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Giurisprudenza

Una pronuncia acritica non appaga,
la Ctr deve argomentare meglio

Non è legittimo, e le norme in materia lo confermano, l’aggancio a una precedente decisione quando il giudice non spiega, seppur in breve, il perché della condivisione

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La motivazione di una sentenza che operi un rinvio per relationem ad altra pronuncia è legittima quando la stessa motivazione non si limita alla mera indicazione della fonte di riferimento, ma ne riproduce i contenuti mutuati e questi diventano oggetto di autonoma valutazione critica, così da consentire la verifica della compatibilità logico-giuridica dell’innesto motivazionale.
Ribadendo questa regola di principio, la sentenza della Cassazione 3340 del 12 febbraio ha accolto un ricorso dell’Agenzia, annullando la pronuncia di una Commissione tributaria regionale motivata mediante semplice e acritico rinvio ad altra sentenza, neppure esattamente individuata.

La vicenda e il ricorso in Cassazione
La Commissione tributaria provinciale di Modena accoglieva parzialmente il ricorso proposto da una società avverso l’avviso di accertamento, relativo all’anno 1997, con il quale erano state recuperate a tassazione somme dovute dall’ente per Irpeg e Ilor.
L’ufficio proponeva appello al quale il contribuente resisteva, prestando acquiescenza ad alcuni rilievi operati con l’accertamento, limitando quindi la materia del contendere di secondo grado a due sole questioni: interessi su finanziamenti effettuati a favore di altra società e costi non inerenti e non documentati.
 
Con sentenza 61/16/2006, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna rigettava il ricorso dell’ufficio rilevando, a conferma del primo decisum, che la vendita di beni operata dalla società contribuente a beneficio di altra società era finalizzata a consentire a quest’ultima di poter operare sul mercato, ritenendo quindi che non si trattasse di finanziamento occulto ma di attività commerciale anche se antieconomica.
 
L’Agenzia delle Entrate ricorreva in sede di legittimità, deducendo tre motivi.
In particolare, denunciava violazione e falsa applicazione delle regole del Tuir sulla tassabilità degli interessi maturati su somme derivanti da finanziamenti occulti o non sorretti da logica economica.
Su questo specifico punto, l’Agenzia lamentava che il collegio tributario d’appello non aveva minimamente palesato il proprio convincimento, essendosi limitato – solo ed esclusivamente – a richiamare una sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano e a ritenerla genericamente condivisibile.

La pronuncia
La Cassazione, con sentenza 3340 dello scorso 12 febbraio, ha accolto il descritto motivo di ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza impugnata e rinviando la controversia alla medesima Commissione regionale emiliana per il proseguimento del contenzioso.
Il Collegio di legittimità ha osservato, al riguardo, che la Ctr aveva escluso la presunzione di fruttuosità, ritenendo legittimo l’annullamento dei recuperi per interessi su finanziamenti occulti statuito dai giudici di primo grado, “in quanto le deduzioni al riguardo sono contrarie all’interpretazione delle norme richiamate e soprattutto della giurisprudenza ormai consolidata sul punto (vedi per tutte CTP Milano n. 278/2000)”.
In ordine all’affermazione appena riportata, i giudici della Corte suprema hanno osservato che la motivazione di una sentenza che operi un rinvio per relationem ad altra pronuncia è legittima quando la motivazione stessa non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento, essendo invece necessario “che vengano riprodotti i contenuti mutuati, e che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica, in maniera poi da consentire anche la verifica della compatibilità logico-giuridica dell’innesto motivazionale (Cass. SS.UU., 4.06.2008, n. 14814)”.
 
Di qui – sul rilievo che nel caso concreto i giudici della Ctr avevano fatto rinvio a una sentenza di altra Commissione tributaria non solo emessa in altro giudizio, ma anche richiamata con la sola indicazione del numero e dell’anno, senza l’indicazione della sezione (elemento quest’ultimo essenziale in quanto, come noto, la numerazione delle sentenze tributarie di merito viene operata per ciascuna sezione e non per singola Commissione) – i giudici di legittimità hanno ritenuto il rinvio in questione “doppiamente illegittimo, posto che il ricorrente non può essere obbligato alla ricerca di elementi extraprocessuali”, cassando la pronuncia impugnata, con rinvio alla medesima Commissione regionale.

Osservazioni
L’articolo 36 del Dlgs 546/1992 prevede al comma 2 – con una formulazione sostanzialmente coincidente con quella dell’articolo 132 cpc – che la sentenza emessa all’esito del giudizio tributario di merito deve contenere, tra l’altro: “2) la concisa esposizione dello svolgimento del processo;… 4) la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto…”.
L’articolo 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, applicabile al processo tributario in virtù del generale rinvio alle norme del codice di rito civile, contenuto nell’articolo 1 del Dlgs 546/1992, stabilisce tra l’altro che la motivazione della sentenza “consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”.
 
Le norme richiamate costituiscono nel loro insieme attuazione, anche nel processo tributario, del principio costituzionale espresso nell’articolo 111 della Carta della Repubblica, secondo il quale “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”.
Per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la mancata esposizione dello svolgimento del processo e l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza “allorquando rendono impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo (cfr. Cass. nn. 2711/1990, 5101/1999, 3282/1999, 1994/2001)” (Cassazione, pronuncia 15189/2010).
Secondo quest’ultima decisione, inoltre, la sentenza deve essere anche “autosufficiente”, nel senso che “solo dalla lettura della stessa e non aliunde sia possibile rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto che stanno alla base della decisione”.
 
Proprio sulla base di questi presupposti, la sentenza in esame ha pertanto ribadito che, per rispettare i parametri normativi in tema di motivazione della sentenza, il rinvio per relationem ad altra pronuncia “è perfettamente legittimo e giustificato da un’economia di scritture, ma il Giudice rinviante non può limitarsi ad un generico richiamo…, ma deve citarne i contenuti o riportarne i passaggi fondamentali”.
 
Sul punto, con specifico riferimento alle ipotesi in cui il giudice di secondo grado faccia rinvio alla pronuncia del grado precedente, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione della seconda sentenza che contenga espliciti riferimenti a quella di primo grado, facendone proprie le argomentazioni in punto di diritto, è da ritenersi legittima “a condizione che il Giudice del gravame, sia pur sinteticamente, fornisca, comunque, una risposta alle censure formulate, nell’atto di appello e nelle conclusioni, dalla parte soccombente, risultando così appagante e corretto il percorso argomentativo desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle due sentenze (da ultimo, Cass. 3636/07)” (Cassazione, sentenza 16841/2008).
 
Infine, è stato anche chiarito che la motivazione di una sentenza d’appello per relationem ad altra sentenza non è legittima e quindi deve essere cassata “allorquando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che all’affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame” (Cassazione, sentenza 297/2010).
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