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Giurisprudenza

Savona: maxi frode allo scoperto. Evasi 11 milioni, ma c'è di più

Sotto scacco un tabaccaio architetto di una truffa ambientata nelle sale da gioco, tra Bingo e slot machine

In Liguria, la direzione provinciale delle Entrate di Savona ha contestato oltre 11 milioni di euro per redditi evasi e 4 milioni di euro di indebite compensazioni Iva.
In particolare, con il coordinamento del gruppo operativo ispettivo della direzione regionale di Genova, l'ufficio di Savona ha terminato una importante attività ispettiva nei confronti di una rete di società riconducibili a una persona fisica, che gestisce un rilevante numero di slot machine e diverse sale Bingo dislocate nel ponente ligure e in Piemonte, ottenendo una soluzione favorevole alla richiesta dei provvedimenti restrittivi sui beni del contribuente da parte della locale Commissione tributaria provinciale.


La fattispecie evasiva
Un soggetto residente nel ponente savonese, che risultava dichiarare redditi irrisori, ha costruito nel corso degli anni una complessa rete societaria, facendo figurare nei rapporti esterni un'apparente reale compagine, costituita sia da società di capitali sia da società cooperative.

Da interrogazioni all'Anagrafe tributaria, il verificato svolgeva attività imprenditoriale in forma individuale (commercio al dettaglio di tabacchi e generi di monopolio), tuttavia, l'ufficio, effettuando un controllo complessivo della posizione del contribuente, riscontrava l'esistenza di sedi legali fittizie e che il dominus, cui le società facevano capo, gestiva, attraverso conti personali e operazioni fuori conto, rilevanti flussi di liquidità provenienti dall'attività di scommesse del Bingo e di numerose slot machine, formalmente riconducibili alle diverse entità amministrate.

Alcune società sono state, infatti, utilizzate per emissione di false fatturazioni che permettevano di generare crediti Iva fittizi in capo ad altre società "operative" del gruppo. Queste ultime, anziché versare le imposte dovute ai Monopoli di Stato, utilizzavano i crediti in compensazione.
Dal 2005 al 2009, il soggetto verificato, attraverso questa costruzione perpetrata in frode alla legge, è riuscito a effettuare compensazioni indebite e a omettere versamenti d'imposta per oltre 4 milioni di euro.
Contestualmente, le società del "gruppo", avvalendosi di artifici contabili o semplicemente non presentando le dichiarazioni, nascondevano al Fisco rilevanti proventi sia in materia di Ires sia di Irap.

Nonostante l'interessato abbia artatamente reso inutilizzabile la contabilità (in parte distruggendola), i funzionari dell'Agenzia delle Entrate, nell'arco di pochi mesi, attraverso un'intensa e mirata attività di intelligence (perquisizioni domiciliari, accessi nelle varie sale Bingo, verifiche, indagini bancarie), hanno ricostruito i flussi finanziari risultati pari a diverse decine di milioni e i conseguenti redditi evasi, che dall'anno 2005 a oggi si aggirano intorno agli 11 milioni di euro.

Il soggetto è stato infine segnalato alla procura della Repubblica per le numerose ipotesi di reato (Dlgs 74/2000) che ne sono emerse (emissione e utilizzo di fatture false, omesse dichiarazioni, indebite compensazioni Iva e occultamento di scritture contabili).

Le misure cautelari
E' noto che gli uffici dell'Agenzia competenti per l'accertamento, ai sensi dell'articolo 22 del Dlgs 472/1997, possono chiedere al presidente dalla Commissione tributaria provinciale, con apposita istanza motivata, l'adozione di misure cautelari, in presenza di violazioni tributarie accertate di cui è provato il fondamento giuridico (fumus boni iuris) e in relazione alle quali sussista il fondato timore di perdere la garanzia del connesso credito erariale (periculum in mora).
Così, nel caso in esame, a conclusione delle operazioni di controllo, sfociate nel relativo processo verbale di constatazione (ex articolo 52, comma 6, Dpr 633/1972), ove veniva contestata la complessiva somma per imposte, interessi e sanzioni di oltre 6 milioni di euro, per gli anni dal 2005 al 2009, la Dp di Savona presentava istanza per l'adozione delle misure cautelari alla Commissione tributaria provinciale, chiedendo in particolare l'autorizzazione a iscrivere ipoteca sui beni immobili di proprietà del verificato nonché il sequestro conservativo sui suoi conti correnti bancari e sulle partecipazioni nelle società del gruppo per la quota nominale a ciascuna di esse riferita. Tale richiesta in considerazione:
  • della circostanziata motivazione dell'evasione posta in essere
  • dell'entità degli importi da recuperare a tassazione.

La soluzione della Commissione tributaria
Con sentenza 71/2011, la Commissione tributaria provinciale riteneva sussistenti entrambi i profili necessari all'adozione dei provvedimenti cautelari: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Quanto al primo, il Collegio ne ravvisava la fondatezza, poiché i dati raccolti durante l'attività istruttoria e trasfusi nel verbale di constatazione, regolarmente notificato alla parte, dimostravano abbondantemente il preordinato intento del titolare dell'impresa di sottrarsi al pagamento delle imposte (considerata anche l'affluenza sui suoi conti dei proventi delle attività societarie non dichiarati, cfr Cassazione 21855/2011). Né l'interessato riusciva a fornire in giudizio alcuna dimostrazione contraria alla corresponsabilità di altri soci nell'amministrazione e gestione delle società facenti capo al dominus.
E' importante anche sottolineare a tal fine che l'interessato ha ammesso di avere effettuato le compensazioni risultate, poi, indebite agli occhi del Fisco.
Inoltre, ha giocato ancora favorevolmente all'Amministrazione la circostanza che il contribuente ha presentato adesione al verbale di constatazione (articolo 5-bis, Dlgs 218/1997), manifestando con ciò l'accettazione piena dei rilievi definibili con adesione.

Il Collegio ha ritenuto sussistere nella fattispecie anche il periculum in mora, atteso che, pur trattandosi di un patrimonio consistente, la maggior parte degli immobili del contribuente sono in comproprietà con altro familiare, mentre negli anni 2009 e 2010 risulta aver ceduto una parte dei beni immobili senza provvedere a successivi investimenti.
Un ruolo rilevante, ai fini del giudizio, ha avuto anche la "condotta spregiudicata e fraudolenta", costantemente tenuta dall'interessato negli anni in contestazione, finalizzata all'evasione delle imposte. Tutti indici rilevatori di una tale "pericolosità fiscale" per l'erario, tanto da suscitare il fondato timore che la garanzia del credito vantato dall'Amministrazione finanziaria possa venir meno.

Autorizzando l'iscrizione dell'ipoteca degli immobili e il sequestro conservativo dei soli conti correnti del contribuente, per il soddisfacimento dei crediti da sanzione e a titolo di imposta (cfr Ctp Savona, sentenze 72/2010 e 184/2007), non si può non convenire con la "saggia" decisione adottata dal giudice savonese nel pieno rispetto della normativa, a fronte di una "pericolosa" e incresciosa situazione atta a suscitare forti apprensioni in quei cittadini che, adempiendo a un loro dovere civico, corrispondono regolarmente i tributi dovuti.
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