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Giurisprudenza

Roaming con Iva nel Paese terzo:
servizio imponibile anche in Ue

Se un operatore extra Ue consente ai clienti che soggiornano temporaneamente in uno Stato europeo di fruire della rete di comunicazione mobile, la prestazione è da tassare nel luogo di utilizzo

roaming

Il fatto che un servizio, come quello relativo alla telefonia mobile, possa essere assoggettato ad imposta in un Paese terzo non impedisce a uno Stato membro di considerare tale servizio imponibile ai fini Iva, quando sia oggetto di un’effettiva utilizzazione o fruizione nel suo territorio. È la conclusione a cui è pervenuta la Corte Ue con la sentenza C 593/19 del 15 aprile 2021.

 

La fattispecie e le questioni pregiudiziali
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla controversia in commento verte sull’interpretazione dell’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva, ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una compagnia telefonica all’amministrazione finanziaria austriaca in merito al rimborso dell’Iva assolta a monte dalla compagnia in relazione a prestazioni di servizi di telecomunicazione.
Detta compagnia ha sede in un paese extra Ue ha fornito servizi di telefonia mobile ai suoi clienti, i quali erano parimenti stabiliti o avevano il loro domicilio o la loro residenza abituale in tale paese extra Ue, sotto forma di servizi di roaming che consentivano l’utilizzo della rete di comunicazione mobile austriaca.
Al riguardo, un operatore austriaco di rete di comunicazione mobile ha messo la sua rete a disposizione della compagnia a fronte del pagamento di diritti d’uso maggiorati dell’Iva austriaca del 20 per cento. La compagnia ha quindi ha addebitato ai suoi clienti tariffe di roaming per l’utilizzo della rete di comunicazione mobile austriaca durante i loro soggiorni temporanei in Austria.
Ciò premesso, la compagnia telefonica ha presentato all’amministrazione finanziaria austriaca una domanda di rimborso dell’Iva che le era stata fatturata dall’operatore austriaco di rete di comunicazione mobile.
La questione è approdata quindi dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue, le seguenti questioni, con cui il giudice del rinvio chiede di conoscere in sostanza, se l’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso che i servizi di roaming forniti da un operatore di telefonia mobile, stabilito in un paese terzo, ai suoi clienti, anch’essi stabiliti o domiciliati o abitualmente residenti in tale paese terzo, che consentono loro di utilizzare la rete di comunicazione mobile nazionale dello Stato membro in cui soggiornano temporaneamente, devono essere considerati oggetto di un’”effettiva utilizzazione e di un’effettiva fruizione” nel territorio di tale Stato membro, ai sensi di tale disposizione, cosicché lo Stato membro in parola può considerare il luogo delle prestazioni di tali servizi di roaming come se fosse situato nel suo territorio qualora tali servizi non siano soggetti a un trattamento fiscale analogo all’assoggettamento all’Iva in tale Paese terzo.

Le valutazioni della Corte Ue
La Corte Ue osserva che la ‘ratio’ sottesa alle disposizioni della direttiva Iva, riguardante il luogo delle prestazioni di servizi, impone che i servizi siano imponibili, nella misura del possibile, nel luogo della loro fruizione.
A tal proposito, ai sensi dell’articolo 59, primo comma, lettera i), della direttiva, il luogo delle prestazioni di servizi di roaming, riguardo ai quali è pacifico che si tratta di servizi di telecomunicazione, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, della medesima direttiva, quando tali prestazioni di servizi sono fornite a persone che non sono soggetti passivi stabilite o domiciliate o abitualmente residenti fuori dell’unione, è il luogo in cui tali persone sono stabilite o domiciliate o abitualmente residenti.
Tuttavia, in deroga a tale previsione, l’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva Iva consente agli Stati membri, per i servizi il cui luogo delle prestazioni è disciplinato, in particolare, dall’articolo 59 della medesima direttiva, di considerare tale luogo, situato in linea di principio al di fuori dell’Ue, come se fosse situato nel loro territorio qualora l’effettiva utilizzazione o fruizione di tali servizi avviene nel loro territorio.

A tal riguardo, l’articolo 59-ter della direttiva imponeva agli Stati membri di applicare l’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della medesima direttiva ai servizi di telecomunicazione forniti a persone che non sono soggetti passivi stabilite o domiciliate o abitualmente residenti in uno Stato membro da parte di un soggetto passivo che, come l’operatore di telefonia mobile, ha stabilito la sede della propria attività economica al di fuori dell’unione europea.
Tuttavia, l’obbligo previsto dall’articolo 59-ter della direttiva non può avere l’effetto di limitare, in circostanze diverse da quelle previste da tale disposizione, la possibilità per gli Stati membri di avvalersi, con riferimento ai servizi di telecomunicazione, della facoltà generale derivante dall’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della medesima direttiva.

A tal riguardo, quanto alla natura temporanea del soggiorno in tale paese, l’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), non fissa condizioni relative alla durata del soggiorno nel territorio degli Stati membri delle persone che sono stabilite o domiciliate o abitualmente residenti in un paese terzo.
Pertanto, ai fini dell’esercizio della facoltà prevista dalla norma, occorre valutare se i servizi di roaming siano oggetto di un’effettiva utilizzazione o fruizione nel territorio dello Stato membro che intenda spostare il luogo delle prestazioni dei servizi in tale territorio.
In sostanza, un servizio di roaming consiste nella prestazione che un fornitore di servizi di comunicazione mobile offre ai suoi abbonati consentendo loro di utilizzare il loro dispositivo mobile su una rete di comunicazione mobile diversa da quella del fornitore, in ragione di accordi conclusi tra gli operatori di tali reti.
Nel caso di specie, i servizi di roaming hanno lo scopo di consentire ai clienti della compagnia telefonica, quando si trovano al di fuori della zona di copertura della rete di comunicazione mobile gestita da quest’ultima, di utilizzare servizi di telefonia mobile attraverso la rete di comunicazione mobile di un operatore austriaco.
A tal riguardo, in base ad una consolidata giurisprudenza, risulta che, da un lato, dall’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva Iva discende che ciascuna operazione deve normalmente essere considerata come distinta e indipendente e che, dall’altro, l’operazione costituita da un’unica prestazione sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’Iva.
I servizi di roaming forniti alle persone che soggiornano temporaneamente nel territorio di uno Stato membro sono distinti e indipendenti dagli altri servizi di comunicazione mobile di cui le stesse persone sono beneficiarie.
Peraltro, tali servizi di roaming sono oggetto di un’identificazione distinta da parte della compagnia telefonica nonché di tariffe distinte, ossia le tariffe di roaming, che sono fatturate ai clienti cui tali servizi sono forniti.
Dalla natura stessa dei servizi di roaming deriva quindi che la loro effettiva utilizzazione o fruizione avviene necessariamente nel territorio dello Stato membro interessato durante i soggiorni temporanei dei clienti della compagnia telefonica in tale territorio.
Tuttavia, anche se è soddisfatta la condizione relativa all’effettiva utilizzazione o fruizione dei servizi nel territorio di uno Stato membro, quest’ultimo può avvalersi della facoltà offertagli dall’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva Iva, di considerare il luogo delle prestazioni di servizi, che è situato al di fuori dell’Ue, come se fosse situato nel suo territorio, soltanto nei limiti in cui l’essersi avvalso di tale facoltà abbia l’effetto di prevenire casi di doppia imposizione, di non imposizione o di distorsione di concorrenza.
A tal riguardo, risulta che la tassazione della totalità dei servizi di telecomunicazione il cui consumo ha luogo nell’Ue risponde alla volontà del legislatore unionale di impedire distorsioni della concorrenza.
Ciò premesso, la finalità delle disposizioni della direttiva Iva relative alla determinazione del luogo d’imposizione delle prestazioni di servizi consiste nell’evitare, da un lato, conflitti di competenza da cui possano derivare doppie imposizioni e, dall’altro, la mancata imposizione di tributi.
Sulla base del tenore letterale dell’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva, la Corte ritiene che la facoltà concessa da tale disposizione non solo rientri nell’ambito della prevenzione di distorsioni della concorrenza, ma è anche volta a prevenire casi di doppia imposizione e non imposizione.

Da ciò deriva che gli Stati membri possono avvalersi della facoltà concessa dall’articolo 59 bis, primo comma, lettera b), di detta direttiva qualora ciò abbia come unico effetto quello di ovviare a una situazione di non imposizione all’interno dell’Unione, come accaduto nel caso dei servizi di roaming di cui si tratta nel caso in esame.
Inoltre, ai fini dell’applicazione di detta disposizione, gli eventuali casi di doppia imposizione, di non imposizione o di distorsione di concorrenza devono essere valutati in funzione del trattamento fiscale dei servizi interessati negli Stati membri, senza che occorra tener conto del regime fiscale al quale tali servizi sono assoggettati nel paese terzo interessato.

Una diversa soluzione avrebbe l’effetto di far dipendere l’applicazione delle norme unionali in materia di Iva dal diritto fiscale interno dei paesi terzi; in mancanza di indicazioni in tal senso, non si può presumere che questa fosse l’intenzione del legislatore dell’unione.
Peraltro, un’interpretazione per cui gli Stati membri possono avvalersi della facoltà concessa dall’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva Iva senza dover tener conto, in linea di principio, del trattamento fiscale cui sono soggetti i servizi sulla base del diritto fiscale interno del paese terzo interessato, è avvalorata dall’approccio adottato dal comitato Iva, comitato consultivo istituito dall’articolo 398 della stessa direttiva, i cui orientamenti, per quanto non giuridicamente cogenti, sono di ausilio per l’interpretazione della direttiva Iva. 

Infatti, dagli orientamenti di tale Comitato risulta che quest’ultimo ha concordato all’unanimità che il ricorso da parte degli Stati membri alla facoltà prevista dall’articolo 59-bis, primo comma, lettera b), di tale direttiva, al fine di assoggettare a imposta servizi oggetto di un’effettiva utilizzazione o fruizione nel loro territorio, non dipende dal trattamento fiscale al quale sono sottoposti tali servizi al di fuori dell’Unione europea.
In particolare, la circostanza che un servizio possa essere assoggettato a imposta in un paese terzo in applicazione delle sue norme nazionali non impedisce a uno Stato membro di assoggettare a imposta detto servizio quando sia oggetto di un’effettiva utilizzazione o fruizione nel suo territorio.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l'articolo 59-bis, primo comma, lettera b), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che i servizi di roaming forniti da un operatore di telefonia mobile, stabilito in un paese terzo, ai suoi clienti, anch’essi stabiliti o domiciliati o abitualmente residenti in tale paese terzo, che consentono loro di utilizzare la rete di comunicazione mobile nazionale dello Stato membro in cui soggiornano temporaneamente, devono essere considerati oggetto di un’”effettiva utilizzazione e di un’effettiva fruizione” nel territorio di tale Stato membro, ai sensi di tale disposizione, di modo che il medesimo Stato membro può considerare il luogo delle prestazioni di tali servizi di roaming come se fosse situato nel suo territorio qualora, senza tener conto del trattamento fiscale al quale sono sottoposti detti servizi in base al diritto fiscale interno del suddetto paese terzo, l’esercizio di una tale facoltà abbia l’effetto di prevenire la non imposizione dei medesimi servizi all’interno dell’Unione.

Data sentenza
15 aprile  2021

Numero causa:
C-593/19

Nome delle parti:
SK Telecom Co. Ltd
contro
Finanzamt Graz-Stadt

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