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Giurisprudenza

Prestazioni agli associati senza Iva
anche con prestazioni fornite a terzi

Per il Collegio lussemburghese, la normativa belga contrasta con l’agevolazione prevista dalla sesta direttiva Ue che non pone la condizione di attività esclusiva a favore dei membri dell’organizzazione

banconote

Secondo la Corte di giustizia, la normativa Iva belga contrasta con il diritto europeo nella misura in cui subordina la concessione dell’esenzione dall’Iva alla condizione che le associazioni di persone forniscano servizi esclusivamente ai loro membri, il che comporta che associazioni di tale tipo che forniscono servizi anche a chi non è membro siano integralmente soggette all’imposta, anche per i servizi prestati ai loro associati (causa C-400/2018).
 
I fatti
Un’associazione belga, specializzata nell’informatica ospedaliera, forniva, da un lato, prestazioni di servizi informatici ospedalieri agli ospedali a essa affiliati in qualità di membri e, dall’altro, prestazioni di servizi a soggetti non membri.
Successivamente, concludeva con una società un accordo di cooperazione al fine di sviluppare in comune, ma su incarico dell’associazione, applicazioni software nuove o innovative per gli ospedali affiliati a quest’ultima in qualità di membri.
L’associazione non aveva richiesto la registrazione come soggetto passivo Iva, in quanto riteneva di non poter essere considerata tale o, quantomeno, di poter beneficiare dell’esenzione prevista dalla legge belga.
 
Il procedimento amministrativo
L’amministrazione fiscale, al contrario, riteneva che i servizi resi reciprocamente tra l’associazione e la società dovessero essere assoggettati a Iva, con conseguente notifica di un’intimazione di pagamento.

Il processo in Belgio
L’associazione provocava, pertanto, il contenzioso avanti al Tribunale di primo grado di Bruges, che conformava la propria decisione alla prospettazione del fisco nazionale.
La vertenza giungeva, allora, alla Corte d’appello di Gand, che, pur dichiarando che la contribuente non potesse avvalersi dell’esenzione Iva, affermava tuttavia che quest’ultima, in qualità di soggetto passivo misto, aveva titolo per avviare un’azione di restituzione contro lo Stato belga.
L’amministrazione fiscale ha, quindi, proposto ricorso per cassazione, dinanzi alla Corte di cassazione del Belgio.
Tale giudice di ultima istanza, a seguito di annullamento della sentenza, dapprima ha rinviato la causa alla Corte d’appello di Anversa e, poi, a seguito degli interrogativi posti da quest’ultimo Collegio, ha ritenuto dirimente reperire la corretta interpretazione del diritto europeo.
 
La questione pregiudiziale
In particolare, la Corte di cassazione belga, prefigurando un possibile contrasto della normativa nazionale con la legislazione sovranazionale, sospeso il procedimento, ha sottoposto alla Corte la questione pregiudiziale che segue:

  • se l’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f), della sesta direttiva, attualmente divenuto articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva Iva, debba essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri di collegare all’esenzione in esso prevista una condizione di esclusività, ai sensi della quale un’associazione autonoma che presta servizi anche a soggetti non membri è assoggettata integralmente all’Iva anche per i servizi prestati ai suoi membri.

La sentenza

La Corte di giustizia premette che, in forza dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f), della sesta direttiva, gli Stati membri esonerano le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone, che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, qualora tali associazioni si limitino a esigere dai loro membri il rimborso esatto della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che detta esenzione non sia tale da provocare distorsioni della concorrenza.
Peraltro, secondo costante giurisprudenza, i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, ma in maniera conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni.
 
L’esenzione per i servizi prestati agli estranei all’associazione
Secondo gli eurogiudici, per quanto concerne la formulazione dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f), della sesta direttiva, l’esenzione prevista da tale disposizione riguarda le prestazioni di servizi effettuate dalle associazioni autonome di persone a beneficio dei loro membri ma, per contro, da questa formulazione non risulta che le prestazioni di servizi che associazioni di tale tipo forniscono ai loro membri siano escluse dalla suddetta esenzione qualora tali associazioni forniscano, inoltre, servizi anche a chi non è membro.
Pertanto, inferisce la Corte, sebbene, ai sensi di tale disposizione, detta esenzione possa essere concessa solo per le prestazioni di servizi fornite dalle associazioni autonome di persone ai loro membri, dalla sua formulazione non si può evincere che essa possa essere applicata solamente se tali associazioni sono tenute a fornire servizi esclusivamente agli associati.
Né a diversa conclusione può giungersi alla luce del contesto o degli scopi della norma europea in analisi.
Infatti, proseguono i togati Ue, le disposizioni dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, della sesta direttiva hanno, nel loro insieme, la finalità di esentare dall’Iva determinate attività di interesse pubblico, al fine di agevolare l’accesso a determinate prestazioni nonché la fornitura di determinati beni evitando i maggiori costi che deriverebbero dal loro assoggettamento all’Iva.
 
Il caso belga
Secondo la legge belga, invece, l’esenzione dall’Iva prevista all’articolo 13 più volte richiamato è sistematicamente negata per le prestazioni di servizi fornite dalle associazioni autonome di persone ai propri membri, qualora esse forniscano prestazioni di servizi anche a chi non è membro, in quanto l’insieme delle prestazioni è soggetto all’Iva.
Ma, osserva la Corte, sebbene un’associazione autonoma di persone come quella del caso in questione fornisca prestazioni di servizi anche a non associati, ciò non toglie che le prestazioni di servizi che essa fornisce ai propri membri contribuiscano direttamente all’esercizio delle attività di interesse pubblico di cui alla suddetta disposizione.
Di conseguenza, negare il beneficio a un’associazione autonoma di persone che soddisfa tutte le condizioni previste dalla disposizione agevolativa, per il solo fatto che la stessa fornisce prestazioni di servizi anche a chi non è membro, avrebbe l’effetto di limitare l’ambito di applicazione della suddetta disposizione, escludendo dall’esenzione prestazioni fornite ai propri membri, limitazione che non è confermata dalla finalità della direttiva.

Dunque, chiosa la Corte, alla luce del tenore letterale e della finalità del su richiamato articolo 13, l’esenzione dall’Iva ivi prevista non è soggetta alla condizione che le prestazioni di servizi in questione siano offerte esclusivamente agli associati.
 
Il rispetto del principio della concorrenza
La Corte, alla luce della propria giurisprudenza, ricorda, poi, che la concessione dell’esenzione dall’Iva deve essere negata ove esista un rischio reale che essa possa provocare di per sé, nell’immediato o in futuro, distorsioni della concorrenza.
Tuttavia, osservano i giudici europei, è proprio questo l’effetto della disposizione nazionale censurata, che stabilisce una presunzione generale relativa all’esistenza di una distorsione della concorrenza e limita, in generale, l’ambito di applicazione dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f), della sesta direttiva, escludendo dal beneficio prestazioni fornite dalle associazioni autonome di persone ai loro membri, qualora forniscano servizi anche agli esterni, mentre, questi ultimi servizi non rientrano nell’ambito di applicazione di tale esenzione e devono pertanto essere assoggettati all’Iva.
 
Conclusioni
L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera f), della sesta direttiva 77/388/Cee deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che subordina la concessione dell’esenzione dall’Iva alla condizione che le associazioni autonome di persone forniscano servizi esclusivamente ai loro membri, il che comporta che, in caso di prestazioni a soggetti diversi da questi, vengano sottoposte integralmente a imposta anche quelle fornite ai propri membri.
 
 
Data della sentenza
20 novembre 2019
 
Numero della causa
C-400/2018
 
Nome delle parti
Infohos
contro
Regno del Belgio

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