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Giurisprudenza

Se cessano attività e partita Iva,
c’è obbligo di rettifica d’imposta

Sulla modifica della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte e relativa all’acquisto di beni o di servizi destinati a produrre beni d’investimento rileva la definitività della chiusura, non le sue ragioni soggettive

sogei calcoli

Se, per decisione del proprietario o del socio unico, una Società, soggetto passivo d’imposta, sia messa in liquidazione e chiuda la partita Iva, la detrazione dell’Iva pagata “a monte” per l’acquisizione di beni o servizi destinati alla produzione di beni di investimento deve essere rettificata, perché i beni di investimento creati non sono stati utilizzati nell’ambito di attività economiche tassate attività né mai lo saranno. Così si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza emessa nella causa C-293/21, depositata oggi, 6 ottobre 2022, su rinvio pregiudiziale di giudice lituano, ponendo l’accento, più che sulle ragioni “soggettive” della chiusura dell’attività, sul venir meno del nesso tra acquisti e operazioni tassate.

I fatti oggetto della causa
Emerge dalla lettura della sentenza in commento che la Società lituana Vittamed technologijos, la cui attività consiste nell’effettuare ricerche nelle scienze tecniche e nelle loro applicazioni pratiche, non aveva compiuto, dal primo marzo 2012, operazioni attive rilevanti ai fini dell’Iva, ma ciononostante aveva acquisito, nel 2012 e nel 2013, beni e servizi nell’ambito di un progetto internazionale finanziato dall’Unione europea (poi completato il 31/12/2013), il cui obiettivo era la realizzazione di un prototipo di dispositivo medico di diagnosi e monitoraggio nonché la successiva commercializzazione dello stesso sul mercato.
La Società aveva ricevuto otto fatture, detraendo l’Iva pagata a monte, utilizzando i beni e i servizi acquisiti per creare beni di investimento immateriali (licenze) e tangibili (prototipi di dispositivi), da impiegare nella futura attività “imponibile”.
Tuttavia, dopo il completamento del progetto, nel 2014 e 2015, Vittamed ha conseguito perdite e sofferto la carenza di ordinativi, tanto da decidere di cessare l’attività.
Nell’agosto del 2015 il socio unico ha deciso di liquidare la società, preso atto che le attività scientifiche innovative non sarebbero state redditizie, e nel settembre 2015 la Società è formalmente entrata in liquidazione e ha chiesto la chiusura della partita Iva, depositando la dichiarazione per l’ultimo periodo (1-23 settembre 2015).

In tale ultima dichiarazione Iva, Vittamed non ha regolarizzato la detrazione rispetto agli acquisti di di beni e servizi che non sarebbero più stati utilizzati per l’attività soggetta a IVA; da qui un’ispezione fiscale da parte delle autorità lituane, conclusasi nel 2019 con l’imposizione della restituzione della detrazione fruita, € 87.987, con interessi e sanzioni.
Vittamed ha proposto ricorso, sostenendo che la detrazione deve essere salvaguardata anche quando l’attività economica non sia esercitata e le operazioni imponibili previste non abbiano luogo (in altri termini, la spettanza del diritto alla detrazione si verifica ex ante), ma l’avviso di accertamento è stato confermato in sede amministrativa.
Soccombente in primo grado e in secondo grado dinanzi agli organi giurisdizionali, la Società ha proposto ricorso dinanzi alla Corte suprema che, quale giudice del rinvio, ha espresso dubbi sull’esistenza di un obbligo di rettifica delle detrazioni Iva, evidenziando una contraddizione nella giurisprudenza della Corte.

Il giudice a quo, premettendo che in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. la sentenza pronunciata in C-374/19, sulla quale v. articolo “Operazioni da imponibili a esenti: sì alla rettifica dell’Iva detratta) il meccanismo di rettifica della detrazione ha lo scopo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’Iva pagata a monte e l’impiego dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle, osserva che secondo alcune pronunce la suddetta relazione è interrotta se il soggetto passivo non ha più intenzione di utilizzare i beni e i servizi considerati per operazioni soggette ad imposta a valle o li utilizza per realizzare operazioni esenti.
In tal senso, la decisione di iniziare la liquidazione e chiudere la partita Iva conferma in modo oggettivo che il soggetto passivo non intende più utilizzare i beni o i servizi rispetto ai quali l’IVA assolta è stata detratta nell’ambito di attività economiche soggette ad imposta, il che costituirebbe una modifica, successiva alla dichiarazione Iva, degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, come prevede l’art. 185 della direttiva.
Da altre sentenze, come quella pronuncia in C-249/17 (sulla quale v. l’articolo “Detraibile l’Iva sulla consulenza resa nell’ambito di un’acquisizione”), sembra invece potersi trarre il diverso principio secondo cui il diritto a detrazione rimane acquisito anche se, successivamente, a causa di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non fa uso dei beni e dei servizi che hanno dato luogo a detrazione.
Occorrerebbe allora comprendere se, tra le circostanze indipendenti dalla volontà del soggetto passivo, possa esser compresa la scelta di avvio della liquidazione, causata da perdite in aumento, assenza di ordinativi e assenza di prospettive di redditività, e in che misura l’Amministrazione finanziaria possa valutare tali motivazioni.

Da qui il rinvio pregiudiziale, con il quale la Corte lituana chiede di chiarire se gli articoli da 184 a 187 della direttiva Iva, n. 2006/112/Ce del Consiglio obblighino un soggetto passivo a rettificare le detrazioni dell’imposta, nel caso in cui beni acquistati ai fini della produzione di beni di investimento non siano più destinati ad essere utilizzati nell’ambito di attività economiche soggette a imposta perché il proprietario (socio) del soggetto passivo decide di mettere tale soggetto passivo in liquidazione e quest’ultimo presenta una domanda di cancellazione dal registro dei soggetti passivi Iva. Inoltre, ha chiesto di chiarire se, ai fini della soluzione al precedente quesito, rilevino i motivi che hanno condotto alla decisione di mettere in liquidazione il soggetto passivo, come – nel caso di specie – le crescenti perdite, l’assenza di ordinativi e le scarse prospettive di redditività dell’attività programmata.

La decisione della Corte di Giustizia
La Corte premette, ai punti 38 e ss., che il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’Iva dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA, e che il regime delle detrazioni è inteso a esonerare interamente il soggetto passivo dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche.
Il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA è collegato alla riscossione delle imposte a valle, e, poiché costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA, non può (in linea di principio) essere soggetto a limitazioni.
L’applicabilità del meccanismo della detrazione dipende dall’acquisto di beni e servizi da parte di un soggetto passivo che agisce in tale veste, mentre l’impiego dei beni o servizi, reale o previsto, determina solo l’entità della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto, e quella delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi.
Come già affermato in numerose sentenze, il diritto a detrazione, una volta sorto, rimane, in linea di principio, acquisito, anche se successivamente l’attività economica prevista non è stata realizzata (e non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta: è il caso di un immobile che rimane vuoto allo scadere di un contratto di locazione: § 47) o se, a causa di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non ha potuto utilizzare i beni o servizi che hanno dato luogo alla detrazione nell’ambito di operazioni soggette ad imposta.
Una diversa interpretazione potrebbe favorire disparità di trattamento tra imprese “avviate”, che già effettuano operazioni imponibili a valle, ed altre che cercano, mediante investimenti, di avviare attività da cui deriveranno operazioni imponibili.
Tuttavia, si precisa al §45, anche il meccanismo di rettifica previsto agli articoli da 184 a 187 della direttiva Iva costituisce parte integrante del sistema di detrazione dell’Iva, perché mira a stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’Iva pagata a monte e l’utilizzo dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle.
Si tratta di un obbligo generalizzato, come conferma il fatto che vi sia un’unica esclusione esplicita, ovvero quella del par. 2 dell’art. 185 della Direttiva (operazioni non pagate, distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, autoconsumo e omaggi di modico valore).
Tuttavia, se si accerta che un soggetto passivo non intende più utilizzare i beni o i servizi in questione per realizzare operazioni soggette ad imposta a valle o li utilizza per effettuare operazioni esenti, la relazione stretta e diretta che deve sussistere tra detrazione dell’Iva e operazioni soggette ad imposta previste è interrotta, e ciò deve comportare l’applicazione del meccanismo di rettifica, che – si ricorda – la normativa italiana prevede all’art. 19-bis.2 del Dpr n. 633/72.

Nel caso di specie, afferma la Corte di Giustizia, la decisione di porre la Società in liquidazione e la cancellazione dal registro dei soggetti passivi Iva dimostrano che il soggetto passivo ha manifestato l’intenzione “definitiva” di non utilizzare i beni d’investimento creati ai fini di operazioni soggette ad imposta. Ciò fa venir meno il nesso diretto tra operazioni a monte e a valle, e rende obbligatoria la rettifica della detrazione. Tuttavia, come ricorda la Corte al §§ 50-53, un’eventuale attività finalizzata a liquidare il patrimonio tramite operazioni soggette a imposta è idonea a salvaguardare il diritto alla detrazione, perché l’attività deve essere considerata in sé, indipendentemente dai suoi scopi; tale circostanza dovrà essere valutata dal giudice del rinvio.

Quanto alla seconda questione, relativa alla rilevanza delle ragioni della chiusura dell’attività, e al potere dell’Amministrazione di sindacare tali ragioni, la Corte risponde che bisogna avere riguardo al fatto, oggettivo, della definitiva “non utilizzazione” dei beni e servizi “prodotti” mediante operazioni soggette a Iva; conseguentemente, l’Amministrazione non ha il potere di valutare la fondatezza dei motivi che hanno condotto un soggetto passivo a rinunciare all’attività economica inizialmente prevista.

Concludendo, la Corte ha espresso il principio secondo cui “un soggetto passivo ha l’obbligo di rettificare le detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte e relativa all’acquisto di beni o di servizi destinati a produrre beni d’investimento, nell’ipotesi in cui, a causa della decisione del proprietario o dell’azionista unico di tale soggetto passivo di mettere quest’ultimo in liquidazione, nonché della domanda e dell’ottenimento della cancellazione di detto soggetto passivo dal registro dei soggetti passivi IVA, i beni d’investimento creati non siano stati utilizzati, né lo saranno mai, nell’ambito di attività economiche soggette ad imposta. I motivi che consentono di giustificare la decisione di messa in liquidazione del medesimo soggetto passivo e, pertanto, la rinuncia alla prevista attività economica soggetta ad imposta, quali perdite in costante aumento, l’assenza di ordinativi e i dubbi dell’azionista del soggetto passivo riguardo alla redditività dell’attività economica prevista, non incidono sull’obbligo di quest’ultimo di rettificare le detrazioni dell’IVA di cui trattasi, qualora tale soggetto passivo non abbia più l’intenzione, e ciò in maniera definitiva, di utilizzare detti beni d’investimento ai fini di operazioni soggette ad imposta

Data della sentenza
6 ottobre 2022

Numero della causa
C-293/21

Nome delle parti
Vittamed technologijos’ UAB, in liquidazione
contro
Valstybinė mokesčių inspekcija (Lituania)

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