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Giurisprudenza

La scissione societaria parziale
prevede una solidarietà illimitata

La norma tributaria, che statuisce una responsabilità a 360 gradi, non coincide con quella civilistica, dove i confini degli obblighi si fermano al patrimonio netto trasferito

tronco suddiviso con ascia
In caso di scissione societaria parziale, per i debiti fiscali della compagine scissa, relativi a periodi d'imposta anteriori l'operazione, la Corte di cassazione ha stabilito, con la sentenza n. 13059 del 24 giugno 2015, che, ai sensi dell'articolo 173, comma 13, del Tuir, rispondono solidalmente e illimitatamente tutte le società partecipanti alla scissione.
Lo conferma, dal lato dell’interpretazione sistematica, l'articolo 15, comma 2, del Dlgs 472/1997, che, con riguardo alle somme da pagarsi in conseguenza di violazioni fiscali commesse dalla scissa, prevede la solidarietà illimitata di tutte le beneficiarie.
 
L’iter processuale
Nella vicenda, la Commissione tributaria regionale accoglieva l'appello dell'ente impositore, convalidando la cartella di pagamento per Irpef e addizionali ex articolo 36-bis, Dpr 600/1973, emessa a seguito della scissione parziale nei confronti della beneficiaria solidalmente responsabile con la scissa per i debiti fiscali di quest'ultima.
In assenza di produzione del piano di riparto dell’operazione, infatti, non risultavano dimostrati l'ammontare del capitale e le obbligazioni della società scissa trasferiti alla beneficiaria, visto che il debito fiscale della prima doveva intendersi noto alla seconda, considerato che lo stesso emergeva dalle dichiarazioni fiscali della società scissa.
 
La contribuente proponeva ricorso per cassazione, con il quale censurava la sentenza impugnata per violazione di legge, in quanto il giudice dell’appello, benché le disposizioni in tema di scissione parziale contenessero la responsabilità della beneficiaria nei soli limiti dei debiti attribuiti e del patrimonio assegnato, aveva ritenuto non provata la predetta limitazione anche se risultante dalla documentazione depositata, da cui si rilevava che il patrimonio conferito era stato espressamente previsto. Perciò ha errato la Commissione del riesame che ha ritenuto estendibile tout court alla beneficiaria i debiti della scissa, in evidente contrasto con la norma speciale di cui all'articolo 173, comma 12, del Tuir, vigente ratione temporis (oggi articolo 123-bis del Tuir).
 
Con altro motivo di ricorso, la contribuente lamentava, inoltre, la violazione dell'articolo 2506-bis, comma 3, cc, poiché la società beneficiaria poteva rispondere dei debiti della scissa soltanto nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ricevuto, e ciò in quanto nel progetto di scissione non vi era alcuna indicazione del debito fiscale.
 
La scissione parziale
A questo punto, è utile rammentare che, nella scissione parziale, la società A (scissa) trasferisce una parte del proprio patrimonio alla società B (C, D, eccetera), detta beneficiaria (preesistente o di nuova costituzione, che nasce cioè con la scissione), proseguendo la propria attività.
Nelle scissioni, un primo profilo di responsabilità emerge dall’articolo 2506-quater cc, in cui si afferma che, per le passività trasferite ad altra società e non soddisfatte da quest’ultima, è prevista la responsabilità solidale da parte delle società risultanti dalla scissione e non assegnatarie di queste passività. Questa responsabilità coinvolge anche la scissa nella scissione parziale, poiché la norma cita anche il termine “patrimonio netto rimasto”.
 
Tra le passività non estinte dalla scissa vi possono essere anche debiti tributari, in relazione ai quali opera l’articolo 173, comma 13, del Tuir, che statuisce una responsabilità solidale illimitata che grava sulle società risultanti dalla scissione.
La questione da risolvere è, pertanto, se la norma tributaria vada letta nell’ambito del profilo generale di responsabilità civilistica e, quindi, se anche per queste passività vige la regola del tetto massimo rappresentato dal patrimonio effettivo trasferito alla beneficiaria.
 
La decisione
Al quesito prospettato, la suprema Corte ha risposto negativamente e, nel confermare la tesi erariale, ha affermato sostanzialmente che sono responsabili verso il fisco tutte e due le società che hanno partecipato alla scissione parziale, anche per quanto maturato prima dell’operazione.
Infatti, nella scissione parziale societaria, le compagini beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte dovute, le sanzioni pecuniarie e gli interessi, nonché, in base all’articolo 15 del Dlgs 472/1997, anche per le violazioni commesse dalla società anteriormente alla data della scissione, in quanto tale ultima disposizione prevede che le partecipanti alla scissione siano tutte solidalmente e illimitatamente responsabili per le somme dovute per le violazioni tributarie. Con esclusione, quindi, dell’applicazione delle limitazioni previste dagli articoli 2506-bis e 2506-quater cc, che circoscrivono la responsabilità nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto assegnato o rimasto alla società beneficiaria della scissione (cfr Cassazione, pronuncia n. 15088/2001).
 
Nel caso in esame, pertanto, è vano - da parte della società ricorrente - sostenere l’operatività degli articoli del codice civile, in quanto le limitazioni ivi contenute non valgono per i crediti tributari, vista la natura speciale della norma tributaria.
Dello stesso avviso, del resto, si era già palesata l’Amministrazione finanziaria, che, nell’esegesi dell’articolo 15 del Dlgs 472/1997, ha specificato che la solidarietà prevista dalla legge tributaria non incontra i limiti di quella civile (cfr circolare n. 180/1998).
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