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Giurisprudenza

Procedimento cautelare Audizione necessaria, ma il processo va avanti

E’ il giudice d’appello a dover decidere nel merito. Errato rinviare gli atti in primo grado

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Nell’ambito del procedimento originato dall’istanza dell’agenzia delle Entrate di sequestro conservativo di beni di proprietà del “debitore” (articolo 22 del Dlgs 472/1997), la mancata audizione delle parti in primo grado costituisce un error in procedendo che inficia la validità del provvedimento adottato. Tuttavia il giudice di appello non deve rinviare gli atti in primo grado, ma trattenere la causa e deciderla nel merito (Cassazione, sentenza n. 7342 del 19 marzo 2008).
Svolgimento del processo
A fronte del ricorso presentato dall’agenzia delle Entrate, ex articolo 22 del Dlgs 472/1997 (ipoteca e sequestro conservativo), regolarmente opposto dal contribuente, la Commissione provinciale aveva autorizzato l’ufficio procedente ad applicare le misure cautelari richieste, decidendo in camera di consiglio, senza ammettere le parti alla discussione.
Di tale circostanza si lagnava la controparte in appello e il giudice di secondo grado, ritenendo che la mancata audizione costituisse violazione del principio del contraddittorio, aveva disposto il rinvio degli atti al primo giudice, in ossequio all’articolo 59 del Dlgs 546/1992.

Conseguentemente, l’Amministrazione impugnava in Cassazione tale sentenza sostenendo

 

  • la violazione e falsa applicazione della norma che disciplina i casi di rimessione della causa in primo grado
  • l’inammissibilità dell’appello del contribuente in quanto basato su un motivo di rito che, anche se accolto, non determinava la retrocessione del giudizio.

Il contribuente, da parte sua, resisteva con controricorso eccependo

  • in via preliminare, l’inammissibilità del mezzo di gravame proposto dall’Amministrazione in quanto le norme del Codice di procedura civile sulle misure cautelari (articoli 669-bis e seguenti) lo escludono nei confronti dei provvedimenti pronunciati a seguito di reclamo
  • che aveva sviluppato nell’appello proposto critiche alla sentenza sia di rito che di merito.

Decisione delle questioni
La Corte ha risolto in senso positivo la questione preliminare dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, evidenziando che, nel silenzio della norma dell’articolo 22 del Dlgs 472/1997, sulle modalità di impugnazione dei provvedimenti pronunciati sulle richieste di misure cautelari, va ritenuto che, poiché i provvedimenti de quibus vengono espressamente qualificati “sentenza”, essi non possono che essere sottoposti agli ordinari mezzi d’impugnazione.

Invece, è stata risolta in senso negativo la questione proposta dall’Agenzia, circa l’inammissibilità dell’appello del contribuente per aver questi eccepito solo una questione di rito, insuscettibile di risolvere la controversia, in quanto emergeva dalla sentenza di secondo grado che in realtà il contribuente avesse proposto anche questioni di merito.

Prima di affrontare la questione controversa principale della correttezza o meno della rimessione al giudice di primo grado, la Suprema corte ha ritenuto opportuno sottolineare che la mancata audizione delle parti da parte del giudice di primo grado costituisce un errore in procedendo che inficia la validità del provvedimento adottato.
Infatti, è stato osservato che “benché il D. Lgs. N. 472 del 1997, art. 22, prescriva espressamente la previa audizione delle parti solo in relazione alla decisione del collegio in esito al reclamo avverso il Decreto presidenziale emesso inaudita altera parte, non sembra dubitabile che tale audizione debba aver luogo (pur in assenza di preventiva richiesta delle parti di trattazione in pubblica udienza D. Lgs. N. 546 del 1992, ex art. 33), anche nell’ipotesi, ordinaria, in cui l’istanza cautelare venga direttamente sottoposta alla cognizione del collegio” e che “…deve, infatti ritenersi che la mancata esplicita prescrizione della previa audizione delle parti in merito alla trattazione dell’istanza cautelare direttamente sottoposta alla cognizione del collegio costituisce mera lacuna legislativa, frutto d’imperfetta formulazione e, peraltro, agevolmente colmabile in funzione sistematica”.

Il giudice di legittimità ha rinvenuto ragioni che depongono in ordine a questa soluzione, sia da un punto di vista razionale, in quanto sarebbe ingiustificato un trattamento diversificato tra le istanze esaminate dal presidente e quelle esaminate dal collegio, sia da un punto di vista sistematico, in quanto in materia di tutela cautelare del contribuente il decreto sul contenzioso dispone che il collegio decide “sentite le parti in camera di consiglio”.

Pur rilevando, quindi, la violazione di una norma procedurale da parte del giudice di primo grado, la Corte ha, tuttavia, ritenuto che il ricorso dell’Agenzia dovesse essere accolto in considerazione del fatto che il giudice di secondo grado aveva errato a rinviare gli atti ai primi giudici.
Infatti, la norma utilizzata per il rinvio, l’articolo 59, comma 1, lettera b), del Dlgs 546/1992, può essere applicata inderogabilmente solo “quando il processo non si sia efficacemente svolto, per non avervi partecipato, o per non essere stati messi in grado di parteciparvi, tutti i legittimi contraddittori”.
Pertanto, la mancata audizione delle parti nel procedimento cautelare “comporta, invece, solo la necessità che il giudice d’appello che lo rilevi vi ponga rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito”.

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