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Giurisprudenza

Scendere a patti con il fisco sbarra la via dei rimborsi

La definizione agevolata fa estinguere sia le liti fiscali sia le domande giudiziali per i recuperi d’imposta

passaggio a livello chiuso
Con ordinanza n. 21719 del 13 ottobre, la Corte di cassazione ha stabilito che il patteggiamento con il fisco preclude ogni tipo di rimborso. Infatti, il condono tombale di cui all’articolo 9 della legge 289/2002 spazza via la possibilità di recuperare l’Irap anche quando il professionista è coadiuvato da una sola dattilografa part-time. Con la pronuncia in epigrafe, in sostanza, la Suprema corte riscatta il condono del 2002, ancora perfettamente operante secondo i giudici di legittimità, almeno sul fronte Irap dei piccoli professionisti.
  
I presupposti di fatto
La vicenda ha origine dall’impugnativa di un avviso di accertamento Irap a carico di una ditta individuale, conseguente a diniego amministrativo del richiesto rimborso Irap professionisti, che, respinta in primo grado, si è conclusa davanti alla Commissione tributaria regionale con l’accoglimento dell’appello del contribuente esercente l’attività libero-professionale di avvocato, riconoscendo così al contribuente il rimborso dell’Irap versata per un quinquennio (1998-2002).
 
In particolare, la Commissione del riesame aveva accolto la censura del contribuente secondo la quale l’intervenuta richiesta di adesione in sanatoria (ex articolo 9, legge 289/2002) non poteva far venir meno il diritto al rimborso di un’imposta per la quale vi era totale mancanza dei presupposti. L’appello era stato accolto anche in relazione all’annualità 2002 per la quale il contribuente non aveva presentato istanza di sanatoria.
 
L’Amministrazione finanziaria censura l’operato del giudice d’appello in forza di due motivi di ricorso, con i quali, sostanzialmente, lamenta:
  1. la violazione dell’articolo 9 della legge 289/2002, in quanto il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere che la presentazione da parte del contribuente di una istanza di condono ai sensi di detta disposizione non precludesse, allo stesso contribuente, ogni possibilità di rimborso per le annualità di imposta definite mediante l’agevolazione, ivi compreso il rimborso di imposte che riassumono indebitamente versate
  2. la violazione del principio dell’onere della prova, di cui all’articolo 2697 del codice civile, poiché il contribuente, ai fini dell’esclusione dalla soggezione Irap, avrebbe dovuto provare in sede processuale “l’assenza di elementi di organizzazione”.
La decisione sul condono tombale
In relazione alle questioni denunciate dall’Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso, rileva in primo luogo che, in tema di condono fiscale recato dalla ripetuta legge 289/2002, la giurisprudenza di legittimità si è attestata sui seguenti principi condivisi:
  1. con riferimento alla definizione automatica prevista dall’articolo 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, operante anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, Irap), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice, prima di ogni altra (cfr Cassazione, sentenze nn. 25239/2007, 6216/2006 e 15995/2000)
  2. la presentazione dell’istanza di definizione automatica preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (come l’Irap). Il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte a una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria (cfr Cassazione, sentenze nn. 6504/2007, 3682/2007, 15635/2004, 3163/1997 e 3273/1996).
Pertanto, la Suprema corte censura l’operato del giudice di secondo grado che, nel caso in esame, non si è attenuto al richiamato e condiviso orientamento giurisprudenziale, essendo pervenuto alle conclusioni in rassegna prescindendo dal consolidato approdo del “diritto vivente”.
 
La decisione sul rimborso Irap 2002
Ma il giudizio reprensivo della Suprema corte non si ferma qui, poiché va a intaccare l’altro “capo” della sentenza della Commissione del riesame, che ha ritenuto spettante il rimborso Irap anche per l’annualità 2002, non coperta dalla sanatoria tombale, a fronte dell’attività del professionista svolta “con solo l’ausilio a tempo parziale di una dipendente per la scritturazione degli atti”.
Quanto basta per permettere alla Corte di richiamare la conforme giurisprudenza di legittimità che ha riconosciuto, in siffatte situazioni, la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione e, per l’effetto, il presupposto impositivo a norma del combinato disposto degli articoli 2 e 3 del Dlgs 446/1997, ritenendo integrato tale presupposto sulla base di elementi, quali lo studio ubicato nell’abitazione (arredato con libreria, fax e videoscrittura), l’importo dei compensi dichiarati e le spese esposte (cfr Cassazione, sentenze nn. 14693, 15110, 16220 e 17533 del 2009).
 
In particolare, la Corte di cassazione ha sancito nel tempo (cfr sentenze nn. 3676, 3677, 3678, 3680, 5019, 5020, 5021 e 8166, tutte del 2007) che “l’autonoma organizzazione dell'attività di lavoro autonomo, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, sussiste tutte le volte in cui il contribuente che eserciti l'attività di lavoro autonomo:”
  • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse
  • impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che secondo l'id quod plerumque accidit costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Basta infine ricordare che, tra gli elementi che individuano l’autonoma organizzazione, l’agenzia delle Entrate ha individuato (circolare n. 45/2008) una serie di elementi che, anche singolarmente considerati, sono sufficienti a far ritenere esistente l’autonoma organizzazione, quali:
  • l’impiego, in modo non occasionale, di lavoratori dipendenti o collaboratori, anche se assunti secondo modalità riconducibili a un progetto, programma di lavoro o fase di esso
  • utilizzo di beni strumentali che, per quantità o valore, eccedono oggettivamente le necessità minime per l’esercizio dell’attività, anche non acquisiti direttamente, ma forniti da terzi a qualunque titolo
  • disponibilità di uno studio.
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