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Giurisprudenza

Rassegna giurisprudenziale del 1° agosto 2005

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Estremi: n. 33/06/05 del 30 marzo 2005, depositata il 13 giugno 2005
Argomento: Espropriazione per pubblica utilità - Tassazione - Criterio di cassa

All'atto di liquidazione dell'indennità di esproprio si realizza una plusvalenza tassabile; è legittima, pertanto, l'applicazione della ritenuta d'acconto del 20 per cento sull'importo erogato a tale titolo ai proprietari di suoli espropriati per pubblica utilità.
Sulla base di tale assunto, la Commissione ha accolto l'appello proposto dall'ufficio avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dai contribuenti destinatari di un'indennità di esproprio al fine di contestare l'applicazione della ritenuta d'acconto del 20 per cento sulla somma percepita.
Così opinando, il Collegio si è espresso in maniera conforme al consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione, che ha in più occasioni avuto modo di precisare come la ratio della norma che dispone la tassazione delle indennità in commento sia quella di attrarre a tassazione l'aumentata capacità contributiva del percettore delle stesse.
Quanto all'individuazione del momento in cui le somme in discorso devono essere tassate, l'orientamento giurisprudenziale più autorevole degli ultimi anni, proseguono i giudici, si è espresso nel senso di ritenere tale quello del materiale pagamento dell'importo, secondo, quindi, il criterio di cassa. Tale criterio, conclude il Collegio, risulta valido anche per le somme percepite, come nel caso di specie, nel triennio precedente all'entrata in vigore della norma che ha disposto la tassazione dell'indennità in esame, purché - come nella specie verificatosi - nel triennio stesso siano intervenuti sia il titolo, da cui scaturisce la plusvalenza, sia la percezione della somma.

Estremi: n. 34/06/05 del 30 marzo 2005, depositata il 13 giugno 2005
Argomento: Accertamento - Parametri - Prova contraria fornita dal contribuente

I cosiddetti parametri sono frutto di procedure matematico - statistiche atte a individuare ricavi e compensi che l'Amministrazione finanziaria considera congrui e costituiscono presunzioni relative che comportano lo spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente; quest'ultimo, in sede di contraddittorio con l'ufficio, può provare l'infondatezza dei parametri, giustificando i ricavi dichiarati.
In base a tale principio, la Commissione regionale ha respinto l'appello proposto dall'ufficio avverso la sentenza con cui i giudici di primo grado di primo grado avevano condannato l'Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di giudizio, dopo aver rilevato come la contribuente ricorrente avesse dimostrato di aver conseguito - in relazione all'anno d'imposta 1996 - ricavi minori rispetto a quelli accertati dall'ufficio e indicati nell'avviso di accertamento impugnato in primo grado. In particolare, la ricorrente appellata ha dato opportunamente prova, a giudizio del Collegio di secondo grado, dell'infondatezza dei parametri utilizzati dall'ufficio ai fini dell'accertamento dei redditi relativi al 1996, dimostrando come i minori ricavi dichiarati derivassero dal conseguimento degli stessi nell'anno di inizio dell'attività professionale.

Estremi: n. 26//12/05 del 21 marzo 2005, depositata il 14 giugno 2005
Argomento: Imposta di registro - Alternatività Iva Registro - Registrazione di operazione esente

Il principio di alternatività dell'Iva e dell'imposta di registro, contenuto nell'articolo 40 del Dpr 131/86, prevede che, per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta di registro si applica in misura fissa. Tale principio si applica anche nel caso di atti relativi a operazioni esenti da Iva; ciò per il fatto che tra le operazioni soggette a Iva rientrano anche quelle esenti, in quanto, pur non scontando imposta per effetto di agevolazioni motivate dalla rilevante utilità sociale che rivestono, sono soggette a tutti gli adempimenti formali dettati dal Dpr 633/72 (fatturazione, registrazione, eccetera).
Per effetto di tale principio, la Commissione tributaria regionale della Puglia ha accolto l'appello proposto da un contribuente al quale non era stato riconosciuto il rimborso della maggiore imposta di registro pagata al momento della registrazione di un decreto ingiuntivo; imposta che era stata calcolata e versata applicando le aliquote proporzionali, anziché nella misura fissa (trattandosi di atto relativo a operazione esente da Iva).

Estremi: n. 58/10/05 del 22 aprile 2005, depositata il 24 giugno 2005
Argomento: Ingiunzione di pagamento - Competenza delle Commissioni tributarie - Potestà ingiunzionale del Concessionario per la riscossione

E' legittima l'impugnativa promossa innanzi al giudice tributario avverso l'ingiunzione di pagamento emessa dal concessionario per la riscossione dei tributi al fine di riscuotere coattivamente l'imposta di pubblicità. Con la riforma del contenzioso tributario di cui al Dpr 636/72, infatti, l'ingiunzione emessa per la riscossione delle imposte indirette indicate nell'articolo 1 del citato decreto è risultata - anche in base a numerose pronunce della suprema Corte - attratta nell'ambito della giurisprudenza tributaria e non più in quella ordinaria. Va respinta, pertanto, a giudizio della Commissione regionale della Puglia, l'eccezione sollevata dal concessionario della riscossione appellante circa l'inammissibilità del ricorso per essere stato proposto dinanzi alla Commissione tributaria e non già dinanzi al giudice ordinario.
Va parimenti respinta, inoltre, la tesi circa la sussistenza in capo al citato concessionario dei requisiti previsti dalla legge per poter accedere alla potestà ingiunzionale. In particolare, secondo la Commissione regionale - conformemente a quanto ritenuto dai primi giudici - il concessionario, ai fini della riscossione delle somme dovute dal contribuente, avrebbe dovuto procedere con l'iscrizione a ruolo e non con l'ingiunzione di pagamento. Ciò in quanto, in base alla normativa all'epoca vigente (articolo 52 del Dlgs 446/97), la riscossione dei tributi di spettanza di Comuni e Province a mezzo di ingiunzione fiscale era consentita solo ai Comuni che si occupavano personalmente della riscossione e ad altri soggetti opportunamente indicati dalla norma (tra i quali non rientra il Concessionario appellante).

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