Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Ravvedimento operoso inutilizzabile
se il tardivo versamento è dell’Irap

La sanzione tributaria va applicata anche nel caso in cui l’obbligo non sia stato assolto confidando nell’eliminazione della norma, in relazione a un giudizio pendente sulla legittimità della stessa

immagine generica illustrativa

Nella controversia in esame, la Corte di cassazione ha esaminato e deciso, con l’ordinanza n. 1895 del 28 gennaio 2021, un caso in cui una società ha effettuato in ritardo il versamento Irap dovuto, avvalendosi del ravvedimento operoso (ex articolo 3 del Dlgs n. 472/1997).
L’Agenzia delle entrate ha, quindi, notificato la cartella di pagamento alla società contribuente, rilevando che l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso era precluso dalla previsione recata dall’articolo 1, comma 3, del Dl n. 106/2005.
La società ha impugnato l’atto dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale, invocando anche l’applicazione dell'esimente di cui allo Statuto del contribuente (articolo 10, comma 3, legge n. 212/2000), ravvisando l’obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della norma impositiva dell'Irap, essendo pendente dinanzi alla Corte Ue il giudizio sulla compatibilità dell’imposta con il diritto comunitario (in particolare con la sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, la n. 7/388/Cee sull’Iva) che si è poi concluso nel senso della compatibilità dell'Irap con la direttiva comunitaria.

La Ctp ha accolto il ricorso della società, ritenendo sussistere l'incertezza sulla legittimità dell'Irap e traendone la conseguenza che il versamento da parte della ricorrente, dell'imposta e delle sanzioni ridotte in ragione del ravvedimento operoso, integrasse l'intero importo effettivamente dovuto dalla stessa.
Essendo, poi, nelle more intervenuta la pronuncia di secondo grado, che rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, quest’ultima proponeva ricorso in Corte di cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 10, comma 3, della legge n. 212/ del 2000 e dell’articolo 1, comma 3 del Dl n. 106/2005, per avere il giudice di merito ritenuto che in materia di tardivo versamento dell'Irap sussistesse l’oggettiva condizione d’incertezza che integra, in base alla richiamata disposizione dello Statuto del contribuente, l'esimente rispetto alle sanzioni e agli interessi moratori altrimenti dovuti.

La Corte, che ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia, individua preliminarmente il contesto normativo in cui si colloca la controversia.
L’articolo 10, comma 3 della legge n. 212/2000, come modificato dall’articolo 1, primo comma del Dl n. 106/2005, ha stabilito che “in ogni caso non costituisce condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria”.
Pertanto, con riferimento alle violazioni commesse a decorrere dall'entrata in vigore del Dl n. 106/2005, la sanzione tributaria va applicata anche nel caso in cui il contribuente non abbia assolto il proprio obbligo tributario confidando nella caducazione della relativa norma, in relazione a un giudizio pendente sulla legittimità della stessa norma.

La novella di cui all’articolo 1 del Dl n. 106 è stata introdotta proprio per scoraggiare l'omissione dei versamenti dovuti ai fini Irap, in considerazione del giudizio già pendente, a seguito di rinvio pregiudiziale, presso la Corte di giustizia, sulla compatibilità del tributo con la disciplina comunitaria in materia di Iva.
In tal senso, risultano significativi gli elementi che si ricavano dai lavori preparatori, circa “la necessità di neutralizzare i possibili effetti, in termini di riduzione dell'autotassazione IRAP, delle conclusioni formulate dall'Avvocato generale della Corte UE nei confronti dell'IRAP (di cui si chiede la soppressione) e che ancora non si sono tradotte in sentenza definitiva”, e sul fatto che “il presente articolo è volto ad introdurre disposizioni di tutela del gettito preventivato a titolo di IRAP”.
Inoltre, la ratio dell’articolo 1 del Dl in argomento emerge anche dalla lettura delle disposizioni dettate nei commi successivi al primo, nei quali il legislatore ha dettato specifiche norme volte a indurre i contribuenti a rispettare i loro obblighi di versamento del tributo Irap per i periodi d'imposta 2004 (con riferimento al saldo) e 2005, senza considerare i possibili esiti del giudizio pendente presso la Corte di giustizia Ue.
In particolare, con il Dl n. 106/2005, all’articolo. 1, comma 3 è stato previsto che, in caso di violazione degli obblighi di versamento Irap, a saldo per il 2004 o in acconto per il 2005, non trovano applicazione le disposizioni in materia di riduzione delle sanzioni per il caso di “ravvedimento operoso” e per quello in cui il contribuente provveda a pagare le imposte dovute entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’anomalia riscontrata da parte dell'Agenzia delle entrate, sulla base dei controlli automatici delle dichiarazioni presentate.

La Corte di cassazione aveva, al riguardo, già evidenziato che tale disposizione, testualmente riferita a un periodo di imposta limitato e ben definito (Irap dovuta per il 2004 e versamenti in acconto e a saldo dovuti per la stessa imposta nell'anno successivo) era correlata alla pendenza della questione pregiudiziale rimessa dinanzi alla Corte di giustizia, in ordine alla compatibilità dell'Irap con l'ordinamento comunitario, ragion per cui il legislatore riteneva che l’attesa o la speranza di una pronuncia della Corte Ue che ne sancisse l’illegittimità potesse spingere alla violazione dell'obbligo di imposta. Pertanto, a tutto ciò, con l’esclusione dell'applicabilità della riduzione delle sanzioni (ex articolo 13 del Dlgs n. 472/1997) si voleva contrapporre un disincentivo.

Ciò premesso, l’esplicita ratio genetica della novella conduce a interpretare la formula “giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria” come comprensiva, oltre che della pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale, anche della rimessione alla Corte di giustizia della Comunità europea di una domanda di pronuncia pregiudiziale sulla “legittimità comunitaria” della norma tributaria nazionale. Del resto, anche dal punto di vista testuale, l'assenza di un espresso riferimento alla costituzionalità della norma esclude che la formula “legittimità” debba essere letta  necessariamente e univocamente come “legittimità costituzionale”, in modo da disconoscere l’indiscussa ratio della novella.
Tale soluzione, del resto, è coerente con la considerazione che il presupposto per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia – vale a dire il dubbio sull'interpretazione del diritto dell'Unione, che non sia manifestamente pretestuoso, irragionevole, o irrilevante per la decisione e non possa risolversi in base a precedenti comunitari – non implica, di per sé, necessariamente anche quelle obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria italiana, contemplata dall’articolo 10, comma 3, dello Statuto del contribuente.

La formula della riserva ("in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria”) di cui all'articolo 10, comma 3, della legge n. 212/2000, va dunque interpretata nel senso che la mera pendenza di un giudizio sulla legittimità costituzionale o comunitaria di una norma tributaria nazionale non è, di per sé, idonea a generare l'obiettiva incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della stessa norma.
Tuttavia, qualora emergano altrimenti condizioni obiettive di incertezza, purché indipendenti dalla pendenza dei predetti giudizi sulla legittimità della norma tributaria, la semplice circostanza che quest'ultima sia stata anche oggetto di rimessione alla Corte costituzionale o di rinvio  pregiudiziale alla Corte di giustizia non esclude, a priori, l'eventuale ricorrenza dell'esimente, da valutare rispetto al concreto.

Alcuni dei dati che possono essere eventualmente oggetto della verifica delle condizioni obiettive di cui all’articolo 10, comma 3, della legge n. 212/2000, sono stati individuati dalla giurisprudenza della Corte, secondo la quale “In tema di sanzioni amministrative tributarie, l'incertezza normativa oggettiva - che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dal DLgs. n. 472 del 1997, art. 6 - è caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l'assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l'esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente”.

La Corte poi, con riferimento alla prospettiva nella quale traguardare gli indici rivelatori fattuali che emergano, ha chiarito che, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, quando è ravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita, non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all'ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.

In relazione al caso all’esame della Corte, l'apprezzamento dell'inevitabilità o meno dell'assunta incertezza in ordine all'imposizione a titolo di Irap non può prescindere dal fatto che il legislatore, con l’articolo 1, comma 1, del Dl n. 106/2005, ha adottato una serie di disposizioni rafforzative dell'obbligo di versare il saldo dell'imposta del 2004 e l'acconto del 2005, anche in pendenza del giudizio generato dal rinvio pregiudiziale alla Corte di  giustizia, con ciò fugando ogni dubbio al riguardo.
La motivazione della sentenza impugnata evidenzia la confusione tra le due questioni della applicabilità dell'esimente dell'obiettiva incertezza (derivante dalla pendenza del giudizio comunitario sulla legittimità dell'imposizione dell'Irap nel suo complesso) e dell'applicabilità del ravvedimento operoso al caso di mancato o tardivo versamento della medesima imposta.
Infatti, il giudice di merito espressamente argomenta che: “la questione sottoposta al vaglio del Collegio è relativa alla legittimità o meno dell'imposizione della sanzione per ritardato pagamento IRAP, fondata sull'applicazione di una norma che escludeva tale imposta dall'istituto del ravvedimento operoso”.

Tutto ciò premesso, la Corte di cassazione ritiene che la Ctr abbia erroneamente affrontato la valutazione della sussistenza delle condizioni di oggettiva incertezza, di cui allo Statuto del contribuente, non con riferimento alla norma fondante l'imposizione dell'Irap, ma riguardo (o anche, contemporaneamente e indistintamente) all’articolo 1, comma 3, del Dl n. 106/2005, che escludeva, temporaneamente, in materia di Irap l'applicabilità del ravvedimento operoso.
La confusione di prospettive derivante da tale sovrapposizione, conclude la Corte, non consente, di conseguenza, di cogliere il nesso con la pendenza del giudizio presso la Corte di giustizia, tanto meno nella parte in cui la Ctr assume che "con la predetta decisione sovranazionale", non altrimenti precisata, sarebbero state "superate le norme che dispongono in senso contrario" alla legittimità delle sanzioni applicate alla contribuente. Invero, se il riferimento dovesse intendersi alla pronuncia comunitaria che ha definito il rinvio pregiudiziale in tema di Irap, il giudizio si è piuttosto concluso nel senso della compatibilità di tale imposta con  la direttiva comunitaria in materia di Iva.

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/ravvedimento-operoso-inutilizzabile-se-tardivo-versamento-e