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Giurisprudenza

Quando è legittimo l’intervento della Corte?

È questo l’interrogativo a cui hanno dato risposta i giudici europei con la sentenza emanata ieri a conclusione del procedimento c-458/06

La Corte ha chiarito quali sono le funzioni di sua attribuzione. In particolare sono state individuate dal giudice europeo le materie di competenza, specificando quale sia il ruolo istituzionale attribuito dal trattato Ce in assenza di divergenze di opinioni fra le parti in causa. Con la causa c-458/06 il giudice europeo è stato interpellato per chiarire in quali circostanze il suo intervento è vincolante ai fini del giudizio finale dell’autorità nazionale competente. In particolare, il punto centrale della questione sottoposta al vaglio di Bruxelles è capire se, qualora le posizioni delle parti risultino convergenti sulla soluzione di una data questione, la funzione della Corte sia di fornire un mero parere, ovvero fornire un’interpretazione vincolante e necessaria. Nel caso di specie le autorità svedesi avevano convenuto, di comune accordo con la parte avversa, che il vino a uso culinario, in quanto prodotto destinato alla fabbricazione di alimenti, presentava le caratteristiche per essere esentato, ai sensi dell’articolo 27 n. 1 lett. f) della direttiva comunitaria n. 92 del 1983, dall’assoggettamento ad accise. Il Regeringsratten, tuttavia, chiamato in causa per confermare la tesi prospettata dalle altre autorità competenti in materia, ha optato per la richiesta di intervento dei giudici comunitari sottoponendo agli stessi la questione pregiudiziale relativamente alla possibilità di considerare l’alcol per uso culinario contenuto nel vino da cucina come alcol etilico ai sensi dell’articolo 20-comma 1 della direttiva 92/83/Cee e, in quanto tale, sottoporlo a imposizione indiretta a mezzo di accise.

La normativa comunitaria
La disciplina comunitaria in tema di accise sui prodotti alcolici è dettata dalla direttiva n. 92 del 1983. L’obiettivo della citata direttiva è quello di fornire, a livello comunitario, alcune definizioni comuni per tutti i prodotti rientranti in tali categorie ottenendo, di conseguenza, un’armonizzazione delle strutture delle accise dei prodotti alcolici a livello europeo. Sulla scorta di tale orientamento, l’articolo 20 della direttiva di specie identifica i parametri per qualificare i prodotti come alcolici ancorandoli al titolo alcolometrico effettivo. Ai sensi dell’articolo 27 comma 1 lett. f) della stessa fonte normativa, tuttavia, gli Stati membri possono esentare i prodotti contenenti alcol etilico dal pagamento delle accise allorquando risultino “impiegati direttamente o come componenti di prodotti destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari, ripieni o meno, sempreché il contenuto di alcol non sia superiore a 8,5 litri di alcol puro per 100 kg di prodotto per il cioccolato e a 5 litri di alcol puro per 100 kg di prodotto per altri prodotti”.

La normativa nazionale
La direttiva comunitaria n. 92/83/CEE è stata recepita dalla normativa svedese con la Lagen om alkoholskatt (Las) la quale, all’articolo 1, prevede che l’accisa sull’alcol debba essere pagata sulla birra, sul vino e sulle altre bevande fermentate, sui prodotti intermedi e sull’alcol etilico. Per quanto riguarda il vino, l’articolo 3 della Las dispone che “l’accisa è dovuta soltanto se il tenore alcolometrico è stato ottenuto attraverso la fermentazione ed è superiore a determinate percentuali”. L’articolo 7-comma 1 n. 5, infine, richiama in toto la clausola di esenzione da accise prevista dall’articolo 27 della direttiva comunitaria, sancendo l’esenzione da accise per quei prodotti destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari.

La sentenza
Con la sentenza di specie la Corte ha fornito chiarimenti sia sul proprio ruolo istituzionale, sia per quanto riguarda la disciplina delle accise sui prodotti alcolici. In riferimento a quest’ultimo aspetto, Bruxelles ha precisato che il vino da cucina, nell’ipotesi in cui il tasso alcolometrico risulti superiore all’1,2 per cento del volume, rientra, ai sensi dell’articolo 20 della direttiva comunitaria n. 92 del 1983, nella categoria degli alcol etilici e, in quanto tale, è da assoggettare ad accisa indipendentemente dal fatto che risulti un preparato di tipo alimentare. In merito alla competenza della Corte, invece, Bruxelles ha ribadito come, ai sensi dell’art. 234 del Trattato Cee, il suo intervento può essere richiesto dai giudici nazionali di ultima istanza ai fini dell’interpretazione di fonti normative comunitarie. Nel caso di specie l’intervento della Corte europea è legittimo in quanto soltanto con il ricorso al Supremo organo giurisdizionale europeo può essere perseguito l’obiettivo dell’articolo 234 del trattato Cee, ovvero assicurare la buona applicazione e l’uniforme interpretazione del diritto comunitario per tutti gli Stati membri appartenenti all’Unione europea.

Le ulteriori conclusioni
La Corte, nel ribadire che compete al giudice nazionale la responsabilità sulla decisione giurisdizionale finale, ha anche precisato in quali casi può rifiutarsi di esprimere un giudizio su una richiesta di interpretazione avanzata dalle stesse autorità nazionali. Secondo Bruxelles, infatti, tali condizioni sono presenti nelle ipotesi in cui: non sussiste alcuna relazione fra l’oggetto della causa e la questione pregiudiziale, la problematica ha natura ipotetica e, infine, qualora la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto per fornire una risposta in merito alla questione sottoposta alla sua attenzione.
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