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Giurisprudenza

La relata posta sul frontespizio
non invalida la notifica dell’atto

Il criterio adottato ribadisce la strumentalità della forma, la cui inosservanza non è di per sé rilevante, ma lo diventa se il vizio compromette il raggiungimento dello scopo

Non è nulla la notifica dell’atto tributario quando la relata, anziché in calce, sia erroneamente apposta sul frontespizio, ma l’interessato non contesti specificamente la completezza e conformità all’originale dell’atto notificatogli.
Così ha concluso la Corte di cassazione, con la sentenza 8432 del 31 marzo 2017, in cui viene ricordato che la relata è un atto pubblico che fa fede fino a querela di falso circa la verità degli elementi (ad esempio, il numero delle pagine di cui si compone l’atto) che risultano ivi attestati.
 
La vicenda processuale
Un contribuente impugnava con successo, dinanzi alla Ctp di Napoli, una cartella di pagamento.
Il verdetto era confermato dal collegio tributario regionale, che ribadiva l’illegittimità dell’atto della riscossione in conseguenza dell’accertata nullità della notifica dell’accertamento presupposto.
Il giudice di seconde cure fondava la sua decisione riportandosi alla pronuncia 6749/2007 della Cassazione, che aveva affermato la nullità della notificazione della sentenza in un caso in cui la relata era stata apposta sul frontespizio del documento, osservando che soltanto l’apposizione della relata in calce garantisce la consegna dell’atto nella sua integralità.
 
Nel ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate proponeva un unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli articoli 148, 157 e 160 cpc e dell’articolo 60 del Dpr 600/1973, per avere la Ctr ritenuto nulla la notifica dell’atto perché la relata era stata apposta sul frontespizio e non in calce all’atto in violazione dell’articolo 148 cpc, trattandosi di ipotesi non inclusa tra le cause di nullità della notificazione e, comunque, sanata per raggiungimento dello scopo ex articolo 156 cpc, atteso l’avvenuto deposito dell’accertamento stesso da parte del contribuente sin dal giudizio di primo grado, con la contestuale contestazione della pretesa impositiva.
 
La pronuncia della Corte
Il Collegio di nomofilachìa ha accolto la censura di parte pubblica, cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
Nella premessa della parte motiva della pronuncia, i giudici supremi hanno innanzitutto ricordato che, al di fuori dei casi di radicale inesistenza per totale mancanza o irriconoscibilità della notificazione, “la difformità dal modello legale genera mera nullità, sanabile ex tunc per raggiungimento dello scopo”.
Inoltre, riportandosi al proprio precedente n. 23175/2016, la Cassazione ha osservato che “non può dichiararsi la nullità della notifica dell’atto impositivo per apposizione della relata sul frontespizio anziché in calce ove non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato, il quale contenga in ogni foglio il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, ciò che garantisce all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con conseguente raggiungimento dello scopo della notifica”.
 
La relazione di notifica apposta dall’ufficiale notificatore sul frontespizio dell’atto, si legge nell’odierno arresto, “non è, per tale solo fatto, un atto "privato" ma, anzi, partecipa comunque alla stessa natura certificativa degli atti propri dell’ufficiale giudiziario, sicché in relazione agli elementi che risultano così attestati ha valore probatorio fino a querela di falso”.
Pertanto, conclude la Corte, anche in caso di irregolare apposizione della relata (sul frontespizio anziché in calce all’atto) persiste la prova, fino a querela di falso, della regolarità dell’atto notificato in relazione agli elementi certificati dall’agente notificatore, “da cui discende… la presunzione - che incombe al destinatario contestare e superare - di piena conformità e/o completezza dell’atto notificato”.
 
Osservazioni
Le varie forme di notificazione disciplinate dal codice di rito civile (le cui disposizioni sono applicabili anche in ambito tributario, in base all’articolo 60 del Dpr 600/1973, salve alcune peculiari deroghe ivi specificamente regolamentate) sono accomunate dalla circostanza che l’attività di notifica è sempre oggetto di apposita certificazione.
L’articolo 148, primo comma, cpc, infatti, stabilisce che l’agente notificatore (ufficiale giudiziario e, per quanto riguarda gli atti tributari, anche messo comunale o messo speciale autorizzato dell’ufficio) certifica l’eseguita notificazione “mediante relazione, da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto”. Il successivo comma prevede che la relata indichi la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’agente notificatore, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario.
 
La relata di notifica, in quanto proveniente da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, costituisce un atto pubblico (articolo 2700 cc) e le attestazioni in essa contenute fanno piena prova fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale notificatore, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza e il ricevimento delle dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco (Cassazione, pronunce 5349/2017, 1197/2017, 7052/2016, 4219/2016, 2118/2016, 240822015 e 18892/2015).
Pertanto, seppure è vero che la legge prevede che la relata venga apposta “in calce” all’atto, è altresì vero che ogni attestazione di fatti compiuti personalmente dall’ufficiale notificatore (come, ad esempio, quella riguardante il numero delle pagine di cui si compone l’atto che viene trasmesso all’interessato) è coperta da fede privilegiata.
 
Sul punto, già la pronuncia 9548/2011 della Cassazione aveva avuto modo di rilevare che l’attestazione contenuta nella relata di consegna di una “copia” di un atto al suo destinatario si estende alla conformità della copia consegnata all’originale completo e, pertanto, la parte che eccepisca la mancanza di alcuno dei fogli o delle pagine nella copia a essa consegnata, è tenuta a proporre querela di falso.
 
L’odierna pronuncia conferma dunque l’approccio sostanzialistico già abbracciato, da ultimo, anche dalla Corte suprema con la decisione 5435/2017 (anch’essa emessa in fattispecie in cui si contestava l’apposizione della relata sul frontespizio), ribadendo, quindi, che la mera inosservanza delle forme della notificazione non è in grado di riverberarsi sulla validità della notifica stessa quando lo scopo cui tende la notifica stessa sia stato comunque raggiunto.
 
Si rafforza, quindi, la regula iuris secondo cui, poiché la disciplina generale della nullità è fondata sul principio di “strumentalità” delle forme – nel senso cioè che la nullità (dell’atto o, per quanto d’interesse, della notifica) non discende di per sé dalla violazione della forma, ma dalle conseguenze che il vizio di forma comporta sull’idoneità dell’atto (della notifica) a raggiungere lo scopo cui è preordinato –, la piena conoscenza dell’atto realizza “il nucleo forte di tutela dell’esercizio del diritto di difesa cui sono parametrare tutte le garanzie offerte dall’ordinamento perché tale effetto sia davvero conseguito, senza dar rilievo ad aspetti puramente formali che ostacolino la pronuncia sostanziale di giustizia alla quale tende l’ordinamento” (Cassazione, pronuncia 5057/2015).
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