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Giurisprudenza

Resta edificabile e non agricola
l’area diventata parco comunale

I vincoli posti dal piano regolatore non modificano la natura originaria del terreno e, quindi, ai fini fiscali, i limiti di utilizzo incidono solo sul valore commerciale del bene

parco pubblico
Ai fini dell’insorgenza di una plusvalenza imponibile a norma dell’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir, l’espressione “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria”, contenuta nella medesima disposizione, non può tradursi nella più restrittiva accezione di “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria residenziale”, in quanto anche l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico (quali parcheggi, strade, verde pubblico attrezzato) incide nella determinazione del valore venale dell’immobile.
È quanto stabilito dalla Corte di cassazione con la sentenza del 15 luglio 2016, n. 14503.
 
Il fatto
L’Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di accertamento con il quale, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, accertava una maggiore Irpef in conseguenza di una plusvalenza realizzata con la vendita di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
Avverso il predetto avviso veniva proposto ricorso in Commissione tributaria provinciale.
La Ctr di Torino, dinanzi alla quale l’Agenzia aveva proposto appello per l’impugnazione della sentenza di primo grado favorevole al contribuente, ribaltava la decisione di prime cure, decidendo per la natura edificatoria e non agricola dei terreni, anche se gli stessi risultavano destinati, dallo strumento urbanistico generale, a viabilità e parcheggio.
 
Proponeva ricorso per cassazione il contribuente denunciando, con unico motivo, la falsa applicazione dell’articolo 67, comma 1, lettera b), Tuir, e dell’articolo 36, comma 2, legge 248/2006.
In particolare, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza di secondo grado per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Eccepiva, infatti, che i terreni, come da strumento urbanistico, avevano una destinazione di per sé ostativa a qualsiasi impiego a scopo edificatorio.
 
La decisione
La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso.
Per i giudici di legittimità, l’inclusione di un terreno in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, quali, ad esempio, parcheggi o verde pubblico, incide nella determinazione del valore commerciabile dell’immobile stesso, da valutare in base alla maggiore o minore potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile. Hanno altresì precisato che i vincoli di inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venir meno l’originaria natura edificabile.
 
Sulla scorta delle predette considerazioni, a parere dei giudici, la cessione di tali aree a titolo oneroso è idonea a determinare l’insorgenza di una plusvalenza imponibile a norma dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, “dovendosi considerare che non sussiste alcun elemento interpretativo dal quale desumere che l'espressione terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria contenuta nella norma citata, possa tradursi nella più restrittiva accezione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria residenziale”.
 
Normativa di riferimento e precedenti giurisprudenziali
L’articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, include fra i redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni …nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (…)”.
La norma contempla, dunque, due distinte ipotesi di plusvalenza concernenti i terreni. La prima è costituita dalla cessione a titolo oneroso di terreni acquistati da non più di cinque anni, l’altra dalla cessione dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria. Le predette ipotesi si distinguono, tra l’altro, per il fatto che nella prima assume rilevanza l’elemento temporale, che nella seconda non è previsto. Infatti, le cessioni di terreni edificabili sono in ogni caso imponibili a prescindere dal periodo di tempo che intercorre tra l’acquisto e la vendita degli stessi.
La definizione di terreno edificabile valida ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva, dell’imposta di registro e dell’Ici, è dettata dall’articolo 36, comma 2, del Dl 223/2006, dove viene stabilito che “un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo”.
 
In sostanza, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria con risoluzione 170/2009, sotto il profilo fiscale, un’area si considera utilizzabile per scopi edificatori prima ancora che l’iter di approvazione del piano regolatore si sia concluso con la convalida dello stesso da parte della Regione, essendo sufficiente, a tal fine, la semplice adozione da parte del Comune. L’interpretazione ha trovato conferma anche nella pronuncia 14763/2015, con la quale la Corte di cassazione ha statuito che “l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile (…)”.
 
La destinazione di un’area a scopi pubblici non esclude, quantomeno potenzialmente, l’edificabilità della stessa. Il terreno è considerato fabbricabile non soltanto nel caso in cui vengano realizzati immobili di edilizia abitativa o residenziale, ma più in generale, qualunque tipo di costruzione. Come richiamato nella citata risoluzione 170/2009, già la Corte di cassazione, in diverse occasioni (sentenze 1626/2006 e 19591/2008), si è pronunciata nel senso di ritenere che l’edificabilità di un’area è tale da includere non solo quella “abitativa”, ma anche ogni tipologia di intervento che possa essere annoverato nel concetto di edificazione.
 
Successivamente la Corte, con la sentenza 23316/2013, ha confermato come un terreno ricadente in zona agricola, sia pure con un limitato indice di edificabilità, può essere considerato fabbricabile e, quindi, può dar luogo, in caso di cessione a titolo oneroso, a una plusvalenza tassabile come reddito diverso. Nella citata pronuncia, la Cassazione ha precisato che “non vi è dubbio (...) che la norma assoggetta a tassazione la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di terreno sul quale lo strumento urbanistico vigente consenta, a qualunque titolo e per qualunque scopo, di edificare, senza che, pertanto, a nulla rilevi cosa e a qual fine si costruisca, e che la prevista «utilizzazione edificatoria» sia meramente strumentale alla sua destinazione agricola, e, che, quindi, la possibilità di costruire sia soggetta a restrizioni”.
 
Al riguardo, si segnala anche la pronuncia 5161/2014, con la quale è stato ribadito che “l’edificabilità non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico-edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria”. Per i giudici, la presenza di vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile.
 
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