Gli indici di capacità contributiva ex articolo 38, comma quarto, Dpr n. 600 del 1973, hanno valenza di prova relativa, poiché incombe al contribuente l'onere di provare la mancata disponibilità dei beni o servizi sui quali si basa l'accertamento sintetico del reddito. Detti indici di ricchezza sono applicabili retroattivamente in virtù del loro valore procedimentale. Compete al giudice del rinvio verificare la disapplicazione delle sanzioni per l'impossibilità di conoscenza da parte del contribuente dei predetti fattori-indice in anni anteriori alla loro entrata in vigore.
Questa è la massima desumibile dalla recentissima sentenza 5 ottobre 2005, n. 19403, della sezione tributaria della Cassazione. Con tale pronuncia, la suprema Corte ha confermato sia l'efficacia probatoria che la natura procedimentale(1) del cosiddetto "redditometro", previsto dai decreti ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992.
Nel caso di specie, la Corte di cassazione ha ribadito un principio già affermato negli anni precedenti, affermando che, sebbene la irretroattività delle leggi tributarie sia ora sancita dall'articolo 3 della legge n. 212 del 2000, tuttavia il redditometro non è creazione di nuove fattispecie impositive - per le quali vige il divieto di retroattività - bensì un mero strumento istruttorio, procedimentale, con il quale gli uffici possono verificare la capacità contributiva reale dei contribuenti alla luce del possesso di determinati beni o servizi indici di ricchezza.
Trattasi, pertanto, di un accertamento "sintetico", che ha natura di presunzione relativa, poiché al contribuente è rimesso l'onere di provare il mancato possesso dei predetti beni-indici, ovvero di dimostrare concretamente le fonti di ricchezza del proprio sostentamento.
Nessun divieto di retroattività è possibile invocare da parte di chi ha subito un accertamento, basato su questi indici di capacità contributiva, per annualità precedenti l'entrata in vigore dei decreti ministeriali 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992.
La sentenza che qui si commenta appare degna di segnalazione anche perché, nel caso di specie, statuisce la possibile disapplicazione delle sanzioni tributarie per incertezza della normativa, rimettendo al giudice di rinvio il compito di pronunciarsi sull'applicabilità dell'articolo 6 del Dlgs n. 472/97. Orbene, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 6 del Dlgs 472/97 può giustificare in sede processuale i motivi di censura della pretesa fiscale. La sua violazione costituisce motivo d'impugnazione del provvedimento d'irrogazione della sanzione. Il giudice non può rilevare d'ufficio la violazione e falsa applicazione dell'articolo 6, comma 2, del Dlgs 472/97, in applicazione degli articoli 99 e 112 del c.p.c.
L'assenza di volontà evasiva del trasgressore è rilevante solo se si ricollega all'obiettiva incertezza; la mancanza dell'obiettiva incertezza non può essere sostituita dalla buona fede soggettiva del trasgressore.
Non rileva la sola incertezza derivante da condizioni soggettive del ricorrente; non è sufficiente che il soggetto passivo d'imposta versi in uno stato di cosiddetta buona fede, poiché occorre che l'errore sia stato cagionato da una serie di circostanze oggettive. Il presupposto della non applicabilità della sanzione deve necessariamente risiedere in elementi rigorosamente oggettivi (ad esempio, conformità del comportamento del soggetto passivo d'imposta all'interpretazione del fisco; esistenza di interpretazioni giurisprudenziali contrastanti; novità della normativa violata non di facile lettura; mancanza di pronunce giurisprudenziali; conflitti tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; presenza di sentenze favorevoli alla tesi dei contribuenti).
L'obiettiva incertezza riguarda tutti i soggetti che si trovano di fronte al problema di scegliere tra più condotte astrattamente conforme al precetto.
La norma è obiettivamente incerta solo se riguarda tutti i soggetti che si trovano nella medesima situazione.
Di fronte all'incertezza del precetto, alcuni soggetti adottano comportamenti ex post non conformi alla norma, altri invece adottano comportamenti conformi.
Qualora i comportamenti difformi siano poco rilevanti sotto il profilo quantitativo rispetto a quelli conformi può essere difficile sostenere l'obiettiva incertezza del precetto.
Non è consentito estendere il concetto d'obiettiva incertezza fino a ricomprendere il semplice dubbio interpretativo (Cassazione n. 14476/2003; n. 6251/2003; n. 17515/2002; n. 13482/2001).
Spetta al contribuente dimostrare quali siano gli elementi positivi di confusione che determinano obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione di una normativa, la quale deve comunque contenere una pluralità di prescrizioni il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l'equivocità del loro contenuto (Cassazione, sez. V, sentenza n. 22197 del 8 novembre 2004).
NOTE
1. La sezione V della Corte di cassazione più volte ha ribadito (sentenza n. 14161/2003; n. 10350/2003; n. 9520 del 13/06/03; n. 12731 depositata il 30 agosto 2002; n. 11611 dell'11/09/2001; n. 11607 dell'11/09/2001; n. 8372 del 20/06/2001; n. 15045 del 21/11/2000; n. 9446 depositata il 12/07/01; n. 12731 del 30/08/2002; n. 11611 dell'11 settembre 2001) che il potere dell'ufficio tributario di determinare sinteticamente il reddito complessivo sulla scorta d'indizi, secondo l'articolo 38, comma 4, del Dpr 600/73, implica l'utilizzo di coefficienti presuntivi e, dunque, consente il riferimento ai cosiddetti "redditometri", anche se contenuti in decreti ministeriali successivi, vertendosi in materia non d'applicazione retroattiva di norme, ma di valutazioni in mancanza di circostanze di segno contrario, di parametri e calcoli statistici di provenienza qualificata e d'attitudine indiziaria indipendente dal tempo dell'elaborazione.
Ruvo, "Ancora sulla retroattività del redditometro" in Il fisco n. 40/2002, pag. 6344. Calcagno M., "Sulla retroattività del c.d. redditometro" in Diritto e pratica tributaria 2000, pag. 397. Giuseppe Schiavo, "E' legittima l'applicazione retroattiva del redditometro risultante dai decreti ministeriali?" in Corriere Tributario n. 35/2002. Massimino Lorenzo, "Sulla applicazione retroattiva del redditometro" in Rivista di diritto tributario Giuffrè 2001, pag. 793. Bellini-Toni, "La giurisprudenza si divide sulla legittimità dell'applicazione retroattiva del redditometro" in Il fisco n. 40/1999, pag. 12650.
Redditometro retroattivo, ma senza sanzioni
L'applicabilità al passato degli indici di capacità contributiva può costituire causa di non punibilità ex articolo 6, Dlgs 472/97
