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Giurisprudenza

Registro proporzionale alla sentenza
che accerta la vendita simulata

A prescindere dalle conseguenze civilistiche derivanti dalla constatazione della finta stipula, ai fini fiscali il falso trasferimento di partecipazioni deve ritenersi avvenuto a tutti gli effetti

vendita

La sentenza che accerta la simulazione assoluta di un contratto avente ad oggetto la cessione di una partecipazione societaria, sconta l’imposta di registro con l’aliquota dell’1%, trattandosi di un provvedimento giurisdizionale che accerta diritti a contenuto patrimoniale.
Questo principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 12796 del 26 giugno 2020.

Il caso in esame riguarda un contratto mediante il quale era stato trasferito il 90% delle quote di una società a responsabilità limitata.
Alcuni anni dopo la stipula dell'atto, il Tribunale di Milano aveva emesso una sentenza con la quale veniva dichiarata la simulazione assoluta del contratto.

Prima di esaminare gli aspetti legati alla tassazione della sentenza, occorre premettere che, a livello civilistico, la simulazione del contratto è disciplinata dagli articoli da 1414 a 1417 del codice civile.
Tale fattispecie ricorre quando le parti stipulano un contratto che soltanto apparentemente produrrà gli effetti risultanti dal testo dell'atto, mentre, in realtà, le parti sono d’accordo nel senso che il contratto da loro sottoscritto, non produrrà alcun effetto, oppure produrrà un effetto diverso da quello risultante dall'atto da loro sottoscritto.
Le parti, quindi, in caso di simulazione, sono d'accordo nell'esteriorizzare un accordo che non corrisponde alla loro volontà, la quale, invece, è consacrata in un separato accordo segreto.

In particolare, la tipologia in argomento, si distingue tra:

  • simulazione assoluta: ricorre quando le parti vogliono che il contratto da loro stipulato non produca alcun effetto
  • simulazione relativa: in questo caso, l’intenzione delle parti è che il contratto produca effetti diversi da quelli che, soltanto apparentemente, sono stati enunciati nel testo sottoscritto.

In sintesi, alla base della simulazione vi è un accordo tra i contraenti, chiaramente non esteriorizzato nell’atto, per effetto del quale il contratto non produrrà alcun effetto (simulazione assoluta) oppure produrrà un effetto diverso da quello apparente (simulazione relativa).

Ai fini della tassazione delle sentenze che pronunciano tali ipotesi è importante fare riferimento all'articolo 8 della Tariffa, parte prima, allegata ad Testo unico sull'imposta di registro, Dpr n. 13/1986.
Questa disposizione, al primo comma, lettera c), prevede l'applicazione dell'imposta di registro con l'aliquota dell'1% per gli atti dell'autorità giudiziaria che accertano diritti di natura patrimoniale.
In applicazione di tale norma, l'ufficio ha richiesto, per la registrazione della pronuncia di accertamento della simulazione del contratto di cessione di quote sociali, l'imposta di registro in misura proporzionale.

In sede contenziosa, invece, le parti ritenevano che l'imposta di registro dovesse essere applicata soltanto in misura fissa, sulla base della lettera e) della stessa disposizione sopra richiamata, la quale prevede l'applicazione dell'imposta di registro di 200 euro per i provvedimenti giudiziari che “...dichiarano la nullità o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto...”.

La tesi dei contribuenti era stata accolta sia in primo che in secondo grado, sulla base del fatto che la sentenza di simulazione aveva accertato “l'inesistenza del dichiarato trasferimento del bene”.
In particolare, la Ctr della Lombardia, con la sentenza n. 1662/2015 ha affermato, a sostegno dell'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa, che, nel caso in commento, “...non si disquisisce affatto di diritti a contenuto patrimoniale. La sentenza, oggetto di tassazione, di certo, assume valore dichiarativo e non costitutivo”.

A seguito del ricorso presentato dall'Agenzia delle entrate, la Corte di cassazione, con l'ordinanza in esame ha, invece, ritenuto applicabile l'imposta di registro in misura proporzionale, ritenendo legittimo l'operato dell'ufficio.
In particolare, i giudici hanno richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in base al quale “...la sentenza dichiarativa della simulazione, assoluta o relativa, di un contratto, con effetti reali, costitutivo o traslativo di diritti, è soggetta al pagamento di una nuova imposta di registro (cosiddetta tassa di titolo”) realizzando, ai fini tributari, un “ritrasferimento” del bene, oggetto del precedente contratto simulato”.

Nella motivazione, in senso conforme, sono state richiamate le seguenti pronunce della stessa Corte di cassazione: ordinanza n. 14197/2014, sentenze n. 6228/1981, n. 1344/1974, n. 2097/1971, n. 841/1970.

È stato, quindi, accolto il principio in base al quale, a prescindere dalle conseguenze civilistiche derivanti dall'accertamento della simulazione di un contratto, ai fini fiscali il trasferimento simulato deve ritenersi avvenuto a tutti gli effetti. Da ciò consegue che, a seguito della sentenza che attesta la simulazione del contratto, fiscalmente si pone “...in essere, ai soli fini dell'imposta, una retrocessione, soggetta ad imposta...”.
Pertanto, è stata ritenuta legittima l'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale, conformemente a quanto già precisato dalla risoluzione n. 250752/1980.

Occorre, inoltre, sottolineare che l'avvenuto accertamento del finto accordo, non costituisce un presupposto per il rimborso dell'imposta di registro versata in sede di registrazione dell'atto del quale è stata poi accertata la simulazione.
Al riguardo occorre richiamare l'articolo 38 del citato Dpr n. 131/1986, in base al quale “La nullità  o l'annullabilità dell'atto non dispensa dall'obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta. L'imposta assolta a norma del primo comma deve essere restituita, per la parte eccedente la misura fissa, quando l'atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma”.

Qualora l’inefficacia di un atto derivi dall'accertamento della simulazione dell'atto stesso, è evidente che la conseguente nullità è imputabile alle parti e, pertanto, non sussiste il diritto alla restituzione dell'imposta già versata. Si veda, in tal senso, l'ordinanza della Corte di Cassazione n. 5039/2012 del 28 marzo 2012.

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