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Giurisprudenza

Riscatto laurea: deducibilità piena
solo per contributi pagati post 2001

La facoltatività di tali versamenti previdenziali non consente di equipararli a quelli dovuti obbligatoriamente. La legge che ora lo permette non può avere efficacia retroattiva

oggetti del neo laureato
I contributi volontari versati per il cosiddetto riscatto del periodo di laurea sono deducibili per intero dal reddito personale solo se versati successivamente al 1° gennaio 2001.
Questo il principio affermato dalla Cassazione nella pronuncia n. 1569 del 3 febbraio, che ha fornito una interpretazione sistematica degli articoli 13 e 16 del Dlgs 47/2000, nonché dell’articolo 10, comma 1, lettera e), del Tuir.

Prima di esaminare da vicino le argomentazioni della Corte suprema, riepiloghiamo brevemente le disposizioni normative richiamate.
L’articolo 13 del Dlgs 47/2000 – decreto delegato che ha riformato la disciplina fiscale della previdenza complementare – nel modificare l’articolo 10, comma 1, lettera e), del Tuir, in materia di oneri deducibili, ha esteso la deducibilità integrale, originariamente prevista solo per i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, “…anche a quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi”.

Il successivo articolo 16, ha poi previsto che le “Le disposizioni dell’articolo 13 si applicano per i contratti stipulati o rinnovati nonché per i premi versati dalle forme pensionistiche complementari gestite mediante convenzioni assicurative a decorrere dal 1° gennaio 2001”.
Per i contributi volontari versati prima del 1° gennaio 2001, invece, l’articolo 13-bis del Tuir ne consente soltanto una parziale detrazione d’imposta – nel limite del 19% – e per un ammontare complessivo non superiore a 1.291,14 euro, per ciascun periodo d’imposta (cfr risoluzione 205/1995).

Il fatto
Un contribuente chiede il rimborso dei contributi versati nel 1999 per il riscatto degli anni universitari, ritenendo gli stessi totalmente deducibili in virtù del citato articolo 10 del Tuir.
Formatosi il silenzio-rifiuto sull’istanza, il contribuente lo impugna vittoriosamente, sia in primo grado sia in appello.
In particolare, i giudici di secondo grado ritengono che i contributi versati per il riscatto degli anni di laurea devono essere assimilati ai contributi previdenziali obbligatori previsti dal richiamato articolo 10, essendo gli stessi funzionali al raggiungimento dell’anzianità pensionistica.
Stante la loro natura giuridica, quindi, tali contributi devono essere considerati interamente deducibili dal reddito, anche al fine di evitare disparità di trattamento tra situazioni analoghe.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione ed eccepisce la violazione dell’articolo 10, comma 1, lettera e), del Tuir (vigente ratione temporis) nonché dei citati articoli 13 e 16 del Dlgs 47/2000.
Secondo la difesa erariale, i contributi volontari per il riscatto degli anni di laurea – versati anteriormente all’entrata in vigore delle modifiche all’articolo 10 apportate dal Dlgs 47/2000 (ossia, prima del 1° gennaio 2001) – non sono integralmente deducibili dal reddito personale del contribuente, non essendo la predetta disposizione normativa da considerarsi di interpretazione autentica e, in quanto tale, retroattiva.

La decisione
Per i giudici di legittimità, il ricorso è fondato, sulla base del principio – già consolidato in materia – secondo cui la deducibilità dei contributi previdenziali dal reddito complessivo è “…limitata ai casi in cui l’obbligo della contribuzione deriva direttamente ed esclusivamente da disposizioni di legge”, con la conseguenza che la stessa non è applicabile “…nelle diverse ipotesi in cui, invece, la contribuzione si riconnetta a una scelta volontaria del lavoratore”, come nel caso in questione (Cassazione, sentenze 8208/2011, 6724/2008 e 3560/2002).

In altre parole, deve essere escluso che l’articolo 13 del Dlgs 47/2000 – che ha esteso il beneficio della deducibilità alle contribuzioni di carattere facoltativo versate a decorrere dal 1° gennaio 2001 – “…abbia natura di norma interpretativa…”, e quindi efficacia retroattiva, rispetto a ipotesi come quella in esame, soggette, invece, all’articolo 10, comma 1, lettera e) ed all’articolo 13-bis del Tuir nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal richiamato decreto delegato 47.

Da ultimo, la Corte suprema si sofferma anche sul dubbio di costituzionalità della normativa in esame, ipotizzato dai giudici di appello, e da questi ultimi posto a fondamento della tesi (erronea) della necessaria equiparazione, a fini fiscali, tra contributi obbligatori e volontari per il riscatto della laurea.
Al riguardo, la Cassazione osserva che il principio costituzionale di uguaglianza, evocato dai giudici di appello, presuppone l’esistenza di situazioni uguali riferibili a uno stesso periodo di tempo.
Ne consegue che tale principio non può trovare applicazione quando si ha, come nel caso in esame, il succedersi nel tempo di situazioni diversamente regolate, anzi, proprio “…la successione della legge nel tempo, purchè rispondente a criteri di ragionevolezza, non può mai porsi come fonte di illegittime discriminazioni, costituendo di per sé il fluire del tempo un fatto di disomogeneità delle situazioni poste a confronto”.
Vale a dire che la disciplina degli oneri deducibili costituisce, sia con riferimento all’an sia al quantum, materia riservata alla discrezionalità del legislatore, il quale, con il richiamato articolo 13-bis del Tuir, l’ha regolata in modo manifestamente ragionevole, in considerazione, appunto, del carattere volontario della contribuzione stessa.
In linea con questa interpretazione della Cassazione, l’Amministrazione finanziaria ha emanato, a suo tempo, la risoluzione 298/2002.
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