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Giurisprudenza

Quando l’offerta anomala determina l’esclusione

La Corte di Giustizia è intervenuta in merito a due controversie che coinvolgono due società di capitali contrapposte a un Comune

L’oggetto della sentenza riguarda la compatibilità con il diritto Ue di una disposizione  della  normativa  italiana che prevede, per appalti  pubblici  di  lavori con valore inferiore  alla  soglia  prevista  dalla  direttiva Ue 93/37, l’esclusione di offerte inferiori al normale. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sulla corretta interpretazione dell’articolo 30, n. 4 della direttiva n. 93/37/CEE e dei principi fondamentali di diritto comunitario vigenti in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Tali domande sono state poste nell’ambito di due controversie che coinvolgono due società di capitali contrapposte a un Comune, e attengono la  compatibilità  con  il diritto  comunitario  di  una  disposizione della normativa italiana che prevede, per quanto concerne gli  appalti  pubblici  di  lavori  di  valore inferiore  alla  soglia  prevista  dalla   direttiva   93/37, l’esclusione automatica delle offerte considerate anormalmente basse.

La normativa comunitaria
Il predetto articolo 30 della citata direttiva prescrive i criteri in base ai quali l’amministrazione fonda l’aggiudicazione dell’appalto individuandoli nel prezzo più basso o, quando l’aggiudicazione si fa a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, diversi criteri variabili in funzione dell’appalto: ad es. il prezzo, il termine di esecuzione, il costo di utilizzazione, la redditività, il valore tecnico. Inoltre, se (articolo 30, n. 4) “per un determinato appalto, delle offerte  appaiono  anormalmente basse rispetto alla prestazione, l’amministrazione aggiudicatrice  prima  di poterle rifiutare richiede, per iscritto, le precisazioni che ritiene  utili in merito alla  composizione  dell’offerta  e  verifica  detta  composizione tenendo conto delle giustificazioni fornite. L’amministrazione  aggiudicatrice   può   prendere   in   considerazione giustificazioni riguardanti l’economia del procedimento di costruzione o  le soluzioni tecniche adottate o le condizioni  eccezionalmente  favorevoli  di cui dispone l’offerente per eseguire i lavori o l’originalità  del  progetto dell’offerente. Se i documenti relativi all’appalto prevedono l’attribuzione  al  prezzo più basso, l’Amministrazione aggiudicatrice deve comunicare alla Commissione il rifiuto delle offerte giudicate troppo basse”.Il contenuto della direttiva è sviluppato dalla successiva direttiva n. 2004/18 nella quale tra l’altro (in seno al considerando n. 46) emergono le motivazioni addotte a sostegno della non automaticità dell’esclusione delle offerte che si manifestano anormalmente basse rispetto alla prestazione: “l’aggiudicazione  dell’appalto  deve  essere  effettuata applicando criteri obiettivi (...)  che  assicurino  una  valutazione  delle offerte in condizioni  di  effettiva  concorrenza.  Di  conseguenza  occorre ammettere soltanto l’applicazione di due criteri di  aggiudicazione:  quello del  “prezzo  più  basso”  e  quello  della  “offerta   economicamente   più vantaggiosa”.

La normativa nazionale

La legge che recepisce nell’ordinamento giuridico interno la direttiva comunitaria (legge 11 febbraio 1994, n. 109), all’articolo 21, comma 1 bis prevede testualmente: “…Relativamente ai soli appalti di lavori pubblici  di  importo  inferiore alla   soglia    comunitaria, l’amministrazione    interessata procede all’esclusione automatica  dalla  gara  delle  offerte  che  presentino  una percentuale di ribasso pari o superiore a  quanto  stabilito  ai  sensi  del primo periodo del presente comma. La procedura di esclusione automatica  non è esercitabile qualora il numero delle offerte valide  risulti  inferiore  a cinque”.

La fattispecie concreta
Le due società di capitali coinvolte nella vicenda giurisdizionale hanno partecipato  a due distinte  gare d’appalto per importi inferiori alle soglie previste dalla direttiva 93/37. Nei bandi di gara predisposti dal Comune, era stato precisato che l’aggiudicazione sarebbe stata effettuata in  base al criterio del maggior ribasso, con  verifica  delle  offerte  anormalmente basse e  senza  esclusione  automatica  di  queste  ultime.  Tali  bandi  si fondavano su una delibera della Giunta comunale la quale  prevedeva  che  il criterio del maggior ribasso avrebbe comportato la  verifica  delle  offerte anomale, conformemente alla  direttiva  93/37,  anche  per  gli  appalti  di importo inferiore alla soglia comunitaria, disapplicando  quindi  l’articolo 21, n. 1 bis, della legge n. 109/94 nella  parte  in  cui  prevede  l’esclusione automatica delle offerte anormalmente basse. Le offerte predisposte dalle società ricorrenti sono state considerate al primo posto tra quelle considerate non anomale; ciononostante , in seguito alla verifica delle offerte  anormalmente basse, il Comune ha infine rifiutato le offerte delle due società, accogliendo viceversa quelle di altre società.  Pertanto le due società escluse hanno impugnato tale  decisione  dinanzi  al  Tribunale Amministrativo Regionale competente, rilevando che  la  legge  n. 109/94 impone all’Amministrazione aggiudicatrice l’obbligo tassativo  di  escludere le  offerte   anormalmente   basse,   non   lasciando  residuare in capo alla stessa alcun   margine   di discrezionalità in ordine alla possibilità di  procedere  alla  verifica  in contraddittorio. I giudici del Tar hanno respinto tale ricorso  sulla scorta della considerazione che la procedura di esclusione automatica delle offerte  anormalmente  basse non rappresenta un obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici, lasciando piuttosto a queste ultime la facoltà di disporre una verifica dell’eventuale anomalia risultante dalla modicità di tali offerte, anche  per  gli  appalti d’importo inferiore alla soglia comunitaria.

L’appello al Consiglio di Stato
A fronte delle decisioni assunte nei rispettivi giudizi di primo grado, le società  hanno proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, il quale ha rinviato la questione al vaglio pregiudiziale della  Corte di Giustizia, sollecitando il parere dell’organo giurisdizionale comunitario, chiedendo sostanzialmente se i principi fondamentali del diritto comunitario che disciplinano anche l’aggiudicazione degli appalti  pubblici, di cui l’art. 30, n. 4, della direttiva 93/37  costituirebbe  una  specifica espressione, siano lesi da una normativa nazionale che, con riferimento agli appalti di valore inferiore alla soglia fissata dall’art. 6, n. 1, lett. a), di tale direttiva, imponga alle amministrazioni  aggiudicatrici,  nell’ipotesi in cui  il numero  delle  offerte  valide  sia  superiore  a   cinque,  di   procedere all’esclusione  automatica  delle  offerte  considerate  anormalmente  basse rispetto alla  prestazione  da  fornire,  in  base  all’applicazione  di  un criterio matematico stabilito da tale normativa, precludendo  alle  amministrazioni  aggiudicatrici  qualsiasi  possibilità  di  verificare   la composizione  di  tali  offerte  richiedendo  agli   offerenti   interessati precisazioni in merito a queste ultime.

Le osservazioni della Corte
La Corte osserva preliminarmente  che le specifiche e rigorose procedure previste dalla direttive comunitarie in materia di procedure di  aggiudicazione degli appalti pubblici, si applicano esclusivamente ai contratti il cui valore supera la soglia prevista in ciascuna delle citate direttive; ne consegue che le disposizioni di tali direttive non si applicano agli appalti il cui valore non raggiunge la soglia fissata da queste ultime. Tale assunto non comporta che gli appalti che si collocano al di sotto della soglia minima, siano collocati al di fuori dell’ambito applicativo del diritto comunitario. Infatti, in ossequio alla consolidata giurisprudenza  della Corte,  per  quanto  concerne  l’aggiudicazione  degli   appalti   che,   in considerazione del loro valore non sono soggetti  alle  procedure  previste dalle norme comunitarie, le amministrazioni aggiudicatrici sono  tenute a rispettare le norme fondamentali del Trattato e segnatamente il principio  di  non  discriminazione  in  base  alla  nazionalità. La normativa interna obbliga l’Amministrazione aggiudicatrice interessata, con riferimento all’aggiudicazione degli appalti  di  valore  inferiore  alla  soglia fissata dalla  direttiva  93/37,  a  procedere all’esclusione automatica delle offerte che, in base all’applicazione di  un criterio  matematico  stabilito  da   tale   normativa,   sono   considerate anormalmente basse  rispetto  alla  prestazione  da  fornire, mentre la regola dell’esclusione automatica non si applica  qualora il numero delle offerte valide sia inferiore a cinque. Pertanto, tale  regola,  formulata  in  termini imperativi e assoluti, preclude agli offerenti che hanno presentato offerte anormalmente basse la possibilità  di  dimostrare l’affidabilità e la serietà di queste ultime.  Tuttavia ciò potrebbe  condurre  a  risultati  incompatibili  con  il  diritto comunitario qualora un dato  appalto  possa  presentare,  in  considerazione delle  proprie  caratteristiche,  un  interesse  transfrontaliero  certo, attraendo  operatori di  altri  Stati  membri.  Un  appalto  di  lavori potrebbe, ad esempio, presentare tale interesse transfrontaliero in  ragione del suo valore stimato, in relazione alla propria tecnicità o all’ubicazione dei lavori in un luogo idoneo ad attrarre l’interesse di operatori esteri.

Il principio di non discriminazione
Una  normativa  di  questo  tipo,  sebbene  oggettiva  e  non discriminatoria ex se, potrebbe ledere il principio generale  di  non discriminazione  nelle  procedure  di  aggiudicazione  degli  appalti  che rivestono un interesse transfrontaliero. Infatti, l’applicazione agli  appalti  che  presentano  un  interesse transfrontaliero certo della regola dell’esclusione automatica delle offerte considerate  anormalmente basse, può comportare una discriminazione indiretta, danneggiando gli operatori degli  altri  Stati  membri che, essendo dotati di strutture dei costi diverse, o desiderando ridurre al minimo i propri margini di  profitto  al  fine  di  inserirsi  più  efficacemente  nel  mercato   di riferimento, sarebbero in grado di presentare un’offerta competitiva  e  nel contempo seria e affidabile, della  quale  l’Amministrazione  aggiudicatrice non potrebbe tuttavia tenere conto a causa della riportata e, pertanto in parte   discriminatoria, normativa interna. Attribuita pertanto rilevanza all’interesse transfrontaliero, spetta  in  linea  di  principio all’Amministrazione aggiudicatrice interessata a valutare, in fase di preventiva definizione delle condizioni del bando di appalto, l’eventuale sussistenza dello stesso interesse, nell’ipotesi di un appalto il cui valore stimato è inferiore alla soglia prevista dalle norme comunitarie, ferma restando la circostanza che tale valutazione può essere oggetto di controllo giurisdizionale.

Il ruolo del legislatore
Anche il legislatore può svolgere un ruolo in tal senso. Infatti, una normativa può certamente stabilire, a livello nazionale o locale, criteri  oggettivi  che  indichino  l’esistenza  di  un  interesse transfrontaliero   certo.   Tali   criteri   potrebbero   sostanziarsi,   in particolare,  nell’importo  di  una  certa   consistenza   dell’appalto   in questione, in combinazione  con  il  luogo  di  esecuzione  dei  lavori.  Si potrebbe altresì escludere l’esistenza di un tale  interesse  nel  caso,  ad esempio, di un valore economico molto  limitato  dell’appalto  in  questione. È tuttavia necessario tenere conto del fatto che, in alcuni casi, le frontiere attraversano  centri  urbani  situati  sul territorio di Stati membri diversi e che, in tali circostanze, anche appalti di valore esiguo possono presentare un interesse transfrontaliero certo.

L’esclusione delle offerte anomale
Anche  in  presenza  di   un   interesse   transfrontaliero   certo, l’esclusione automatica  di  alcune  offerte  a  causa  del  loro carattere anormalmente basso potrebbe rivelarsi accettabile qualora il ricorso a  tale regola sia giustificato dal numero  eccessivamente  elevato  delle  offerte; tale circostanza infatti potrebbe obbligare  l’Amministrazione  aggiudicatrice interessata a procedere alla verifica in contraddittorio  di  un  numero  di offerte talmente alto da eccedere la  capacità  amministrativa  dell'Amministrazione   aggiudicatrice   ovvero   da   poter   compromettere    la realizzazione del progetto a causa del ritardo che  tale  verifica  potrebbe comportare. In siffatte circostanze, una normativa nazionale o  locale  o  ancora l’Amministrazione aggiudicatrice stessa potrebbe legittimamente fissare  una soglia  ragionevole  per  l’applicazione  dell’esclusione  automatica  delle offerte anormalmente basse. In tal senso la soglia  di  cinque  offerte  valide fissata dall’articolo 21  della legge  n. 109/94  non  può essere considerata ragionevole.

La massima della Corte
La sentenza stabilisce che : "Non  è  conforme  ai  principi  fondamentali  dell’ordinamento comunitario quali la libertà di stabilimento, di prestazione dei  servizi  e del divieto di discriminazione la  normativa  dello  Stato  membro  che,  in attuazione della direttiva  comunitaria  in  tema  di  appalti  pubblici  di lavori, contempli l’esclusione automatica delle offerte  anormalmente  basse non accordando all’amministrazione aggiudicatrice alcuna facoltà di verifica nell’ipotesi di presentazione  di  offerte  valide  in  numero  superiore  a cinque.  Parimenti, tale esigenza può contemperarsi con la  speditezza  della procedura consentendo all’amministrazione aggiudicatrice  la  determinazione di valore dell’offerta al di sotto del quale,  in  presenza  di  un  elevato numero di offerte, è consentito lo scarto automatico”.
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