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Giurisprudenza

Per riscuotere l'imposta di registro basta la liquidazione

Se l'atto contiene istanza di classamento, l'ufficio non è tenuto a emettere avviso di accertamento

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La Corte di cassazione, con la sentenza 5088 del 9 marzo 2005, ha ribadito due importanti principi in tema di registro, accogliendo la pretesa dell'ufficio che aveva riscosso la maggiore imposta con l'avviso di liquidazione senza emettere avviso di accertamento.
La suprema Corte ha precisato che:

  1. l'istanza di classamento presentata ex articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, per gli immobili non iscritti in catasto o sprovvisti di rendita, permette all'Amministrazione finanziaria di riscuotere, previa attribuzione della rendita catastale da parte dell'Ute, a mezzo della semplice attività di liquidazione(1), l'eventuale maggiore imposta principale di registro dovuta dal contribuente senza essere tenuta all'emissione di un avviso di accertamento
  2. quanto alla decadenza(2), occorre precisare che il termine biennale, rivendicato dal contribuente, di cui all'articolo 76, comma 1-bis, Dpr n. 131/1986, è previsto per le sole ipotesi in cui l'ufficio abbia proceduto all'accertamento del "valore venale" di cui all'articolo 52, comma 1-bis, del medesimo Testo unico sull'imposta di registro, mentre non riguarda le liquidazioni effettuate in base ai valori catastali, ai sensi del quarto comma dello stesso articolo 52, per le quali è previsto il più ampio termine di decadenza triennale regolato dal successivo secondo comma, lettera a), dell'articolo 76, già citato. La durata triennale di detto termine trova fondamento sia nella natura di imposta principale (e non complementare) ai sensi dell'articolo 42 del Dpr n. 131/1986, dovendosi intendere "per imposta applicata al momento della registrazione" anche quella per la quale, come nel caso in esame, in detto momento sussista la mera individuazione concreta dei presupposti per la successiva quantificazione del tributo (Cassazione civile, sentenza n. 8418 del 2002), sia nel fatto che la valutazione automatica degli immobili, privi di rendita catastale, richiede una necessaria attività istruttoria per l'attribuzione della stessa con adempimenti cadenzati nel tempo (cfr. Cassazione civile, sentenze n. 14244 del 2000, n. 8418 del 2002 e n. 10192 del 2003).

Considerazioni
L'assoggettamento a rettifica da parte dell'ufficio, da compiersi mediante avviso di accertamento, è previsto dall'articolo 52, Dpr n. 131/1986, qualora i beni o i diritti di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 51 abbiano un valore venale superiore a quello dichiarato o al corrispettivo pattuito; salvo che, trattandosi di immobili censiti, il loro valore o il corrispettivo sia dichiarato in misura non inferiore al prodotto tra la rendita catastale e il coefficiente normativamente previsto.

Nel caso, invece, di immobili non iscritti in catasto e senza attribuzione di rendita, l'articolo 12 della legge n. 154/1988 consente al contribuente di avvalersi lo stesso del criterio di valutazione automatica, con conseguente non assoggettamento alla rettifica da parte dell'ufficio, quando contestualmente faccia richiesta di attribuzione della rendita catastale. Quando dall'accatastamento e dalla rendita attribuita risulti un valore superiore, l'ufficio deve riscuotere la maggiore imposta con avviso di liquidazione, senza essere tenuto a emettere avviso di accertamento, perché non vi è alcuna rettifica di valore da operare. La liquidazione avviene infatti sulla base della volontà espressa dal contribuente di assoggettamento al criterio tabellare di valutazione dell'immobile; l'ufficio, quindi, non deve fare altro che calcolare il conguaglio di maggiore imposta dovuto dal contribuente sulla base di detto criterio, in aggiunta a quella provvisoriamente già versata(3).

Giova osservare che la richiesta di applicazione dell'imposta di registro sulla base della rendita catastale avviene quando questa non è conosciuta perché non ancora determinata; peraltro, il contribuente non rimane sprovvisto di difesa nel caso non ritenga equa la rendita attribuita, perché può sia impugnare autonomamente l'atto di classamento, nel caso in cui sia stato comunicato o notificato, sia coinvolgerlo in sede d'impugnazione dell'avviso di liquidazione, nel caso in cui sia comunicato solo successivamente assieme a tale avviso (vedi ex multis, Cassazione civile, sentenze n. 12932 del 2000, nn. 6783 e 10192 del 2003).

Si rammenta che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 367 del 6 novembre 1998, ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154, nella parte in cui prevede il meccanismo di valutazione automatica (o forfetaria) dell'immobile anche in mancanza di rendita catastale, purché la determinazione di quest'ultima venga contestualmente richiesta.
Per la Consulta:

  1. il sistema di valutazione automatica ha carattere di "mera semplificazione", in quanto fondato sul generale criterio delle presunzioni e successivamente esteso anche a chi non disponga della rendita catastale, proprio per sanare la disparità di trattamento rispetto a chi è già in possesso di tali dati
  2. tale possibilità è stata accordata prevedendo, del tutto ragionevolmente, la facoltà del contribuente, sprovvisto di rendita, di chiederne la determinazione al momento del trasferimento
  3. avverso l'atto di classamento, l'interessato può far valere la tutela giurisdizionale, come avviene nella generalità dei casi di attribuzione della rendita al di fuori di una vicenda negoziale traslativa di un diritto reale, offrendo in tale sede gli elementi comprovanti un'erronea valutazione (tra cui il valore di mercato). Attraverso la via della descritta impugnativa, si realizza proprio quella "dialettica" tra Amministrazione e contribuente, indicata dal giudice a quo come rimedio al denunciato vulnus (sia all'articolo 24 sia all'articolo 53 della Costituzione), il quale consisterebbe appunto nell'asserita impossibilità per il contribuente di "confutare le basi di calcolo applicate unilateralmente dall'Ufficio" e dunque nella soggezione di lui alla "terribile alea di vedersi determinare anche una base imponibile al di fuori di ogni plausibile riferimento al valore reale del bene".


NOTE:
1 In tema di Invim, allorché le parti contraenti abbiano chiesto, nell'atto di trasferimento di un immobile non ancora iscritto in catasto, di avvalersi del sistema automatico di valutazione, non è necessario, qualora l'ufficio debba recuperare la maggior imposta dovuta sulla base della rendita attribuita, procedere alla notificazione di avviso di accertamento, né a separata comunicazione o notificazione dell'atto di classamento dell'immobile, prima dell'emissione dell'avviso di liquidazione, atteso che quest'ultima avviene sulla base della volontà espressa dai contribuenti. Tuttavia, occorre che nell'avviso di liquidazione siano indicati gli ulteriori elementi posti a base dell'imposizione, compresi i dati di classamento e la rendita catastale attribuita dall'Ute , in modo che il contribuente sia posto in grado di controllare eventuali errori di inserimento dell'immobile nella categoria prevista, ovvero di applicazione dei coefficienti e delle aliquote (sentenza n. 17941 del 6/9/2004, Corte di cassazione, sezione V).
In tema di imposta di registro, nell'ipotesi in cui, nell'atto di trasferimento di un immobile non ancora iscritto in catasto, le parti contraenti abbiano chiesto, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70 (convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154), di volersi avvalere del sistema automatico di valutazione, i coefficienti moltiplicatori da applicare sono quelli vigenti all'epoca della stipula dell'atto soggetto a tassazione e non quelli, modificati (nella fattispecie, con il decreto ministeriale 14 dicembre 1991), in vigore al momento dell'emissione dell'avviso di liquidazione, atteso il chiaro tenore dell'articolo 52, quinto comma, del Dpr 26 aprile 1986, n. 131, secondo il quale le modifiche hanno effetto per gli atti pubblici formati dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione del relativo decreto ministeriale (sentenza n. 17853 del 3/9/2004, Corte di cassazione, sezione V).
In tema di Invim, l'applicazione del criterio automatico di valutazione, in relazione a immobili non iscritti in catasto con attribuzione di rendita, è rimessa alla libera scelta del contribuente, ed e' subordinata, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70 (convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154), alla espressa dichiarazione di volersi avvalere delle disposizioni del citato articolo e alla specifica istanza di attribuzione della rendita catastale (con i connessi oneri procedurali indicati nella norma stessa). Pertanto, nel caso in cui il contribuente non abbia personalmente - salvo espresso mandato - manifestato la volontà di optare per la valutazione automatica (che non è detto sia in ogni caso più favorevole rispetto a quella di mercato), l'ufficio non può applicare tale criterio parametrico di determinazione (limitandosi all'eventuale emissione di un avviso di liquidazione), ma è tenuto a procedere, ai sensi dell'articolo 52, primo comma, del Dpr 26 aprile 1986, n. 131, all'accertamento del valore venale del bene, con eventuale notifica di un avviso di accertamento, secondo le regole dettate per l'attività accertativa dall'articolo 51 del medesimo Dpr n. 131 del 1986 (sentenza n. 6078 del 16/4/2003, Corte di cassazione, sezione V).

2 In tema di imposta di registro, la determinazione delle somme risultanti ancora dovute a seguito della valutazione automatica dell'imponibile - conseguente alla richiesta del contribuente di volersi avvalere di tale criterio, ai sensi degli articoli 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70 (convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154) e 52, quarto comma, del Dpr 26 aprile 1986, n.131 - non discende dalla rettifica di un difetto di tassazione derivante da una non corretta dichiarazione del valore degli immobili trasferiti, essendo vincolata all'utilizzo di dati e criteri predeterminati, che il medesimo contribuente ha invocato per la definizione dell'imponibile. Ne consegue che il relativo avviso di liquidazione deve essere notificato non già entro il termine decadenziale di due anni previsto dall'articolo 76, comma 1-bis, del citato Dpr n. 131 del 1986 (che fa esclusivo riferimento all'ipotesi - di cui al precedente articolo 52, primo comma - di notifica dell'atto in conseguenza della rettifica del valore dichiarato o del corrispettivo pattuito), bensì entro il termine decadenziale - stabilito in via generale dal comma 2 del medesimo articolo 76 - di tre anni, decorrenti, nel caso di imposta principale, dalla richiesta di registrazione, ovvero dal momento successivo in cui, per effetto della richiesta di attribuzione della rendita catastale, il contribuente abbia ottemperato all'onere posto a suo carico per consentire l'attività di liquidazione (sentenza n. 13856 del 23/7/2004, Corte di cassazione, sezione V).
In ipotesi di richiesta di applicazione dell'articolo 12 del decreto legge n. 70/1988, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 154/1988, legittimamente si procede al recupero della maggiore imposta, risultata dovuta, a mezzo avviso di liquidazione anziché a mezzo avviso di accertamento; però, la maggiore imposta liquidata sulla base dell'intervenuta attribuzione di rendita da parte dell'Ute presenta, ex articolo 42 Dpr n. 131/1986, non già natura di imposta complementare, ma natura di imposta principale, sicché l'imposta suddetta va richiesta, ex articolo 76 comma 2, lettera a), Dpr citato, entro il termine di decadenza di tre anni (sentenza n. 97 del 6/2/2004, Commissione tributaria regionale per la Lombardia).

3 In tema di imposta di registro, qualora l'acquirente di un immobile non ancora iscritto in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita abbia dichiarato nell'atto di acquisto di volersi avvalere della valutazione automatica, avanzando contestuale richiesta per l'attribuzione della rendita catastale, e il valore dichiarato risulti, dopo l'attribuzione di questa, inferiore a quello determinabile in base alla nuova rendita secondo il criterio automatico, l'ufficio deve riscuotere la maggiore imposta dovuta con avviso di liquidazione senza essere tenuto ad emettere avviso di accertamento, atteso che la liquidazione avviene, in tal caso, sulla base della volontà espressa dal contribuente di assoggettamento al criterio tabellare di valutazione dell'immobile, mentre il detto ufficio non deve fare altro che calcolare la maggiore imposta dovuta sulla base di detto criterio. Non è, conseguentemente, necessario procedere, prima della notifica dell'avviso di liquidazione, alla separata notificazione o comunicazione dell'atto di classamento dell'immobile con attribuzione della relativa rendita catastale, potendo tali atti essere recepiti nell'avviso di liquidazione con il quale l'ufficio procede al recupero della maggiore imposta dovuta, così da consentirne la conoscenza al contribuente e da permettere l'impugnazione dell'avviso stesso (sentenza n. 13241 del 10/9/2003, Corte di cassazione, sezione V).
In tema di imposta sulle successioni, il contribuente che, dopo aver fatto richiesta - ai fini dell'applicabilità del criterio di valutazione automatica degli immobili - di attribuzione della rendita catastale, ex articolo 12 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70 (convertito nella legge 13 maggio 1988, n. 154), venga a conoscenza del classamento operato dall'Ute attraverso l'avviso di liquidazione della maggiore imposta, ha titolo a impugnare, nell'ambito del giudizio di impugnazione dell'avviso di liquidazione, anche l'atto di classamento presupposto e a prospettare censure che, oltre a investire, per vizi propri, l'avviso di liquidazione, riguardino esclusivamente l'atto presupposto, al fine di dimostrare una valutazione dell'immobile erronea e non conforme ai parametri legali (sentenza n. 7308 del 13/5/2003, Corte di cassazione, sezione V).
In tema di imposta sulle successioni, qualora il contribuente, ai sensi dell'articolo 34, comma sesto, del Dlgs 31 ottobre 1990, n. 346, abbia chiesto, in relazione a immobile non ancora iscritto in catasto con attribuzione di rendita, di avvalersi del criterio automatico di valutazione e il successivo atto di classamento non sia stato notificato all'interessato (anteriormente all'entrata in vigore dell'articolo 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342), l'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio finanziario deve recepire l'atto di classamento, in modo da consentire al contribuente la sua conoscenza e l'eventuale impugnazione unitamente all'avviso di liquidazione, ai sensi dell'articolo 19, comma terzo, del Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546. Ai fini della tutela del contribuente, non è necessario tuttavia che nell'avviso di liquidazione risultino i criteri e i parametri adottati per il classamento, i quali sono oggettivi e predeterminati, essendo sufficiente la comunicazione dei dati del classamento, consistenti nell'indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita (sentenza n. 7123 del 9/5/2003, Corte di cassazione, sezione V).
In tema di imposta sulle successioni, qualora il contribuente, in sede di dichiarazione relativa a immobile non ancora iscritto in catasto, abbia chiesto, ai sensi dell'articolo 34 del Dlgs 31 ottobre 1990, n. 346, di avvalersi del sistema automatico di valutazione, con istanza di attribuzione della relativa rendita catastale, l'avviso di liquidazione - che l'ufficio invia al contribuente ove rilevi che il valore derivante dall'applicazione del criterio di valutazione automatico sia superiore a quello dichiarato - deve avere un contenuto tale da porre il contribuente stesso in grado di verificare la valutazione operata dall'Ute e, quindi, di esercitare il diritto di difesa. Pertanto, l'avviso di liquidazione (a meno che l'atto di classamento non sia già stato autonomamente notificato) deve contenere, a pena di nullità, oltre l'importo del tributo, anche l'indicazione dei dati di classamento e della rendita catastale attribuita dall'Ute (sentenza n. 2546 del 20/2/2003, Corte di cassazione, sezione V).

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