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Giurisprudenza

Registro pieno, per l’atto “unilaterale”
d’impegno a saldare il mutuo residuo

La scrittura, formata senza la partecipazione della banca erogatrice, non ha un proprio contenuto patrimoniale: è una pattuizione accessoria, strettamente collegata al contratto originario

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L’atto mediante il quale uno dei due mutuatari assume l’obbligo di pagare l’intero debito residuo alla banca creditrice non rientra nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti di cui al Dpr n. 601/1973 e, di conseguenza, sconta l’imposta di registro con l’aliquota del 3%.
Questo principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 29311 del 21 ottobre 2021.

All’origine della vicenda c’è un atto di mutuo stipulato nel 2005 tra una banca e due mutuatari. Con un successivo atto del 2013 uno dei due mutuatari ha assunto l’obbligo di provvedere personalmente al pagamento dell’intero residuo del mutuo. 
In sede di registrazione dell’atto, il notaio ha applicato l’imposta di registro con l’aliquota dello 0,5% sull’importo residuo del mutuo.
L’ufficio territoriale, presso il quale è stato registrato l’atto, ha inviato un avviso di liquidazione ritenendo che l’imposta di registro fosse dovuta con l’aliquota del 3% sulla base dell’articolo 9 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico sull’imposta di registro, Dpr n. 131/1986. Questa disposizione, in particolare, prevede l’aliquota del 3% in relazione agli atti contenenti prestazioni patrimoniali, diverse da quelle contemplate dalle altre disposizione della citata tariffa.

Le parti hanno impugnato l’avviso di liquidazione, sostenendo che l’atto doveva essere registrato in esenzione da Registro, in quanto rientrante nel campo di applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, di cui agli articoli 15 e seguenti del Dpr n. 601/1973.
Questo decreto disciplina, tra l’altro, un particolare regime impositivo applicabile alle operazioni relative ai finanziamenti, effettuati da aziende e istituti di credito, con durata superiore a diciotto mesi.  Come disposto dal richiamato articolo 15, questo regime non riguarda solo l’atto di finanziamento, ma si estende a “…tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, nonché alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi…”.
Le operazioni soggette al regime in esame scontano un’imposta sostitutiva in luogo delle ordinarie imposte di registro, bollo, ipotecaria e catastale.
 
In sede contenziosa la parte ha sostenuto che l’atto del 2013 fosse una semplice modifica del precedente atto di mutuo e, come tale, dovesse beneficiare dell’esenzione dall’imposta di registro.
In particolare, secondo il notaio, l’atto mediante il quale un mutuatario assumeva l’obbligo di saldare l’intero debito residuo non aveva un proprio contenuto patrimoniale, ma rappresentava una pattuizione accessoria, strettamente collegata al mutuo originario e inerente alla mera esecuzione del mutuo stesso.
L’amministrazione finanziaria ha, invece, evidenziato che la scrittura del 2013 era stata formata soltanto con l’intervento dei due mutuatari, senza la partecipazione della banca creditrice. Di conseguenza tale scrittura non poteva essere considerata come una scrittura modificativa dell’originario contratto di mutuo, proprio in considerazione della mancata partecipazione della banca.

La Corte di cassazione ha accolto la tesi dell’ufficio, ritenendo legittima l’applicazione dell’imposta di registro. I giudici, dopo aver ribadito che tutte le norme agevolative e, quindi anche l’articolo 15 del Dpr n. 601/1973 sono norme di stretta interpretazione, hanno richiamato la ratio legis di tale disposizione, evidenziando che questa norma è finalizzata ad agevolare gli investimenti produttivi, “…nella previsione che essi possano creare nuova ricchezza, sulla quale potrà più adeguatamente applicarsi il prelievo fiscale”.
Di conseguenza, ha ritenuto che non avrebbe senso agevolare un negozio che, come quello oggetto della pronuncia in commento, non fornisce alla parte una nuova provvista di denaro suscettibile di impieghi produttivi, ma si limita a individuare le modalità di pagamento di una somma già erogata a titolo di mutuo. Si tratta, quindi di un mero accordo tra debitori solidali, mediante il quale vengono regolati i rapporti interni di un rapporto di mutuo.

Alla luce di tali considerazioni la Corte suprema ha negato l’applicabilità dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, con conseguente applicazione dell’imposta di registro proporzionale e conferma dell’avviso di liquidazione emesso dall’ufficio.

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