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Giurisprudenza

Rettifica valore di immobili: sì
alla comparazione su valori accertati

L’atto relativo alle imposte ipocatastali di un terreno non è carente di motivazione se l’ufficio nel raffronto non ha allegato il contenuto dei corrispondenti accertamenti in rettifica

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È legittimo, ai fini dell’imposta di registro, l’avviso di rettifica del valore di un terreno emesso dall’Agenzia delle entrate che riproduca il contenuto essenziale degli atti utilizzati come parametro di riferimento, quand’anche si tratti di valori accertati dall’Ufficio, purché venga almeno riprodotto il contenuto essenziale degli avvisi oggetto di comparazione.
Lo ha stabilito la Cassazione che, con l’ordinanza n. 381 del 10 gennaio 2022, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
Il caso riguarda un avviso di liquidazione con cui l’amministrazione finanziaria aveva rettificato, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, il valore di un terreno edificabile. La Ctr aveva rigettato l’appello dell’Agenzia per carenza di motivazione, evidenziando che l’ufficio aveva utilizzato per la comparazione, per tre dei quattro atti indicati, valori accertati e non dichiarati, senza tuttavia allegare o riportare il contenuto dei corrispondenti accertamenti in rettifica.
Secondo l’Agenzia delle entrate, la pronuncia violava gli articoli 51 e 52 del Dpr n. 131/1986, ben potendo rientrare tra gli elementi di valutazione indicati dalla norma anche i valori accertati e non necessariamente dichiarati per tali beni.
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Per i giudici di legittimità, infatti, un avviso di rettifica in tema di imposta di registro deve ritenersi adeguatamente motivato laddove riproduca il contenuto essenziale degli atti utilizzati come termini di comparazione, con la specificazione che trattasi di valori dichiarati o accertati, senza che ne derivi a cascata l’obbligo di allegare o riportare eventuali avvisi di accertamento a essi relativi. L’articolo 51, comma 3, prima menzionato, non introduce infatti l’utilizzo di un criterio automatico o predeterminato né impone o specifica che il valore in comparazione debba essere necessariamente quello ab origine dichiarato.
Sarà oggetto di una successiva valutazione di merito la verifica della sufficienza sul piano probatorio degli elementi offerti dall’amministrazione a sostegno della rettifica, potendosi solo in quella sede tenere conto, sul piano della maggiore o minore attendibilità, del fatto che i valori utilizzati in comparazione siano stati ab origine dichiarati, accertati in sede definitiva o siano ancora sub iudice.
Pertanto, la Cassazione ha accolto il motivo di ricorso delle Entrate e cassato la sentenza impugnata rinviando la causa alla Ctr Campania, in diversa composizione.

Ulteriori osservazioni
Nel caso affrontato dalla pronuncia in commento, risulta pacifica la mancata allegazione all'avviso di rettifica degli atti di vendita offerti in comparazione ma, nello stesso tempo, la completezza della descrizione sintetica ivi contenuta in riferimento agli atti utilizzati in termini parametrici, in quanto per ciascuna compravendita sono stati riportati il numero di repertorio e di raccolta, oltre che la data del rogito e del nominativo del notaio rogante, unitamente all'ubicazione, ai dati catastali, alla destinazione, all'estensione e al valore dichiarato o accertato dei beni, oggetto degli atti utilizzati per la comparazione.
Sul punto si ricorda il consolidato orientamento (Cassazione, sentenze n. 17226/2018 e n. 21066/2017), secondo cui in tema di imposta di registro, l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto utilizzato per la comparazione, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l'obbligo di allegare all'avviso l'atto utilizzato per la comparazione.
In tema di motivazione per relationem la Cassazione ha da tempo adottato una interpretazione non formalistica dell’articolo 7 della legge 212/2000: il rigore della norma, infatti, deve essere contemperato con quella che è la sua finalità, vale a dire la tutela del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa del contribuente.
Questione controversa restava invece se possa ritenersi sufficientemente motivato un avviso di rettifica che, in parte, faccia riferimento ad atti portati in comparazione i cui valori siano stati accertati dall'Ufficio stesso con distinti e ulteriori atti, e quindi non corrispondenti a quelli dichiarati dalle parti, senza che a loro volta tali atti siano stati allegati.
La risposta della Cassazione è stata positiva: secondo i giudici di legittimità, affinché il diritto di difesa del contribuente possa considerarsi rispettato, è sufficiente la riproduzione del contenuto essenziale degli atti utilizzati come parametro di riferimento, anche ove si tratti di valori accertati dall’ufficio.

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