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Giurisprudenza

Rimborso Irpeg immune da anatocismo

Non esiste alcuna fonte normativa che obblighi l'Amministrazione a corrispondere gli interessi

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Nell'ipotesi del rimborso Irpeg, l'Amministrazione finanziaria non è tenuta a pagare gli interessi anatocistici previsti dall'articolo 1283 del c.c., in quanto le modalità relative al rimborso Irpeg, fissate dagli articoli 37 e seguenti del Dpr 602/73, non ne prevedono esplicitamente la corresponsione. Ne consegue che l'ufficio sarà tenuto a maggiorare le imposte da rimborsare dei soli interessi semplici maturati sulle somme dovute.
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza n. 1/36/2006 del 1° marzo 2006, pronunciata dalla XXXVI sezione della Commissione tributaria regionale di Roma.

Il caso affrontato dalla Commissione tributaria regionale
La controversia è nata da separate istanze presentate da una società di assicurazioni, finalizzata a ottenere i rimborsi dell'Irpeg per gli anni 1987, 1988 e 1989. L'Amministrazione nulla rispondeva e la società impugnava il silenzio rifiuto formatosi di fronte alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che accoglieva integralmente i ricorsi presentati. In particolare, la sentenza non motivava specificamente in merito alla spettanza degli interessi anatocistici: il relativo riconoscimento era tuttavia implicito, atteso che gli stessi erano stati richiesti dalla società ricorrente nel proprio gravame.

Avverso la sentenza con cui i giudici di primo grado hanno accolto i ricorsi, proponeva appello l'ufficio finanziario e, con riferimento agli interessi anatocistici, evidenziava la non spettanza degli stessi nelle ipotesi dei rimborsi dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche.
L'Amministrazione faceva rilevare che la giurisprudenza di legittimità e di merito ha più volte ritenuto il principio dell'anatocismo estraneo ai rimborsi d'imposta (sul punto, Cass. n. 6310 del 10/7/96, n. 198 del 10/1/2004, n. 9497 del 23/09/1998; Ctc n. 1079 del 12/3/1996, n. 5594 del 29/9/1999; Ctr del Veneto n. 37 del 17/6/1997). Sosteneva, inoltre, che il principio dell'anatocismo assume una portata di carattere eccezionale e non è dunque valido per ogni specie di obbligazione; la non spettanza nell'ipotesi di rimborsi d'imposta emerge dalla stessa analisi della disciplina civilistica in materia di interessi anatocistici, e dal suo raccordo con le norme tributarie riferite ai rimborsi di imposta.

L'esame della questione parte dall'articolo 1283 del c.c., il quale letteralmente dispone che "In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi". In effetti, il legislatore civile, in materia di obbligazioni pecuniarie, ha considerato con particolare cautela le pattuizioni in materia di interessi, a causa dei rischi che ne potevano derivare (ad esempio, il rischio dell'usura), fissando dunque limiti e modalità di maturazione. Pertanto, con la norma in esame, il legislatore non ha voluto aprioristicamente escludere la maturazione degli interessi composti, ma fissarne, in linea di principio, limiti e modalità. In sostanza, gli interessi anatocistici dovrebbero rappresentare l'eccezione (legittima e consentita, nel rispetto della norma) e non la regola.

Dalla lettura della norma, si rileva subito che la condizione necessaria e propedeutica per la possibile maturazione degli interessi anatocistici è la "mancanza di usi contrari". Anche da tale angolazione, si rileva che il legislatore ha voluto dettare una disciplina di carattere sicuramente accessorio rispetto a ipotesi di debito di interessi già disciplinate, anche solo da una fonte di diritto minore (usi). Orbene, posto che nella gerarchia delle fonti gli usi e le consuetudini si collocano al gradino più basso, e che la sussistenza di una disciplina di debito di interessi operata da tale fonte minore preclude la maturazione (giuridica) degli interessi anatocistici, ne dovrebbe logicamente conseguire che, anche nell' ipotesi di debito di interessi, disciplinato specificamente da una fonte di diritto superiore (norma tributaria - articolo 44 del Dpr 602/73), a maggior ragione sarebbe esclusa la maturazione degli interessi anatocistici.

Sempre dall'esame dell'articolo 1283 del c.c., si rileva che gli interessi scaduti "possono" produrre interessi. Ci si deve dunque chiedere dove risieda la giustificazione causale relativa al pagamento degli interessi composti. Non vi è dubbio che essa possa insistere in una pattuizione, secondo quanto recita la norma, pertanto una fonte convenzionale (contrattuale), oppure potrebbe ipotizzarsi una fonte legale, cioè un'altra norma che ne stabilisca la maturazione. Certamente, la maturazione degli interessi non risiede in sé nell'articolo 1283 del c.c., che ne ha solo stabilito la possibilità. Occorrerebbe, dunque, individuare quale sia la norma che preveda la spettanza di tali interessi, atteso che la disciplina dei rimborsi di imposta non li ha esplicitamente previsti. Infatti, in materia Irpeg, le modalità relative all'esecuzione dei rimborsi erano espresse dagli articoli 37 e seguenti (in particolare, articoli 44 e 44-bis) del Dpr 602/73, i quali nulla stabilivano in ordine al pagamento degli interessi anatocistici.

La ricostruzione appena esposta, porta dunque a due conclusioni. La prima è che l'articolo 1283 del c.c. non prevede la corresponsione degli interessi anatocistici in linea generale per tutte le obbligazioni pecuniarie, ma si limita a stabilirne una possibilità teorica, in mancanza di usi contrari, in base a una pattuizione (fonte convenzionale) ovvero a una disciplina normativa (fonte legale). La seconda è che le fonti che legittimano la maturazione giuridica degli interessi anatocistici non potranno mai verificarsi, in concreto, nell'ipotesi dei rimborsi Irpeg. Infatti, da un lato è ovvio che non potrà esistere alcuna fonte convenzionale nel caso di specie, alla luce della specialità del rapporto tributario, indisponibile per l'Amministrazione finanziaria; dall'altro, deve rilevarsi l'inesistenza di una fonte legale che preveda esplicitamente la maturazione dei predetti interessi, ciò in considerazione della specifica disciplina disposta dagli articoli 44 e 44-bis del Dpr 602/73, disciplina peraltro di rango superiore agli usi. Non esiste, dunque, alcuna fonte normativa né civilistica né tributaria che comporti per l'Amministrazione l'obbligo di corrispondere gli interessi anatocistici.

La posizione della Commissione tributaria regionale
Investita della suddetta problematica, la Commissione tributaria regionale di Roma ha accolto la tesi dell'ufficio, ritenendo dunque non dovuti gli interessi anatocistici.
Per il collegio è condivisibile l'eccezione mossa dall'appellante Amministrazione in ordine alla estraneità del principio dell'anatocismo nell'esecuzione dei rimborsi Irpeg, in quanto, in tale materia, le modalità relative all'esecuzione dei rimborsi sono regolamentate dagli articoli 44 e 44-bis del Dpr 602/73, che non prevedono la corresponsione degli interessi anatocistici.
I giudici hanno altresì rilevato che sull'argomento si era già più volte pronunciata la Suprema corte, sostenendo il principio che la specialità della materia fiscale giustificava la diversa disciplina dettata in materia dal legislatore, il quale ha voluto regolare, secondo modalità differenti da quelle dettate in tema civilistico, gli interessi su crediti derivanti da rimborso di tributi, a carico dello Stato (i giudici hanno dunque richiamato la giurisprudenza di legittimità prima citata).
La Commissione ha inoltre condiviso la ricostruzione prima prospettata circa gli effetti dell'articolo 1283 del c.c. nel campo dei rimborsi delle imposte dirette e, da ultimo, ha rilevato che la pretesa della società istante era stata originata da alcune sentenze a sé favorevoli, che tuttavia erano riferite alla materia dell'imposta sul valore aggiunto e non delle imposte dirette.

Definitiva preclusione agli interessi anatocistici ex articolo 37, decreto legge 223/2006
Infine, è da rilevare che il recente decreto legge. 223/2006, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4/7/2006, ha esplicitamente stabilito che gli interessi anatocistici non maturano nelle ipotesi di rimborsi dovuti dall'Amministrazione finanziaria, senza effettuare alcuna distinzione in merito al tipo di imposta. Infatti, l'articolo 37 del decreto, rubricato "Disposizioni in tema di accertamento, semplificazione e altre misure di carattere finanziario", al comma 50, prescrive che "gli interessi previsti per il rimborso di tributi non producono in nessun caso interessi ai sensi dell'art. 1283 del codice civile", con una disposizione normativa che dovrebbe definitivamente chiudere la disputa sul tema.

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