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Giurisprudenza

Il risultato sarebbe stato diverso?
No, allora l’avviso rimane valido!

Esclusa la nullità dell’atto per imprecisa indicazione degli anni d’imposta oggetto di verifica, in quanto l’informazione non è formalità essenziale per raggiungere lo scopo

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In caso di verifica fiscale, l’avviso di accertamento può essere dichiarato nullo per violazione dell’iter procedimentale, solo per il mancato rispetto del termine dilatorio dei sessanta giorni tra la fine delle operazioni di verifica e l’emissione dell’atto impositivo, salvo l’ipotesi di motivi di urgenza.
L’inosservanza degli obblighi informativi circa l’oggetto della verifica fiscale, previsti dallo Statuto del contribuente, non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto tali obblighi non sono previsti a pena di nullità, vigendo anche in materia tributaria la regola generale della tassatività della nullità e, inoltre, non costituiscono una formalità essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto impositivo è teso.
Questo in sintesi è il contenuto della sentenza della Corte di cassazione n. 992 del 21 gennaio 2015.
 
Il fatto
A seguito di una verifica fiscale, la Guardia di finanza notificava al contribuente un processo verbale di constatazione contenente la determinazione di maggiori ricavi rispetto al dichiarato, essendo il valore delle rimanenze incoerente rispetto all’ammontare indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2000.
Sulla base delle risultanze del verbale e della documentazione prodotta dal contribuente in risposta a un questionario, l’Agenzia delle Entrate procedeva alla notifica di un avviso di accertamento per il recupero di maggiori imposte dirette e Iva.
 
Il contribuente proponeva ricorso avverso l’atto impositivo, lamentando l’erroneità della ricostruzione induttiva operata dall’ufficio finanziario, nonché l’illegittimità dell’atto per violazione degli obblighi informativi previsti dal comma 2 dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente, in considerazione del fatto che la Guardia di finanza lo aveva informato che la verifica fiscale riguardava periodi d’imposta (1998 e 2001) diversi da quello oggetto di accertamento (2000).
 
La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, ritenendo corretto il metodo analitico induttivo per la ricostruzione dei maggiori ricavi utilizzato dall’Amministrazione finanziaria, condotto sulla scorta di una pluralità di elementi desunti, in particolare, dalle informazioni fornite dal contribuente in risposta al questionario.
I giudici di primo grado giudicavano, pertanto, irrilevante la questione dell’inosservanza o meno dei doveri informativi sull’oggetto della verifica fiscale previsti dal citato articolo 12.
 
Il contribuente impugnava la sentenza, insistendo sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione degli obblighi informativi, di cui all’articolo 12, comma 2 e sull’erroneità del metodo di calcolo adottato dall’Amministrazione finanziaria.
 
La Ctr accoglieva l’appello, rilevando che il mancato avviso dell’ampliamento dell’oggetto dell’indagine costituiva un comportamento lesivo del diritto di difesa del contribuente, essendo irrilevante che nel pvc si desse atto, “in via postuma, del periodo d’imposta effettivamente considerato”.
 
L’Agenzia delle Entrate proponeva, quindi, ricorso per cassazione, deducendo l’erroneità della sentenza d’appello nel punto in cui i giudici avevano ritenuto che la violazione degli obblighi informativi comportassero la nullità dell’avviso di accertamento e avevano trascurato il contenuto sia del pvc, dove erano indicate tutte le annualità oggetto di verifica, sia dell’allegato processo verbale di rilevamento di giacenza, che dava atto della contestuale verifica di carattere generale.
 
La Corte di cassazione, considerando fondati i motivi addotti dall’Agenzia delle Entrate, ha deciso la cancellazione della sentenza d’appello, con rinvio ad altra sezione della competente Commissione tributaria regionale.
 
La decisione
Per quel che attiene l’oggetto della controversia, il comma 2 dell’articolo 12 della legge 212/2000 – norma che enuclea i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica – prevede che, in occasione dell’inizio di una verifica fiscale, il soggetto controllato abbia il diritto “di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda”.
La tesi difensiva del contribuente, che ha trovato accoglimento in sede di appello, si basa sul presupposto che la violazione degli obblighi informativi, previsti dall’articolo 12, comporti la nullità del conseguente avviso di accertamento, perché l’elusione di tali obblighi andrebbe a pregiudicare il proprio diritto di difesa.
 
I giudici della Corte di cassazione sono di diverso avviso, perché non hanno individuato alcuna lesione del diritto di difesa del contribuente, essendo stato rispettato in toto l’iter procedimentale che ha portato all’emissione dell’avviso di accertamento.
A tal riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’elemento fondamentale che garantisce al contribuente il diritto al contraddittorio preventivo non è costituito dagli obblighi informativi circa l’oggetto della verifica, ma dall’obbligo posto a carico dell’Amministrazione finanziaria del rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, dalla notifica del processo verbale di constatazione all’emissione dell’atto impositivo.
 
Infatti, il comma 7 dell’articolo 12 prevede che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”: in mancanza di motivi di urgenza, l’inosservanza del termine dei sessanta giorni comporta la nullità dell’avviso di accertamento (in tal senso, cfr Cassazione 18184/2013).
 
Nel caso in esame, nessuna violazione in tal senso è stata compiuta dagli organi accertatori: non solo è trascorso il termine dilatorio, ma l’Agenzia delle Entrate ha anche attivato un contraddittorio integrativo con la richiesta di informazioni e documenti, mediante l’invio di questionari ex articolo 32, Dpr 600/1973.
In ragione di tale principio, l’iniziale imprecisa indicazione data al contribuente circa l’estensione temporale della verifica non costituisce una violazione tale da comportare la nullità dell’avviso di accertamento, atteso che gli obblighi informativi ex articolo 12, comma 2, della legge 212/2000, non sono previsti a pena di nullità, poiché, “anche in materia tributaria, vale la regola generale della tassatività della nullità (cfr, per esempio, Cassazione n. 3676 del 2010)”.
 
A ciò si aggiunga che la violazione delle disposizioni, previste dal comma 2 dell’articolo 12, potrebbe, al più, comportare la mera irregolarità della procedura, ma non l’invalidità dell’atto, in applicazione del criterio della “strumentalità della forma”, secondo cui un atto è nullo solo se la trasgressione di una prescrizione si riferisca “ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto è teso (cfr Cassazione n. 5518 del 2013)”.
In altre parole, secondo la Cassazione, che sul punto ha fatto proprie le conclusioni dei giudici europei nella sentenza della Corte di giustizia del 3 luglio 2014 (caso Kamino International Logistics BV), il giudice di merito deve considerare nullo l’atto amministrativo per violazione del contraddittorio endoprocedimentale solo se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento amministrativo “avrebbe potuto comportare un risultato diverso”.
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