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Giurisprudenza

Raccolta di capitali e applicazione di imposte indirette

La recente sentenza Ue si sofferma sull’ambito applicativo della direttiva del Consiglio europeo 69/335/Cee

La controversia insorta riguarda una Srl di diritto privato portoghese che ha stipulato (con atto notarile) una cessione di quote sociali. Tale cessione non era connessa  a un aumento del capitale sociale. Per la redazione dell'atto è stato richiesto alla società di liquidare un importo. La sentenza resa dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee il 7 settembre, nell’ambito del procedimento C-193/2004 instauratosi tra la società "Organon Portuguesa" e l’Amministrazione fiscale portoghese (cd. Fazenda Publica), verte sull’ambito applicativo della direttiva del Consiglio europeo 69/335/Cee che disciplina l’applicazione delle imposte indirette sulla raccolta di capitali.

Analisi e finalità della direttiva comunitaria
La ratio della direttiva in oggetto è, in particolare, di promuovere la libera circolazione di capitali (una delle 4 libertà fondamentali garantite dal Trattato) in vista di una effettiva unione "economica" con caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno. Tale finalità può essere perseguita mediante una costante "armonizzazione" a livello impositivo per eliminare progressivamente le discriminazioni, doppie imposizioni e disparità che ostacolano di fatto la libera circolazione di capitali. A tal proposito, la direttiva rileva la opportunità di applicare alla raccolta di capitali una imposta che possa aver luogo una sola volta nel mercato comune, di pari livello in tutti gli Stati membri e armonizzata con riguardo alla struttura e alle aliquote e di eliminare, conseguentemente, tutte le altre imposte indirette che presentano le medesime caratteristiche di tale imposta unica sui conferimenti. L’articolo 1 della predetta direttiva dispone che : "Gli Stati membri applicano un’imposta sui conferimenti delle società di capitali, armonizzata…" a determinate fattispecie analiticamente previste all’articolo 4, n. 1 della direttiva in esame. Si tratta di operazioni che concernono, in buona sostanza, la costituzione di una società di capitali o l’aumento del capitale sociale. L’articolo 4, al paragrafo 3, dispone che non si considera costituzione di società di capitali e, pertanto, è esclusa dall’imposta sui conferimenti qualsiasi modifica dell’atto costitutivo. Sono, altresì, escluse dall’imposta sui conferimenti la creazione, l’emissione e messa in circolazione, nonché la negoziazione di azioni e quote sociali.

La natura della controversia
La controversia insorta riguarda una società a responsabilità limitata di diritto privato portoghese, la Organon Portuguesa che ha stipulato (con atto notarile) una cessione di quote sociali. Tale cessione non era connessa  ad un aumento del capitale sociale. Per la redazione del relativo atto notarile, che la normativa interna portoghese richiede per tali operazioni, è stato richiesto alla società di liquidare un determinato importo. La società ha presentato ricorso eccependo il contrasto tra la normativa interna con la direttiva comunitaria nella parte in  cui il diritto portoghese pretende, per la stipulazione di un atto notarile per la cessione di quote sociali non connessa ad un aumento di capitale, l’applicazione di emolumenti determinati esclusivamente in rapporto al valore delle quote cedute, senza limite di importo e senza un rapporto con il valore del servizio prestato.

L’intervento della Corte di Giustizia Ue

Investita della questione, la Corte ha preliminarmente rilevato che gli onorari riscossi per la redazione di un atto notarile concernente la cessione di quote di una società di capitali integrano la nozione di imposta sulla raccolta di capitali ai sensi della direttiva 69/335/Cee. Ciò in quanto i notai sono pubblici ufficiali (dipendenti statali) e parte degli onorari riscossi confluiscono nelle casse erariali. Ora, prosegue la Corte, se è vero che l’articolo 11, lett.a) della citata direttiva esenta da imposizione, sotto qualsiasi forma, la creazione e la messa in circolazione di azioni e quote sociali, è pur vero, altresì, che il successivo articolo 12 della direttiva, introducendo talune deroghe alle disposizioni di cui ai precedenti articoli 10 e 11, riconosce agli Stati membri la facoltà di applicare "imposte sui trasferimenti di valori mobiliari, riscosse forfetariamente o meno".
I precedenti in materia
Rifacendosi a precedenti casi giurisprudenziali, la Corte osserva che la cessione di quote sociali (operazione che è oggetto della fattispecie esaminata) è sicuramente ricompresa nella nozione di trasferimento di valori mobiliari e che l’articolo 12 citato consente la riscossione di un tributo sul trasferimento di detti valori, "indipendentemente dal fatto che la società emittente sia quotata in Borsa e indipendentemente dal fatto che tale trasferimento avvenga mediante operazioni borsistiche o direttamente tra il cedente ed il cessionario". Da ciò discende che il tributo in esame, costituito dagli emolumenti riscossi in sede di stipula notarile dell’atto relativo alla cessione di quote sociali, è pienamente legittimo in quanto è ricompreso nella deroga di cui all’articolo 12, n.1, lett.a) della direttiva. Pertanto la sua riscossione non si pone in contrasto con le disposizioni e la ratio della direttiva citata, anche in considerazione della assoluta discrezionalità riconosciuta dal predetto articolo agli Stati membri di determinare liberamente le aliquote di riferimento.
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