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Giurisprudenza

Le provvigioni passive si deducono al momento della conclusione del contratto

La pronuncia appare in sintonia con i più recenti documenti di prassi emanati dalle Entrate in tema di individuazione del periodo nel quale imputare i compensi corrisposti all’agente

aula cassazione
Le provvigioni passive corrisposte all’agente di commercio sono deducibili dal reddito d’impresa del preponente al momento della conclusione del contratto con il terzo. Il compenso può essere dedotto dalla casa madre solo in presenza delle condizioni di esistenza certa e oggettiva determinabilità previste dall’articolo 109, comma 1, del Tuir (articolo 75, nella formulazione in vigore fino al 31 dicembre 2003).
Con la recente sentenza 6 giugno 2007, n. 13220, la sezione tributaria della Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione dell’esatta individuazione dell’esercizio nel quale imputare i compensi dovuti dal preponente all’agente per l’attività di intermediazione svolta con soggetti terzi.

La controversia sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità trae origine da un avviso di accertamento con il quale veniva rettificato il reddito d’impresa, ai fini Ilor e Irpeg, dichiarato da una società per un determinato periodo d’imposta.
In particolare, con il predetto atto impositivo venivano recuperati a tassazione diversi componenti positivi del reddito d’impresa non dichiarati e, nel contempo, venivano disconosciuti alcuni componenti negativi dedotti dalla società contribuente.
Più precisamente, per quanto interessa in questa sede, venivano considerati non deducibili alcune provvigioni passive dedotte nell’esercizio in cui erano andati a buon fine i contratti posti in essere con il terzo anziché nell’esercizio in cui i medesimi contratti erano stati conclusi.

A seguito della pronuncia dei giudici di appello che riconosceva la legittimità delle deduzioni operate dalla società preponente, l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in cassazione evidenziando la fondatezza del rilievo contenuto nell’avviso di accertamento e che, quindi, le provvigioni passive erano deducibili nel periodo d’imposta in cui si verificano le condizioni di certezza e di oggettiva determinabilità ai sensi dell’articolo 75, comma 1, del Tuir (ora articolo 109, comma 1).

I giudici di legittimità, dopo aver evidenziato che la risultanza dei compensi corrisposti a terzi costituisce una condizione imprescindibile per la loro deduzione dal reddito d’impresa, hanno in sostanza affermato che le provvigioni vanno imputate all’esercizio in cui sono divenute certe, ovvero (in condizione normali) al momento della conclusione del contratto cui la provvigione inerisce.

La recente sentenza n. 13220/2007 appare in sintonia con i più recenti documenti di prassi emanati dall’Agenzia delle entrate sul problema della individuazione del periodo d’imposta nel quale dedurre le provvigioni passive.
In particolare, con la risoluzione n. 115/E del 2005, è stato affermato che la deducibilità delle provvigioni passive è correlata al momento di effettuazione della prestazione dell’agente. Si deve quindi ritenere ultimata la prestazione alla data in cui si conclude il contratto tra il preponente e il terzo: in tale momento si deve considerare conclusa la prestazione da parte dell’agente, atteso che il suo obbligo è, ai sensi dell’articolo 1742 del Codice civile, quello di “promuovere … la conclusione di contratti”.
In tale momento, inoltre, la provvigione, non solo origina da una prestazione ultimata, ma soddisfa anche i requisiti di “esistenza certa ed oggettiva determinabilità” richiesti dall’articolo 109, comma 1, del Tuir, ai fini dell’individuazione del momento temporale di imputazione a reddito dei componenti positivi e negativi.
Pertanto, sempre secondo la risoluzione n. 115/2005, l’impresa preponente potrà procedere alla deduzione del costo per le provvigioni passive nell’esercizio in cui stipula il contratto promosso dall’agente.

Con successiva risoluzione n. 91/E del 2006, l’Agenzia delle entrate è tornata a occuparsi della questione fornendo ulteriori chiarimenti sulla deducibilità delle provvigioni passive nell’ipotesi in cui la consegna o spedizione dei beni oggetto del contratto avvenga in un periodo d’imposta non coincidente con quello in cui viene concluso il contratto tra il preponente e il terzo (ipotesi che normalmente si verifica a cavallo d’anno).
In tali situazioni, la risoluzione n. 91/2006 sottolinea che "il generale principio della competenza di cui all’articolo 109, comma 2 del TUIR, deve essere applicato in combinazione con il corollario della correlazione, secondo cui i costi devono essere correlati con i ricavi dell'esercizio".
Sotto tale profilo, il documento di prassi evidenzia inoltre - conformemente agli orientamenti espressi nella nota n. 9/2940 del 22 ottobre 1981 e nelle risoluzioni del 5 marzo 1998, n. 14/E, e del 2 giugno 1998, n. 52/E - che è necessario individuare, in via preliminare, la competenza dei ricavi per poi permettere la deduzione, nello stesso periodo di imposta, dei costi a essi relativi. Pertanto, essendo il principio di correlazione intrinseco in quello di competenza, al fine di individuare correttamente il principio di competenza fiscale di cui al citato articolo 109 del Tuir, non si può prescindere dal concetto di correlazione civilistico-contabile tra produzione del reddito e costi correlati.

Sul punto, infine, si rileva che la Suprema corte, con la sentenza n. 11213 del 30 luglio 2002, ha affermato che le spese costituite dalle provvigioni corrisposte all’agente devono intendersi sostenute alla data in cui l’agente ha ultimato la parte di prestazione cui si riferisce quel determinato pagamento, e vanno quindi imputate temporalmente all’esercizio in corso a quella stessa data, indipendentemente da quella della fatturazione da parte dell’agente e da quella dell’effettivo pagamento in suo favore.
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