovuto pagare l’Iva.
Per stabilire se la prestazione consistente, per un’impresa, nell’offrire ai propri dipendenti buoni acquisto nell’ambito di un programma volto, in particolare, a premiare e a gratificare i dipendenti più meritevoli ed efficienti costituisca una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva, occorre valutare tutte le circostanze in cui essa si svolge e, in particolare la natura e gli obiettivi di tale programma.
Nel caso di specie, risulta che i premi classificati a un livello intermedio, erano stati concepiti allo scopo di incrementare il rendimento dei suoi dipendenti e, pertanto, di contribuire a una migliore redditività dell’impresa.
L’istituzione del programma sarebbe stata dunque dettata da considerazioni sul corretto svolgimento delle attività commerciali di tale impresa e alla ricerca di profitti aggiuntivi, essendo il vantaggio che ne derivava per i dipendenti solo accessorio rispetto alle esigenze dell’impresa. Infatti, rafforzando la motivazione dei dipendenti, tale programma avrebbe comportato effetti positivi in termini di rendimento e di redditività.
Inoltre, i buoni acquisto concretizzano il diritto dei dipendenti che ne beneficiano di ottenere beni o servizi da uno dei rivenditori al dettaglio.
Pertanto, l’ottenimento di un buono acquisto da parte di un dipendente designato nell’ambito del programma, per sua natura, costituisce un documento nel quale è incorporato l’obbligo assunto dai rivenditori al dettaglio di accettare tale buono acquisto, in luogo del denaro, al suo valore nominale.
Infine, la società, in quanto datore di lavoro, non interviene nella scelta dei prodotti o dei servizi effettuata dai dipendenti presso i rivenditori al dettaglio.
Nel caso in cui si dovesse prendere in considerazione unicamente l’utilizzo che ne viene fatto, si dovrebbe ritenere che i buoni acquisto rispondano all’uso privato dei dipendenti.
Tuttavia, l’attribuzione dei buoni acquisto non avviene in funzione dell’uso privato dei dipendenti, dato che questi ultimi non dispongono di mezzi per assicurarsi, con certezza, della possibilità di beneficiarne. Infatti, l’iniziativa della loro attribuzione spetta ad altri dipendenti dell’impresa e avviene sulla base di criteri strettamente professionali e unicamente quando i dipendenti designati sono considerati meritevoli di un premio classificato al livello intermedio dei premi, sulla base della graduazione dei premi.
Inoltre, l’attribuzione, da parte della società, dei buoni acquisto è effettuata senza remunerazione o corrispettivo da parte dei dipendenti beneficiari e il loro costo è sostenuto dalla stessa società.
Tale prestazione di servizi procura tuttavia a quest’ultima un vantaggio sotto forma di prospettiva di incrementare il suo fatturato, grazie alla maggiore motivazione dei suoi dipendenti e, di conseguenza, a un aumento del loro rendimento.
Il vantaggio personale che il dipendente ne trae risulta dunque soltanto accessorio rispetto alle esigenze dell’impresa.
Sulla base di tali elementi e fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, la Corte Ue osserva che l’attribuzione a titolo gratuito dei buoni acquisto ai dipendenti designati nell’ambito del programma è finalizzata ad incrementare il rendimento dei suoi dipendenti e, quindi, il buon funzionamento e la redditività dell’impresa.
Pertanto, tale prestazione di servizi non è effettuata per fini estranei all’impresa e, quindi, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva.
Inoltre, tenuto conto che i rivenditori al dettaglio dichiarano l’Iva a valle sul valore dei buoni acquisto, la Corte ritiene che, nei limiti in cui la prestazione di servizi consistente, per la società, nell’offrire ai suoi dipendenti buoni acquisto nell’ambito di un programma volto, in particolare, a premiare e a gratificare i dipendenti più meritevoli ed efficienti non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), il principio di neutralità fiscale non risulti violato.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che non rientra nel suo ambito di applicazione una prestazione di servizi consistente, per un’impresa, nell’offrire buoni acquisto ai suoi dipendenti, nell’ambito di un programma da essa istituito, volto a gratificare e a premiare i dipendenti più meritevoli ed efficienti.

Data sentenza
17 novembre 2022

Numero sentenza
Causa C 607/2020

Nome delle parti
GE Aircraft Engine Services Ltd
contro
The Commissioners for His Majesty’s Revenue and Customs

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