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Giurisprudenza

La rinuncia all'istanza di adesione
interrompe l'extratime per il ricorso

Il "no" all'accordo con l'Agenzia può avvenire sia in maniera espressa, con dichiarazione formale e irrevocabile, sia in modo implicito, attraverso l'impugnazione dell'atto

immagine di un palloncino che vola
La rinuncia espressa del contribuente all'istanza di accertamento con adesione produce l'effetto di interrompere la sospensione del termine di impugnazione ordinariamente prevista in 90 giorni. Ne consegue che in presenza di adesione, il termine per l'impugnazione pari a 150 giorni, 60 per l'impugnazione più 90 per la sospensione, va inteso come un termine massimo che può operare solo in assenza della rinuncia all'adesione.
Sono questi gli interessanti principi che si ricavano dalla pronuncia della Cassazione n. 21148 del 24 agosto 2018.

Il giudizio di merito
In data 28 marzo 2008 il contribuente riceveva un avviso di accertamento notificato dall'Agenzia delle entrate e, subito dopo, presentava istanza di accertamento con adesione prorogando, di fatto, di 90 giorni l'ordinario termine per l'eventuale impugnazione (60 giorni), ai sensi dell'articolo 6 del Dlgs 218/1997. Il successivo 21 maggio il contribuente rinunciava espressamente e in forma scritta alla definizione agevolata, notificando poi il ricorso in data 8 ottobre 2008.

L'Agenzia eccepiva in giudizio l'intempestività del ricorso, in quanto la rinuncia all'adesione del 21 maggio avrebbe interrotto la sospensione, con la conseguenza che il ricorso fosse da considerare tardivo poiché presentato oltre 60 giorni dalla data della interruzione della sospensione. In sostanza, per l'ufficio, pur volendo considerare il periodo massimo di sospensione possibile, ipotizzando che il termine iniziale della sospensione coincidesse con la presentazione dell'istanza di adesione nel giorno stesso della ricezione della notifica dell'accertamento (28 marzo) e il termine finale con la rinuncia all'istanza di adesione (21 maggio), il termine di 60 giorni per l'impugnazione sarebbe caduto il 20 luglio che, essendo un giorno festivo, avrebbe prorogato la scadenza al giorno successivo.

Al contrario, il contribuente riteneva che l'impugnazione fosse da considerare tempestiva poiché calcolava per intero il periodo di sospensione (90 giorni), non reputando produttiva di effetti la rinuncia all'adesione. In pratica, secondo il ricorrente, partendo dalla notifica dell'accertamento (28 marzo) e aggiungendo 60 giorni per l'impugnazione, 90 di sospensione in virtù della presentazione dell'istanza di adesione e altri 46 accordati in virtù della sospensione feriale (all'epoca dal 1° agosto al 16 settembre), la scadenza del termine sarebbe caduta all'8 ottobre.

La Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso nel merito, superando l'eccezione di tardività sollevata dall'Amministrazione finanziaria, mentre quella regionale accoglieva in via pregiudiziale l'appello incidentale dell'ufficio, dichiarando il ricorso originario inammissibile poiché tardivo.

Contro quest'ultima pronuncia il contribuente proponeva ricorso in Cassazione.

La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha definitivamente rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
Il Collegio supremo, rifacendosi all'orientamento prevalente, ha sottolineato che la sospensione del termine di impugnazione di 90 giorni viene interrotto dall'univoca manifestazione di volontà del contribuente di non addivenire alla definizione agevolata, che può esplicitarsi attraverso la proposizione del ricorso avverso l'atto di accertamento oppure con formale e irrevocabile rinuncia all'istanza di definizione con adesione.
Per la Cassazione, mentre la proposizione del ricorso costituisce un caso di revoca automatica espressamente prevista dall'ultimo periodo dell'articolo 6, comma 3, del Dlgs 218/1997, la rinuncia espressa alla definizione, invece, è frutto dell'applicazione di un principio generale dell'ordinamento, secondo il quale "...la rinuncia libera ed univoca ad una propria dichiarazione o istanza la rende priva di ogni effetto".

Osservazioni
L'articolo 6, comma 3 (applicabile alle imposte dirette e all'Iva) del Dlgs 218/1997 e analogamente l'articolo 12, comma 2 (applicabile alle altre imposte) del medesimo decreto, prevedono che il termine per l'impugnazione dell'atto sia sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione dell'istanza di adesione da parte del contribuente. Viene anche stabilito che l'impugnazione dell'atto è assimilata alla rinuncia all'istanza. Non è, invece, espressamente specificato nulla in ordine alle conseguenze che la rinuncia espressa all'adesione può comportare.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità (Cassazione, pronunce 17439/2012, 3762/2012, 2857/2013) ha chiarito che la rinuncia all'adesione fa venir meno la sospensione del termine di impugnazione di cui ai citati articoli 6 e 12 del Dlgs 218/1997. La facoltà di rinunciare alla definizione dipende esclusivamente dalla volontà del contribuente e può manifestarsi sia in maniera espressa, attraverso la rinuncia formale e irrevocabile all'adesione, sia in maniera implicita, attraverso la proposizione del ricorso.

Al contrario, la sospensione non può essere mai interrotta dal verbale di constatazione del mancato accordo tra il contribuente e l'Agenzia delle entrate. Sul punto, la Corte costituzionale (sentenza 140/2011) ha chiarito che la scelta legislativa di differenziare la rinuncia unilaterale del contribuente dal verbale di constatazione del mancato accordo redatto dalle parti, non è irragionevole poiché "...la redazione del menzionato 'verbale' - dal quale risulta che "le parti concordano nel concludere con esito negativo il presente procedimento" - si risolve in una mera presa d'atto del mancato raggiungimento dell'accordo tra il contribuente e l'ufficio tributario e, pertanto, non può né equipararsi all'impugnativa dell'atto di accertamento né assumere il significato di una definitiva rinuncia del contribuente all'istanza di accertamento con adesione".
Il verbale di constatazione del mancato accordo, infatti, non esprime inequivocabilmente la volontà del contribuente di non addivenire a un accordo conciliativo e non esclude che, anteriormente all'instaurazione del contenzioso, tale accordo possa essere comunque raggiunto (vedi "Il verbale negativo non significa rinuncia all'istanza di adesione").
 
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