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Giurisprudenza

Rassegna giurisprudenziale del 12 gennaio 2006

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Estremi: n. 59/34/05 del 29 settembre 2005, depositata il 31 ottobre 2005
Argomento: Accertamento e rettifica - Maggiori ricavi determinati mediante utilizzo della percentuale di ricarico sul costo del venduto

A seguito di una verifica fiscale compiuta presso una società in nome collettivo esercente attività di bar e pasticceria per gli anni 1996 e 1997, l'Agenzia delle entrate riteneva, sulla scorta del processo verbale di constatazione redatto, di approfondire maggiormente la situazione reddituale della società, alla quale veniva a tal fine notificato un apposito questionario.
Le numerose irregolarità e incongruenze riscontrate dall'Agenzia la inducevano a ritenere la contabilità della società inattendibile, nonostante l'apparente regolarità formale e a procedere, quindi, alla determinazione indiretta dei ricavi di vendita. L'Amministrazione finanziaria, in particolare, procedeva alla ricostruzione dei ricavi applicando al costo del venduto (determinato sulla base dei dati di bilancio) le percentuali medie di ricarico, descrivendo il procedimento adottato negli avvisi di accertamento ai fini Ilor relativi alle annualità 1996 e 1997, nonché nell'avviso di rettifica ai fini Iva relativo al 1997, tutti notificati alla società in commento e tempestivamente impugnati dalla stessa.
Avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria provinciale di Venezia respingeva i ricorsi, previa riunione degli stessi, ha proposto appello la società contribuente, sostenendo principalmente l'illegittimità della procedura di accertamento adottata dall'Amministrazione finanziaria, che si sarebbe limitata a una sterile applicazione di percentuali di ricarico desunte da una circolare ministeriale, non suffragate dall'osservazione e analisi della realtà aziendale.
Investita della suddetta problematica, la Commissione tributaria regionale del Veneto, nel respingere l'appello proposto dalla società, ha ritenuto legittimo e corretto il comportamento dell'ufficio, che, nei limiti di quanto gli competeva e sulla scorta di procedure analiticamente descritte, ha adempiuto all'obbligo di provare gli elementi posti alla base dell'accertamento eseguito; elementi rappresentativi della realtà aziendale in quanto acquisiti dagli atti e documenti richiesti e prodotti dalla società.

Estremi: n. 56/16/05 depositata il 20 ottobre 2005
Argomento: Accertamento e rettifica - Accesso presso l'abitazione della contribuente - Necessità dell'autorizzazione del Procuratore della Repubblica

La controversia trae origine dagli avvisi di accertamento e rettifica con cui l'Amministrazione finanziaria aveva determinato a carico di una contribuente compensi ritratti dall'attività d'impresa, relativi alle annualità dal 1995 al 1997, richiedendo le relative imposte dirette e l'Iva.
L'ufficio, in particolare, basandosi anche su dati raccolti attraverso un accesso eseguito presso l'abitazione della contribuente, aveva disconosciuto la qualità di soccidaria della stessa, ritenendo mancanti i requisiti previsti dal codice civile per la legittima validità del contratto in commento e aveva, pertanto, provveduto alla riqualificazione dei compensi percepiti, considerandoli come ricavi derivanti dallo svolgimento di attività d'impresa.
La sentenza con cui la Commissione tributaria provinciale di Padova, previa riunione delle impugnative promosse avverso gli avvisi di accertamento e rettifica, aveva respinto il ricorso è stata tempestivamente impugnata dalla contribuente, che, nel proprio atto di appello, sosteneva, unitamente alla reale esistenza di un contratto di soccida (disconosciuto dall'ufficio e dai giudici di primo grado), l'illegittimità della procedura di accertamento adottata dall'ufficio, che avrebbe acquisito dati e notizie effettuando un accesso presso l'abitazione della contribuente senza la necessaria autorizzazione del procuratore della Repubblica; vizio, quest'ultimo, riconosciuto dalla Commissione tributaria regionale del Veneto, che ha, pertanto, ritenuto illegittima l'attività d'indagine compiuta dall'Amministrazione finanziaria e, con essa, gli atti impositivi emessi.

Estremi: n. 58/03/05 depositata il 17 novembre 2005
Argomento: Iva - Forniture a soggetti che svolgono attività esenti - Istanza di rimborso dell'imposta non detratta

Nella controversia in esame, la Commissione tributaria regionale del Veneto è stata chiamata a pronunciarsi sul contenuto della sentenza con cui i giudici di primo grado avevano respinto il ricorso presentato da un'azienda ospedaliera, che aveva impugnato il silenzio-rifiuto formatosi in ordine a un'istanza di rimborso dell'Iva non detratta sugli acquisti effettuati negli anni dal 1995 al 2002. La richiesta di rimborso proposta dalla contribuente si basava, in particolare, sulla particolare interpretazione attribuita all'articolo 13, parte B, lettera c), della direttiva n. 77/388/Cee del 17 maggio 1977, che disporrebbe - a detta dell'appellante - nel senso di considerare esenti da Iva le forniture di beni destinati a soggetti che svolgono un'attività esente da imposta.
Investita della descritta problematica, la Commissione regionale, aderendo alla tesi sostenuta dal Collegio di primo grado, ha respinto l'appello della contribuente, sostenendo che una corretta lettura della disciplina che regola l'imposta sul valore aggiunto consente di identificare nel cedente (e non nel cessionario) il soggetto legittimato a pretendere il rimborso dell'imposta, qualora essa risultasse non dovuta. Ne deriva che l'azienda ospedaliera non aveva titolo per presentare l'istanza di rimborso dell'Iva pagata sugli acquisti effettuati nelle annualità in considerazione, con la conseguenza che l'impugnativa da essa proposta va respinta, senza la necessità di analizzare la legittimità delle argomentazioni poste a sostegno della richiesta avanzata.

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