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Giurisprudenza

Ravvedimento sull’intero debito
anche se parzialmente compensato

Non è conforme alla lettera della legge la sentenza che fa retroagire il reciproco “annullamento” delle somme a una data precedente la presentazione della dichiarazione da cui risulta il credito

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La società che ha eseguito il pagamento unificato, previsto dall’articolo 17 del Dlgs 241/1997, avvalendosi della compensazione per il parziale assolvimento delle obbligazioni tributarie venute a scadenza e che, contestualmente alla compensazione, ha scelto di avvalersi del ravvedimento operoso, ex articolo 13, Dlgs 472/1997, deve pagare la sanzione ridotta calcolata, però, sull’intera imposta versata in ritardo e non, invece, sulle somme residuate all’esito della compensazione.
Questo il chiarimento fornito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 6645 del 7 marzo 2019.
 
I fatti
Una Srl ometteva di versare, in data 16 ottobre 2004, le ritenute d’acconto operate sui dividendi pagati ai soci, per un importo di 737.500 euro. Il successivo 9 novembre, la società, mediante modello di pagamento unificato, assolveva all’obbligazione tributaria compensando il debito con un credito di imposta pari a 516.456,80 euro e versando interessi e sanzioni sulla differenza residua di 221.043,10 euro. In particolare, la contribuente, nel modello unificato F24 allegato al ricorso, ha calcolato gli interessi sulla differenza residua per il periodo 16 ottobre 2004 (data di scadenza del debito) – 9 novembre 2004 (data del versamento delle somme), determinando la sanzione nella misura agevolata del 3,75% e versando circa 229.731 euro.
 
L’ufficio, sul presupposto che la sanzione fosse dovuta sull’intera imposta, in quanto pagata in ritardo, notificava alla società cartella di pagamento con la quale chiedeva il versamento della parte residua, con relativi interessi e sanzioni, oltre i compensi di riscossione.
 
Seguiva il ricorso della società, accolto dalla Commissione tributaria provinciale sul presupposto che vi era stato ravvedimento operoso, tramite compensazione, con conseguente illegittimità dell’irrogazione della sanzione ordinaria del 30 per cento.
L’ufficio ha impugnato la sentenza lamentando l’erroneità della decisione, poiché il debito era ormai scaduto e, di conseguenza, il ravvedimento doveva essere effettuato sull’intera somma dovuta e non sulla differenza, e che la compensazione operava dal momento in cui veniva esercitata e non dal momento dell’insorgenza del debito.
La Commissione regionale ha respinto l’appello.
 
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 8, legge 212/2000, e dell’articolo 17, Dlgs 241/1997. Il giudice di secondo grado, cioè, aveva compiuto un’erronea lettura delle norme, perché la compensazione in materia tributaria è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti e secondo le modalità indicate dalla legge e subordinatamente alla manifestazione del contribuente di avvalersene in relazione a uno specifico tributo. Di conseguenza, quando è compiuta a mezzo del versamento unificato, la compensazione opera con effetto decorrente dal momento della presentazione del modello di pagamento unificato.
La Cassazione ha accolto il ricorso e ha affermato che “…in materia tributaria … la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione di rimborso, ed ogni deduzione sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge…”.
 
Osservazioni
I giudici di piazza Cavour sono stati chiamati a chiarire se la compensazione, ex articolo 17, Dlgs 241/1997, opera con effetto decorrente dal momento della presentazione del modello di pagamento unificato o, invece, retroagisce al tempo della coesistenza tra debiti e crediti reciproci. Poi hanno escluso che il ravvedimento operoso parziale possa incidere, riducendole, sulle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie.
 
Con riferimento alla compensazione in materia tributaria, la Commissione regionale, ritenendo che l’istituto non abbia una disciplina specifica, ha applicato le norme del codice civile (1242 cc), sull’erroneo presupposto che fosse sufficiente la sola coesistenza dei due debiti per estinguerli, con efficacia retroattiva dal momento di tale coesistenza e con l’effetto pratico di ritenere congruo e legittimo il calcolo delle sanzioni sulla somma residuata alla compensazione, come effettuato dalla Srl.
Tale interpretazione del secondo giudice non è stata ritenuta conforme a legge.
La Cassazione ha dato atto che, dal modello F24 allegato al ricorso della Srl, risultava che la società:

  1. aveva eseguito il pagamento unificato ex articolo 17, Dlgs 241/1997 avvalendosi della compensazione per il parziale assolvimento delle obbligazioni tributarie venute a scadenza il 16 ottobre 2004
  2. contestualmente alla compensazione, aveva scelto di avvalersi del ravvedimento operoso ex articolo 13, Dlgs 472/1997, calcolando la sanzione ridotta sulle somme residuate all’esito della compensazione.

La compensazione della Srl, quindi, doveva essere ricondotta nello schema delle disposizioni normative tributarie e, quindi, rapportata alle modalità ivi contemplate. Tali disposizioni, sottolinea la Corte, derogano alle comuni disposizioni del codice civile. Ciò in quanto, in materia tributaria:

  • la compensazione è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti
  • non può essere derogato il principio secondo il quale … ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso, e ogni deduzione sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge…”. Per costante orientamento di legittimità (Cassazione, pronunce nn. 16532/2017, 10207/2016, 17001/2013 e 12262/2007), tale principio non può considerarsi superato dall’articolo 8, comma 1, legge 212/2000 che, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato a decorrere dall’anno d’imposta 2002.

In particolare, la Cassazione ha delineato le caratteristiche della compensazione tributaria chiarendo che l’articolo17, Dlgs 241/1997:

  • estende la possibilità di estinguere l’obbligazione attraverso la compensazione ai tributi non omogenei
  • prevede la possibilità di applicare l’istituto della compensazione al momento del versamento unitario di diverse imposte e contributi (compensazione speciale)
  • quanto alle modalità, stabilisce che la compensazione debba risultare “dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” e che debba essere effettuata “entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”. Proprio dal tenore letterale di tale norma, i giudici di legittimità individuano nella dichiarazione il momento di operatività della compensazione: la norma, infatti, dispone che il credito da compensare deve risultare dalla dichiarazione e dalla denuncia periodica presentata successivamente alla data in vigore del decreto legislativo (Cassazione, n. 22330/2018).

Nella fattispecie esaminata, poiché la dichiarazione è intervenuta solo il 9 novembre 2004 e, poiché alla data in cui la società avrebbe dovuto procedere al pagamento delle ritenute di acconto (al 16 ottobre 2004) nessun credito d’imposta era ancora venuto a esistenza, la sentenza della Commissione regionale (che faceva retroagire la compensazione a una data precedente la presentazione della dichiarazione) non era conforme alla lettera della legge.
 
In relazione agli effetti del ravvedimento operoso parziale sull’applicazione delle sanzioni amministrative, infine, la Commissione regionale ha ritenuto ammissibile l’intero ravvedimento operoso sul presupposto erroneo che fosse conforme a legge il pagamento della sanzione in misura ridotta e degli interessi, effettuato solo per la quota parte del credito non compensata.
Al riguardo, la Corte ha affermato che tale ravvedimento era inammissibile, poiché l’articolo 13, comma 2, Dlgs 472/1997, pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie sia la regolarizzazione dell’obbligo tributario sia il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall’amministrazione finanziaria (Cassazione, pronunce 22330/2018 e 19017/2015).

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