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Giurisprudenza

Il reato di frode fiscale
dribbla la rogatoria internazionale

Legittimo, inoltre, il sequestro a scopo preventivo per equivalente dei beni mobili e immobili dell’indagato anche se non collegati direttamente al crimine contestato

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La Cassazione ha attribuito alla Guardia di finanza, con la sentenza n. 27736 del 12 luglio 2012, più ampi poteri, consentendo di utilizzare, nell’ambito delle indagini per frode fiscale, gli atti e i documenti esteri senza che sia necessario il rispetto della procedura di rogatoria internazionale.

Il fatto
Il Tribunale della libertà rigettava la richiesta di riesame proposta da un imprenditore avverso l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro di beni mobili e immobili, denaro, quote e partecipazioni societarie riconducibili allo stesso per un ammontare superiore a 150mila euro, ravvisando la sussistenza del fumus delicti quanto al reato di cui all’articolo 5 del Dlgs 74/2000 (omessa dichiarazione).
La misura era stata emanata sulla base di un’indagine della Guardia di finanza sia su conti correnti bancari sia su atti esteri acquisiti, però, senza rogatoria internazionale.

Il ricorso per cassazione
Avverso tale ordinanza, l’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
In particolare, il contribuente ha lamentato:
  • la violazione di legge in relazione al capo II del titolo II del libro undicesimo del cpp (rogatorie all’estero, articoli 727 e seguenti) e mancanza di motivazione in quanto il Collegio del riesame ha ritenuto utilizzabili atti esteri in assenza di rogatoria internazionale
  • violazione di legge in relazione all’articolo 5 del Dlgs 74/2000, in quanto non sussisterebbe alcun elemento idoneo a supportare il fumus boni iuris
  • erronea applicazione dell’articolo 322-ter cp (confisca) in quanto il Tribunale del riesame ha considerato profitto di reato beni non confiscabili, senza tenere conto della differenza tra il sequestro ex articolo 1, comma 143, legge 244/2007, e quello ex articolo 11, legge 146/2006; tutti i beni oggetto del sequestro, acquisiti prima della condotta criminosa, non avrebbero potuto essere destinatari del sequestro a fini di confisca.
 
La decisione
Valutate le obiezioni di cui sopra, i giudici della Suprema corte hanno ritenuto il ricorso infondato. Le acquisizioni documentali estere acquisite dalla Guardia di finanza (nel caso de quo, conti correnti bancari e altri atti esteri) attengono al procedimento di accertamento fiscale e, avendo natura di atti amministrativi, esulano dalla disciplina relativa alle rogatorie internazionali.

Già nel 2009 la stessa Cassazione (sentenza n. 24653 del 15 giugno) aveva dettato un principio più generale, ora applicabile anche alle maxi-inchieste fiscali, per cui “la sanzione d’inutilizzabilità degli atti assunti per rogatoria non si applica ai documenti autonomamente acquisiti dalla parte all’estero direttamente dalle amministrazioni competenti” e la successiva possibilità di utilizzo andava stabilita avendo riguardo alla disciplina dettata per i documenti dagli articoli 234 e seguenti del cpp, articoli relativi ai criteri di ammissibilità della prova documentale nel processo penale.
La Corte conferma, quindi, in particolare per quanto riguarda l’inapplicabilità della sanzione (inutilizzabilità degli atti assunti per rogatoria) prevista dall’articolo 729 del codice di procedura penale, quanto già sostenuto nella sentenza 24653/2009. L’utilizzabilità processuale della documentazione acquisita all’estero direttamente e autonomamente dall’Amministrazione fiscale italiana sarebbe dunque viceversa da valutarsi esclusivamente alla stregua dei criteri stabiliti dagli articoli 234 e seguenti del codice di procedura penale.

La sentenza, inoltre, ravvisando la sussistenza del fumus delicti (probabilità di effettiva consumazione) relativamente alla configurabilità del reato di cui all’articolo 5 del Dlgs 74/2000, ha confermato la legittimità del sequestro preventivo sui beni riconducibili all’imprenditore, anche alla luce del fatto che l’articolo 1, comma 143, della legge 244/2007 ha esteso la confisca per equivalente, alla quale il sequestro è funzionale alle condotte successive, poiché l’omessa dichiarazione dei redditi deve considerarsi commessa in riferimento a scadenze comunque collocabili nell’anno successivo.

Ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, non è poi necessaria la prova del nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca, per un valore corrispondente a quello relativo al profitto del reato, i beni nella disponibilità dell’indagato, che possono anche non avere alcun collegamento diretto con il reato, essendo il sequestro preventivo preordinato a evitare che, nelle more dell’adozione della confisca, i beni che si trovino a qualunque titolo nella disponibilità dell’indagato possano essere definitivamente dispersi (Cassazione, sentenza 24633/2006).
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