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Giurisprudenza

Per il rimborso dei bolli di accisa mai utilizzati vale la prova certa

Nel mirino della Corte Ue il regime olandese che disciplina la vendita e l’importazione dei manufatti di tabacco

La controversia riguarda una società che esercita il commercio all’ingrosso di tabacchi lavorati. La società ha presentato due istanze per l’acquisizione di bolli di accisa e, a seguito dello smarrimento, considerato che l’importo era stato pagato, ha presentato denuncia e ha chiesto il rimborso delle somme versate. La Corte di Giustizia delle Comunità europee è stata chiamata a pronunziarsi sulla conformità al diritto comunitario delle disposizioni vigenti nei Paesi Bassi concernenti il rimborso o la compensazione delle somme versate per la commercializzazione del tabacco. In particolare, la legge olandese prevede che i diritti di accise sono percepiti in occasione della vendita e dell’importazione dei manufatti di tabacco mediante l’apposizione, su siffatti  prodotti, di un "bollo di accise".

I termini della controversia
La controversia in oggetto (causa C-494/04) riguarda una società olandese, la Van Landwyck, che esercita il commercio all’ingrosso di tabacchi lavorati. Conformemente a quanto prescritto dalla normativa nazionale, la società ha presentato al competente ufficio doganale di Amsterdam due istanze per l’acquisizione di bolli di accisa per tabacchi lavorati. A seguito dello smarrimento di tali bolli, il cui importo era stato regolarmente pagato, la società ha provveduto a sporgere presso le competenti autorità fiscali la denunzia di smarrimento unitamente all’istanza di rimborso delle somme versate per i bolli mai utilizzati. Tale richiesta, formulata in base all’articolo 79 della legge nazionale sulle accise, subordina l’erogazione del rimborso alla circostanza che l’istanza sia presentata entro un mese dallo smarrimento dei bolli e che sia possibile determinare con certezza l’ammontare degli importi versati per il pagamento dell’imposta.

La posizione del Fisco olandese
L’Amministrazione finanziaria olandese, sulla base del presupposto che la società non era riuscita a provare con certezza l’effettivo smarrimento dei bolli, ha respinto la richiesta di rimborso; l’autorità giudiziaria adita ha confermato la decisione dell’Ufficio. A fronte dell’appello proposto dalla società dinnanzi lo Hoge Raad (corrispondente alla nostra Corte di Cassazione), tale giudice ha deciso di sospendere il giudizio rimettendo alla Corte comunitaria le seguenti questioni pregiudiziali: se la direttiva sulle accise 92/12/CEE imponga agli Stati membri di rimborsare i bolli in caso di mancato utilizzo; se la circostanza che un Paese membro comunichi in ritardo alla Commissione l’adozione di una misura derogatoria per la riscossione dell’iva possa legittimare il singolo ad eccepire l’inoperatività della misura predetta nei propri confronti.

La posizione della Corte
Per quanto concerne la prima questione, la Corte rileva che la direttiva sulle accise si limita a riconoscere agli Stati membri la possibilità di utilizzare contrassegni fiscali quale mezzo di riscossione delle accise sui tabacchi lavorati. Il legislatore comunitario, quindi, lascia agli Stati membri piena libertà di manovra per quanto concerne l’individuazione del soggetto che deve sopportare il rischio economico del mancato utilizzo dei contrassegni. Tuttavia tale questione non può non essere affrontata alla luce dei principi generali del diritto comunitario, con particolare riguardo al principio di proporzionalità cui gli Stati devono obbligatoriamente rapportarsi nel dare esecuzione alle normative comunitarie. Tale principio impone che vi sia sempre un rapporto di "adeguatezza" tra le finalità che gli Stati intendono perseguire e le modalità adottate per il raggiungimento dello scopo. Pertanto, a parere dei giudici, per verificare se il regime olandese di rimborso delle somme versate per i bolli di accise mai utilizzati dall’operatore commerciale sia conforme al principio di proporzionalità,  occorre verificare se gli strumenti previsti dal regime stesso siano idonei a realizzare gli obiettivi voluti e non vadano al di là di quanto necessario ai fini del loro raggiungimento.

L’analisi della normativa olandese
A tal proposito la Corte osserva che giustamente la normativa olandese, per prevenire un fraudolento utilizzo dei contrassegni fiscali, prevede che il rischio economico del loro mancato utilizzo gravi sul soggetto che ne ha acquisito il possesso in quanto egli è nella migliore condizione possibile per esercitare un controllo sull’utilizzo degli stessi. Tale responsabilità non ha, però, carattere assoluto in quanto la predetta normativa prevede il rimborso nel caso in cui la parte riesca a dimostrare che questi contrassegni sono andati distrutti o siano stati definitivamente inutilizzati per cause di forza maggiore o di caso fortuito. Pertanto, a parere dei giudici, il regime olandese di rimborso o compensazione delle somme delle accise in caso di perdita dei relativi contrassegni fiscali è compatibile con i principi generali del diritto comunitario e, in particolare, con il principio di proporzionalità. 

Il meccanismo di riscossione dell’Iva
La seconda questione proposta è legata al meccanismo di riscossione dell’Iva sulla commercializzazione dei tabacchi previsto dalla normativa olandese. Questa, difatti, prevede che l’Iva su tali beni venga riscossa con criteri analoghi a quelli delle accise e, cioè, in una sola fase individuata nel momento dell’uscita dei prodotti dal deposito (ovvero all’atto dell’importazione o dell’acquisizione intracomunitaria). L’importo dell’Iva deve essere corrisposto, al pari delle accise, in un’unica soluzione, senza diritto a una preventiva detrazione da parte del richiedente, al momento della consegna dei contrassegni delle accise. Come ha osservato l’Avvocato generale, "tale regime costituisce una deroga (ai sensi dell’articolo 27 della sesta direttiva) al regime comunitario ordinario di riscossione dell’Iva in quanto, conformemente a quest’ultimo, l’Iva verrebbe percepita al momento della cessione dei manufatti di tabacco. Tale regime derogatorio è volto, da un lato, a semplificare la riscossione dell’Iva, che viene riscossa in un’unica fase della catena di commercializzazione dei manufatti di tabacco, all’atto dell’uscita dal deposito o dell’importazione, conformemente al sistema delle accise e, dall’altro, alla repressione delle frodi, in quanto il commercio al dettaglio non è incluso nel processo di riscossione dell’imposta". La società ricorrente ha chiesto la disapplicazione di tale modalità di riscossione "anticipata" dell’Iva sul presupposto che tale misura derogatoria (rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria) è stata notificata alla Commissione europea oltre il termine (ritenuto "perentorio" dalla ricorrente) fissato dal citato articolo 27 della sesta direttiva.

L’applicabilità della misura derogatoria
La Corte ha rigettato quest’osservazione rilevando, preliminarmente, il carattere ordinatorio del termine di cui all’articolo 27. I giudici hanno altresì osservato che l’obiettivo della notificazione di una misura derogatoria da parte di un Paese membro ha la mera funzione di consentire alla Commissione l’apprezzamento dei motivi che hanno condotto lo Stato all’introduzione della deroga. Per cui, una volta che la Commissione sia stata messa in grado di effettuare tale valutazione senza muovere alcuna obiezione, l’applicabilità della misura derogatoria non può essere messa in discussione. La Corte ha anche chiarito che le modalità di riscossione dell’Iva sui manufatti di tabacco, come concepita dalla normativa olandese (e, cioè, mediante contrassegni fiscali) è pienamente conforme al citato principio di proporzionalità, in quanto soddisfa le esigenze legate alla semplificazione della riscossione dell’imposta e a prevenire frodi ed evasioni fiscali, senza peraltro influire, se non in misura trascurabile, sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale.
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