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Giurisprudenza

Con il pvc, stop alla prescrizione
a prescindere dal suo destinatario

Non occorrono comunicazioni ad hoc, l’interruzione dei termini per i controlli riguarda tutti i contribuenti coinvolti, anche se non protagonisti diretti del verbale della Gdf

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Il processo verbale di constatazione a mezzo del quale venga rilevata una fattispecie configurante un reato tributario è idoneo a interrompere la prescrizione anche se redatto nei confronti di soggetto diverso dall’indagato effettivo destinatario del verbale.
La causa interruttiva ha infatti carattere oggettivo, impersonale e non ricettizio: ciò che rileva, pertanto, è che gli uffici finanziari o la Guardia di finanza prendano cognizione dell’esistenza di un reato.
A fornire questa interpretazione è la terza sezione penale della Corte suprema, con la sentenza 19358 dello scorso 11 maggio.
 
Vicenda processuale
Il rappresentante legale di una società veniva indagato per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2, Dlgs 74/2000). Nel corso del procedimento penale, il gip disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente su taluni beni di proprietà dell’indagato.
Il Tribunale del riesame, annullando il predetto provvedimento cautelare, riteneva che il reato ipotizzato con riferimento al periodo d’imposta 2007 e consumato con l’invio della dichiarazione in data 28 settembre 2008, dovesse ritenersi prescritto (il 28 settembre 2014), non essendo intervenuto alcun atto interruttivo nel termine prescrizionale (di sei anni al tempo del delitto).
Nella vicenda in oggetto l’unico pvc notificato era stato redatto nei confronti del soggetto che aveva emesso le false fatture e non nei confronti dell’indagato utilizzatore delle stesse; pertanto, in accoglimento della tesi difensiva, il Tribunale del riesame aveva ritenuto non interrotta la prescrizione, trattandosi di pvc relativo a un reato commesso da un soggetto diverso dal destinatario.
 
Avverso l’annullamento del provvedimento cautelare proponeva ricorso per cassazione il pubblico ministero, denunciando l’erronea applicazione dell’articolo 17 del Dlgs 74/2000 e sostenendo come le cause interruttive della prescrizione abbiano natura oggettiva, impersonale e non ricettizia, e che dunque, ai fini dell’interruzione della prescrizione, è sufficiente che prima della scadenza del termine prescrizionale ordinario il fatto di reato addebitato a un determinato soggetto venga accertato.
E difatti, nel caso di specie, il verbale emesso a carico del soggetto emittente le fatture per operazioni inesistenti conteneva il contemporaneo accertamento anche del reato commesso da ciascuno degli utilizzatori della fatture (tra cui anche l’indagato), ex articolo 2 del Dlgs 74/2000, nei confronti dei quali, dunque, il reato non era da ritenersi prescritto.
 
La pronuncia della Cassazione
I giudici di legittimità, con la sentenza 19358/2015, in accoglimento del ricorso del pubblico ministero, hanno sostenuto, come da giurisprudenza consolidata sul punto (cfr Cassazione, pronunce 11977/2014, 9116/1999 e 1945/1996), che l’efficacia interruttiva della prescrizione dipende dalla mera emanazione del processo verbale di constatazione o dell’atto di accertamento e non dalla comunicazione degli stessi all’interessato; non rileva, del resto, che gli atti siano portati a conoscenza dell’Autorità giudiziaria, dispiegando di per sé effetti interruttivi (cfr Cassazione, pronuncia 7106/1994).
 
I giudici hanno precisato come, a norma dell’articolo 17 del Dlgs 74/2000, il corso della prescrizione venga interrotto, oltre che dagli atti indicati nell’articolo 160 del codice penale, dal verbale di constatazione o dall’atto di accertamento contenenti le relative violazioni; “sono quindi validi atti interruttivi della prescrizione” – affermano i giudici – “tanto il verbale di constatazione della violazione redatto dalla Guardia di Finanza, quanto il processo verbale di accertamento”.
 
La causa interruttiva ha, dunque, carattere oggettivo, impersonale e non ricettizio: deve trattarsi di un’attività in cui gli uffici finanziari o la Guardia di finanza prendono cognizione dell’esistenza di un delitto, manifestando così la pretesa punitiva dello Stato; nella specie, come detto, al processo verbale di constatazione redatto nei confronti del solo soggetto emittente le false fatture andava riconosciuto valore interruttivo anche per il reato di dichiarazione fraudolenta commesso dagli utilizzatori.
L’interpretazione fornita dal Tribunale del riesame – di voler considerare ai fini interruttivi esclusivamente un verbale redatto nei confronti del soggetto accusato e relativo allo stesso fatto di reato – si poneva, pertanto, in contrasto con i principi suddetti; stando alla tesi del Tribunale, verrebbe ridimensionato il carattere non ricettizio dell’atto e si negherebbe validità interruttiva all’accertamento di un’ipotesi di reato solo perché relativa a un soggetto diverso da quello nei confronti del quale era stato redatto il pvc.
 
Risulta, quindi, “del tutto evidente – secondo i giudici della Corte suprema – che proprio il carattere non ricettizio dell’accertamento consenta di ritenere verificato l’effetto interruttivo in relazione a qualsiasi reato accertato in quella sede”.
Da qui, l’accoglimento del ricorso del pm e il rinvio per una nuova valutazione al Tribunale del riesame che, esclusa la prescrizione del reato, dovrà quindi effettuare le ulteriori considerazioni ai fini dell’applicazione della misura cautelare.
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