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Giurisprudenza

Rimborso Iva negato dal Fisco:
unica via d’uscita il bilancio

La società contribuente, per dimostrare l’esistenza del credito d’imposta disconosciuto, avrebbe dovuto produrre copia del documento contabile, cosa che non ha fatto

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Con decisione n. 6947 del 25 marzo, la Corte di cassazione ha statuito che, per ottenere il riconoscimento del diritto al rimborso Iva, non è sufficiente l’indicazione del credito in dichiarazione, ma è necessaria la prova della sua sussistenza attraverso il bilancio d’esercizio.
 
Evoluzione processuale della vicenda
La contribuente proponeva ricorso in Commissione tributaria provinciale avverso la cartella di pagamento, riguardante il mancato riconoscimento di un credito d'imposta relativo al 2002.
 
A seguito di sentenza sfavorevole, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello in Commissione tributaria regionale. La Ct della Lombardia accoglieva l’appello, ritenendo che la contribuente non avesse fornito la prova documentale del diritto rivendicato. Inoltre, a parere dei giudici di secondo grado, l'Amministrazione correttamente non aveva riconosciuto il credito d'imposta riportato nella dichiarazione dei redditi del 2004, in quanto quella precedente, in cui era stato indicato il credito, era stata presentata soltanto il 30 maggio 2007, e quindi addirittura quattro anni dopo, senza che l'ente impositore avesse potuto effettuare alcuna preventiva verifica.
 
La contribuente, a questo punto, proponeva ricorso in Cassazione, eccependo che “la CTR non considerava che il diritto relativo al credito d'imposta doveva ritenersi acquisito, essendo stato riportato nella dichiarazione dei redditi dell'anno d'imposta, ancorché pervenuta all'Agenzia con un ritardo di circa quattro anni”. L'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
 
I giudici di legittimità respingono il ricorso, aderendo alla posizione dell’Amministrazione finanziaria.
 
Pronuncia della Cassazione
a) onere probatorio                                                                           
La Corte suprema ha affermato che incombe sul contribuente, il quale invoca il riconoscimento di un credito d'imposta, l'onere di provare i fatti costitutivi dell'esistenza del medesimo. A tal fine, non è sufficiente l'esposizione della pretesa creditoria nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce dalla dichiarazione, ma “dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo”.
Di conseguenza, la contribuente avrebbe dovuto fornire la prova dell'esistenza del credito preteso a rimborso “mediante esibizione quanto meno del bilancio di esercizio, non essendo sufficiente la mera indicazione del credito nella dichiarazione”.
 
b) mancanza della dichiarazione per l’anno d’imposta
Nel caso concreto, poi, a giudizio della Cassazione, la dichiarazione è mancata per l’anno 2002, sicché la Ctr non avrebbe potuto comunque riconoscere il credito d’imposta, considerato che, rammentano i supremi giudici, il contribuente perde il diritto alle detrazioni non computate per gli anni di competenza. Infatti, “in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale – si legge nell’ordinanza – viene a perdersi definitivamente il diritto di avvalersi delle eccedenze maturate a credito per quell’anno, portandole in detrazione per gli anni successivi, dal momento che l’omessa dichiarazione vale, a fortiori, come mancato computo”.
 
c) efficacia del pagamento dell’oblazione
Inoltre, “l'eventuale pagamento dell'oblazione ai sensi dell’articolo 58 del decreto IVA non ha alcuna efficacia sanante dell’omessa presentazione della dichiarazione, giacché tale norma consente al contribuente, con il pagamento entro certi termini del sesto del massimo della pena prescritta per la detta violazione, esclusivamente di evitare l'irrogazione della sanzione, e non anche la salvezza di quelli che sarebbero stati gli effetti della dichiarazione poi non presentata tra i quali appunto la possibilità di portare successivamente in detrazione crediti d'imposta non computati, come nella specie”.
 
Pertanto, la società, per dimostrare l’esistenza del credito d’imposta disconosciuto dal Fisco, avrebbe dovuto produrre copia del bilancio di esercizio.
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