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Giurisprudenza

Per ricorrere contro un verdetto,
un ufficio tributario vale l’altro

In base sia al carattere unitario del Fisco sia al principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità

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Nel processo tributario, l’appello è ammissibile anche quando non vi sia corrispondenza tra l’ufficio delle Entrate che lo ha proposto e quello nei cui confronti è stata resa la sentenza di primo grado. Ciò si deve, in particolare, al carattere unitario dell’Agenzia delle Entrate e al principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità.
È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 4862 dell’11 marzo 2015.
 
Il fatto
In via di fatto, veniva recuperata a tassazione – con cartella di pagamento – una maggiore Iva emergente dal controllo automatizzato della relativa dichiarazione, ai sensi dell’articolo 54-bis del Dpr 633/1972.
Il ricorso del contribuente veniva accolto in primo grado e confermato in appello, argomentando il giudice del riesame l’improponibilità del gravame dell’ufficio, per non essere stato il medesimo parte del giudizio di prime cure, non essendosi costituito dinanzi alla Commissione tributaria provinciale e, per questo, l’ufficio sarebbe stato considerato “contumace”.
 
La declaratoria di inammissibilità dell’appello viene opposta – con ricorso per cassazione – dall’ente impositore, per violazione degli articoli 10 del Dlgs 546/1992 e 100 del codice di procedura civile, sostenendo che doveva ritenersi sussistente la pendenza della lite, non rilevando ai fini dell’inammissibilità dell’impugnazione che la sentenza di primo grado sia stata emessa dalla Commissione tributaria della circoscrizione di un ufficio diverso da quello che ha poi proposto appello (nella specie, la sentenza di primo grado emessa nei confronti dell’ufficio di Caserta è stata appellata dall’ufficio di Aversa).
 
Motivi della decisione
Ribaltando l’esito dei giudici di merito, la suprema Corte accoglie il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, rilevando sostanzialmente che la Commissione tributaria regionale ha errato completamente nel dichiarare “inammissibile” l’appello presentato da un ufficio diverso da quello direttamente interessato.
A tal fine occorre chiarire che, nel sistema del contenzioso tributario, sia nella disciplina, dapprima, del Dpr 636/1972 (cfr Cassazione 7289/1997) sia in base al vigente articolo 38, comma 3, del Dlgs 546/1992, le disposizioni dell’articolo 327, comma 1, cpc, sul termine annuale per l’impugnazione della sentenza (oggi sei mesi, in virtù dell’articolo 46, comma 17, della legge 69/2009), non si applicano, se la parte non costituita dimostra di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione d’udienza (avviso di trattazione che, peraltro, deve essere dato solo alle parti costituite, ex articolo 31, comma 1, stesso Dlgs 546/1992).
 
In tale caso, a norma dell’articolo 327, comma 2, del codice di procedura civile, il soccombente contumace è legittimato a proporre impugnazione nei confronti della sentenza che non gli è stata notificata personalmente, anche dopo la decorrenza del termine annuale, in presenza di un duplice ordine di presupposti: la condizione oggettiva consistente nella nullità della citazione o della sua notificazione e nella nullità della notificazione di uno di quegli atti per i quali l’articolo 292 cpc richiede la notificazione personale al contumace e la condizione soggettiva rappresentata dalla mancata conoscenza del processo da parte del contumace a causa della suddetta nullità (cfr Cassazione 9897/2001, n. 6466/2002 e 10365/2003).
 
In proposito, la giurisprudenza di legittimità, con specifico riferimento al processo tributario, ha affermato, per l’applicabilità dell’articolo 327, comma 2, cpc, la necessità di un difetto assoluto di conoscenza del processo, escludendo che a tal fine sia sufficiente, ad esempio, l’omessa comunicazione della data dell’udienza di discussione, quando la parte sia in ogni caso a conoscenza dell’esistenza del processo, essendogli nota la proposizione del ricorso introduttivo in primo grado, che le sia stato notificato o addirittura sia stato proposto dalla parte medesima (cfr tra le altre, Cassazione 6563/1981, 2303/1994, 9897/2001 e 11808/2006).
 
Assodato pertanto che la parte contumace nel processo tributario di primo grado possa legittimamente proporre appello, come si evince dal combinato disposto delle richiamate disposizioni, la notifica da parte del contribuente dell’impugnazione presso un ufficio della locale Agenzia delle Entrate non territorialmente competente, perché diverso da quello che ha emesso l’atto impositivo, non comporta né la nullità né la decadenza dall’impugnazione, sia per il carattere unitario dell’Agenzia delle Entrate sia per il principio di effettività della tutela giurisdizionale che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità, sia per la natura impugnatoria del processo tributario che attribuisce la qualità di parte all’organo (e non alle singole articolazioni organizzative) che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato (cfr Cassazione 29465/2008, 15718/2009 e 3727/2010).
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