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Giurisprudenza

Ricavi fittizi, buoni come i veri

Il recupero di costi inesistenti non deve accompagnarsi necessariamente alla rettifica dei componenti positivi

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In tema di accertamento dei redditi d'impresa, è legittima la condotta dell'Amministrazione finanziaria, che si limita a recuperare soltanto i costi fittizi, senza abbattere i maggiori ricavi falsamente dichiarati. Ciò, in virtù del principio di tipicità degli atti di accertamento, nel cui ambito, fatta eccezione per i provvedimenti adottati in via discrezionale in autotutela o su richiesta di rimborso, non sono previsti provvedimenti finalizzati alla riduzione del debito d'imposta dichiarato dal contribuente.
E' quanto affermato dalla Corte di cassazione, nella sentenza n. 23859, depositata il 19 novembre 2007, con la quale si consolida il principio, secondo cui i ricavi dichiarati dal contribuente concorrono alla determinazione del reddito d'impresa, anche se il Fisco accerta che sono conseguenza di costi fittizi, recuperati a tassazione.

La controversia, portata all'attenzione della Suprema corte trae origine dall'impugnazione, davanti alla Ctp di Avellino, di un avviso di accertamento, con cui l'ufficio finanziario aveva provveduto a recuperare a tassazione dei costi indeducibili, relativi a operazioni inesistenti.
La società ricorrente, rimasta soccombente in primo grado, proponeva appello. La Ctr accoglieva parzialmente le doglianze della società appellante, evidenziando la necessità di applicare una regola di "equivalenza": se andavano diminuiti i costi di esercizio, relativi agli acquisti inesistenti, andava fatta la stessa operazione con i falsi ricavi.

L'Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione, eccependo che la sentenza di secondo grado era in contrasto "sia con le disposizioni che regolano l'accertamento d'ufficio, sia con i principi che disciplinano il giudizio tributario". Ciò in quanto il Fisco è obbligato a recuperare a tassazione gli utili non dichiarati e i costi non deducibili e non, invece, a "rettificare la dichiarazione dei redditi a favore del contribuente, riducendo l'imponibile di corrispettivi asseritamene inesistenti".

La posizione espressa dall'Amministrazione è stata pienamente condivisa dalla Corte.
I giudici hanno affermato che il recupero dei costi fittizi, senza ridurre i corrispondenti ricavi fittiziamente dichiarati, non è in contrasto con il previgente articolo 75 del Tuir (ora articolo 109), in quanto coerente con il principio di tipicità degli atti di accertamento. In forza di tale principio, sono ammessi provvedimenti finalizzati alla riduzione dei componenti negativi, ma non dei positivi, salvo quelli adottati in via discrezionale in autotutela o su richiesta di rimborso.
In buona sostanza, è possibile solo ridurre i costi di esercizio fittizi, ma non i ricavi inesistenti, i quali, invece, vanno integralmente accertati e sottoposti a tassazione!

Come si anticipava, la pronuncia in esame è importante in quanto contribuisce a rafforzare un preciso orientamento giurisprudenziale, invero prevalente, secondo cui quando il Fisco recupera a tassazione costi inesistenti, non è tenuto ad "abbattere" proporzionalmente il reddito dichiarato (Corte di cassazione, sentenze 12918/2007, 4224/2006, 19.003/2005). Con la pronuncia in esame, l'opposto indirizzo giurisprudenziale (Corte di cassazione, sentenza 19062/2003), già minoritario, conosce un ulteriore indebolimento della sua, oramai precaria, regola di equivalenza: gli elementi economici inesistenti vanno considerati sia contro il contribuente (costi, da recuperare a tassazione), che a favore (ricavi, da abbattere).

L'orientamento espresso dalla decisione in commento, secondo cui gli uffici finanziari devono limitarsi a recuperare a tassazione i costi non sostenuti, appare maggiormente condivisibile, per due precise ragioni.
In primo luogo, esplica un ruolo fondamentale il richiamato principio di tipicità degli atti di accertamento, che assume valenza ostativa all'abbattimento dei maggior ricavi falsamente dichiarati dal contribuente stesso. Inoltre, va ricordato un fatto assolutamente non secondario: i funzionari tributari non possono intervenire a rettificare la dichiarazione dei redditi in favore del contribuente, eliminando dall'imponibile gli inesistenti ricavi, conseguenti ai fittizi costi.

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