La Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, con la pronuncia n. 1552 del 25 maggio 2023, ha stabilito che la produzione di nuovi documenti in appello è possibile, fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, anche se non sussiste l’impossibilità per le parti di produrli in primo grado. Detto termine è perentorio ed è rilevabile d'ufficio dal giudice anche nel caso di rinvio meramente interlocutorio dell'udienza o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva.
Un contribuente impugnava un’intimazione di pagamento, notificata nel 2014, consequenziale ad una cartella di pagamento, notificata nel 2003, relativa, tra l’altro, ad Irap ed Iva, tutti tributi di competenza della fine degli anni ’90 del secolo scorso.
La Ctp di Catania, adita dal contribuente, accoglieva il ricorso, ritenendo fondato il motivo riguardante l'intervenuta prescrizione, in quanto l'atto impugnato risultava notificato oltre il termine di prescrizione della presupposta cartella esattoriale.
L’agente della Riscossione siciliano interponeva gravame, evidenziando che risultava intervenuto un atto interruttivo della prescrizione, in quanto, nel 2012, era stata notificata un’ulteriore intimazione di pagamento, a mani del contribuente. Nel merito, l’ente rilevava la definitività della pretesa impositiva, in quanto ogni questione relativa alla cartella di pagamento avrebbe dovuto costituire oggetto di opposizione da svolgersi avanti la Commissione tributaria competente, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica della stessa. Il contribuente, tuttavia, contestava la produzione documentale offerta in sede di gravame dall’ente, in quanto inammissibile e priva di ogni valenza probatoria. In ogni caso, eccepiva la prescrizione quinquennale per l'Iva, l’Irap e le sanzioni.
La decisione dei giudici siciliani
Il Collegio siciliano accoglie l’appello dell’ente, evidenziando che, contrariamente alla prospettazione del contribuente ed a mente della più recente giurisprudenza di legittimità, è ammissibile la produzione documentale effettuata dalla parte appellante nel secondo grado di giudizio.
In questo senso, la Suprema corte ha chiarito che "nell'ambito del processo tributario, l'art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti posti dall'art. 345 c.p.c., ma tale attività processuale va esercitata - stante il richiamo operato dall'art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado - entro il termine previsto dall'art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, con l'osservanza delle formalità di cui all'art. 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi previsto a pena di decadenza, rilevabile d'ufficio dal giudice anche nel caso di rinvio meramente interlocutorio dell'udienza o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva" (cfr. Cassazione n. 29087/2018). La descritta possibilità è consentita "anche quando non sussista, pertanto, l'impossibilità di produrli in primo grado, ovvero si tratti di documenti già nella disponibilità delle parti" (cfr Cassazione n. 8089/2023, n. 17164/2018, n. 8927/2018 e n. 27774/2017).
Pertanto, la Corte di seconde cure osserva che, dalla produzione documentale effettuata dall’ente, effettivamente emergeva un’ulteriore intimazione di pagamento notificata nel 2012.
Sul punto, non è decisivo che l’agente della Riscossione abbia prodotto unicamente una ricevuta di ritorno postale, da cui non risulterebbe chiaramente che tale intimazione si riferisse alla cartella di pagamento, notificata nel 2003. Difatti – spiega la Cgt siciliana - è onere della parte che contesta la notifica fornire la prova contraria, cosa che non risulta avvenuta nel caso di specie.
Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "in tema di notifica della cartella di pagamento mediante raccomandata, la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall'avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell'art. 1335 c.c., in conformità al principio di cd. vicinanza della prova, la conoscenza dell'atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova" (cfr Cassazione n. 16528/2018). Quindi, non possono essere mossi rilievi avverso il contenuto della cartella di pagamento non impugnata, essendosi determinato il consolidamento della pretesa fiscale e non potendo essere più messa in discussione l'esistenza dell'obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà soggezione che è proprio del rapporto tributario.
Da quanto precede, la Corte adita conclude per la tempestiva interruzione dei termini di prescrizione, con riferimento alle somme dovute a titolo di Iva ed Irap. In questo senso, la Corte di legittimità si è espressa in plurime occasioni, chiarendo che "il diritto alla riscossione dei tributi erariali … in mancanza di un'espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d'imposta” (cfr Cassazione n. 32308/2019 e n. 15244/2020).
Conclusioni
Il principio di diritto esposto, relativo al deposito documentale in sede di gravame e ribadito di recente dalla Corte di cassazione, risulta espresso anche dalla giurisprudenza di merito.
In un’occasione, di particolare interesse ai fini che ci occupano (sentenza n. 1214/2018), la Ctr Toscana ha precisato che, tuttavia, la facoltà di produzione documentale in appello, sempre ammissibile – come esposto - ex articolo 58 Dlgs n. 546/1992, subisce un temperamento per effetto dell’applicazione dell’articolo 32 Dpr n. 600/1973, che rende sostanzialmente inutilizzabili i documenti non forniti in sede pre-contenziosa.
Pertanto, i documenti presentati in appello dal contribuente, se richiesti dall’ufficio in fase di accertamento, con il preciso avviso che gli stessi non sarebbero stati opponibili nelle fasi del giudizio all’Amministrazione finanziaria, rimangono inammissibili.